Medio Oriente

Accordo di pace tra Israele e Hamas. Le associazioni: «È un primo passo, ora puntiamo a un cessate il fuoco permanente»

L’annuncio del cessate il fuoco di oggi porta un cauto sollievo dopo due anni di genocidio, bombardamenti incessanti, fame e ripetuti sfollamenti a Gaza. La Striscia ha ora bisogno di aiuti continuativi per fermare ulteriori morti per fame e malattie

di Redazione

Donald Trump ha annunciato che Israele e Hamas hanno entrambi firmato la prima fase del piano di pace, che prevede il rilascio degli ostaggi, alcuni già lunedì, e il ritiro progressivo delle truppe israeliane lungo una linea concordata. Alle 11, in Egitto, le due delegazioni hanno firmato l’accordo sulla prima fase che prevede il cessate il fuoco nella Striscia, che però entrerà in vigore solo dopo la ratifica del governo israeliano. Il ministro Smotrich voterà contro. La prima fase prevede anche il rilascio di quasi duemila prigionieri palestinesi. 

«L’annuncio del cessate il fuoco di oggi porta un cauto sollievo dopo due anni di genocidio, bombardamenti incessanti, fame e ripetuti sfollamenti a Gaza», dice Jamil Sawalmeh, direttore ActionAid Palestina. «Ma Gaza non può aspettare: è necessario un cessate il fuoco permanente e un accesso umanitario completo. Gli accordi contano solo se vengono rispettati e fondati sui diritti umani. Questo primo passo deve portare alla fine del genocidio israeliano e dell’occupazione illegale, con la comunità internazionale chiamata a garantire che tutti gli impegni vengano mantenuti. Qualsiasi processo di ricostruzione deve essere guidato dai palestinesi stessi, in particolare da donne e giovani, che hanno il diritto di decidere il proprio futuro. Il mondo deve agire ora per trasformare questo momento di fragile speranza in giustizia e dignità durature. Questo è un momento cruciale. Stiamo assistendo a un’ondata senza precedenti di solidarietà globale e a un crescente riconoscimento dello Stato di Palestina. Non dobbiamo perdere questo slancio verso la realizzazione dell’autodeterminazione palestinese, che deve restare al centro di qualsiasi percorso futuro».

Le notizie di un’imminente pausa delle ostilità a Gaza segnalano una tregua promettente all’orizzonte per famiglie e bambini, ma devono rappresentare un punto di svolta per garantire un cessate il fuoco definitivo. «Oggi guardiamo con speranza all’orizzonte di una tregua, attesa da tempo dai bambini di Gaza. Con bombe e proiettili messi a tacere, le famiglie potranno pensare al futuro, alla ricostruzione e alla ripresa. Le persone private della libertà, compresi gli ostaggi e alcuni dei tanti palestinesi detenuti, potranno tornare alle loro famiglie. Osiamo sperare che questo passo offra un’opportunità collettiva per porre fine alle ingiustificabili sofferenze che si protraggono da troppo tempo. Ma la sicurezza dei bambini richiede più che parole, richiede impegno, e sebbene gli annunci di oggi siano un primo passo cruciale per la sopravvivenza dei più piccoli – abbandonati per troppo tempo, come tutti hanno potuto vedere – questa sopravvivenza sarà garantita solo se seguita da un cessate il fuoco definitivo e duraturo», ha dichiarato Inger Ashing, direttrice generale di Save the Children International. «Gaza ha ora bisogno di aiuti continuativi per fermare ulteriori morti per fame, malattie e ferite. L’accesso umanitario è un obbligo legale, non un punto di negoziazione politica, e questo obbligo deve ora essere rispettato. Save the Children è pronta a intensificare il suo supporto e a fornire materiali e cure salvavita ai bambini che ne hanno disperatamente bisogno. Questa pausa e qualsiasi cessate il fuoco che potrebbe seguire devono garantire l’identificazione delle responsabilità per la perdita di decine di migliaia di giovani vite e per i gravi danni causati ai minori sopravvissuti, sui quali le conseguenze della fame, delle malattie e delle lesioni fisiche e mentali lasceranno un segno indelebile. La comunità internazionale deve unirsi per garantire che le atrocità che i minori palestinesi hanno subito negli ultimi due anni non si ripetano mai più, a nessun bambino, in nessun luogo. Ciò significa anche affrontare le cause profonde dei ripetuti episodi di violenza e di una crisi decennale dei diritti dell’infanzia, ponendo fine all’occupazione, revocando il blocco su Gaza e creando le condizioni per una pace duratura e definitiva. Qualsiasi cosa che non sia un cessate il fuoco definitivo e una completa responsabilizzazione non garantirà la sicurezza, l’assistenza e i diritti di cui i minori palestinesi hanno bisogno, meritano e a cui hanno diritto», ha concluso Ashing.

«L’accordo», dicono dalle Acli, «è una tregua importante che speriamo preluda ad un vero cessate il fuoco nel quale iniziare a mettere le radici di una pace quanto mai importante. Entro poche, se gli accordi saranno rispettati, tutti gli ostaggi torneranno a casa, e così pure le salme di quelli morti durante la prigionia per avere onorata sepoltura, cesseranno i bombardamenti, l’esercito israeliano si ritirerà parzialmente e la popolazione di Gaza avrà finalmente respiro ed i rifornimenti di cibo e medicine arriveranno regolarmente. Verranno poi, se ci sarà buona volontà da tutte le parti in causa, le fasi successive, quelle che porteranno ad una pace per quanto possibile equa, ma un fatto è certo: se i Governi di Stati Uniti ed Israele non avessero sentito il peso dell’opinione pubblica mondiale, sia dei cittadini che degli Stati anche questo primo passo non sarebbe stato possibile. Come ha detto giustamente il cardinale Pizzaballa: “Quando tutto sembra volerci dividere, noi diciamo la nostra fiducia nella comunità, nel dialogo, nell’ incontro, nella solidarietà che matura in carità. Noi vogliamo continuare ad annunciare la Vita eterna più forte della morte con gesti nuovi di apertura, di fiducia, di speranza. Sappiamo che il male e la morte, pur così potenti e presenti in noi e attorno a noi, non possono eliminare quel sentimento di umanità che sopravvive nel cuore di ognuno”».

Più di 20mila bambini sono stati uccisi in questa guerra. «La pace si costruisce partendo dai bambini», dichiara Ernesto Caffo, presidente di Telefono Azzurro. «Ogni guerra lascia ferite profonde e durature soprattutto a livello psicologico. Per questo occorre intervenire immediatamente occupandoci della loro salute e benessere mentale. Dobbiamo essere al loro fianco, fin da subito». Telefono Azzurro è pronta a continuare la collaborazione e l’impegno a Gaza e in Palestina iniziato già da tanti anni con il progetto “Erice”, rivolto alla cura della salute mentale dei bambini e adolescenti che sono le vittime più sensibili di questo conflitto. Nei mesi scorsi l’associazione ha formato operatori palestinesi che potranno intervenire direttamente nella Striscia e nel territorio palestinese, portando supporto psico-sociale e ascolto nei contesti più fragili. «I bambini devono diventare una priorità assoluta nelle agende politiche internazionali. È proprio da loro che si deve ripartire per costruire la pace. Proteggerli dalla violenza e dal trauma della guerra non è solo un obbligo sancito dal diritto umanitario, ma una responsabilità morale che riguarda tutti noi», conclude Caffo.

«L’annuncio di un cessate il fuoco è stato accolto con enorme gioia qui a Gaza», racconta Alessandro Migliorati, capoprogetto di Emergency a Gaza.
«Alcuni dei colleghi e dei pazienti arrivati in clinica questa mattina, sebbene contenti, mantengono un cauto ottimismo sia per la stabilità di questo cessate il fuoco, visti i precedenti di marzo, sia per le sfide future che la Striscia di Gaza dovrà affrontare. Questa notte ci sono stati ancora bombardamenti, speriamo siano davvero gli ultimi e che questo cessate il fuoco sia permanente perché qui il 90% delle case è distrutto, i servizi sanitari sono completamente scomparsi. Emergency resterà per offrire aiuto alla popolazione palestinese anche in questa fase».

L’ong è presente nella Striscia di Gaza da agosto 2024, è attiva con la sua clinica di assistenza sanitaria di base nella località di al-Qarara, nel governatorato di Khan Younis. Qui offre primo soccorso, assistenza medico-chirurgica di base per adulti e bambini, attività ambulatoriali di salute riproduttiva e follow up infermieristico post-operatorio, stabilizzazione di emergenze medico-chirurgiche e trasferimento presso strutture ospedaliere.Supporta inoltre da novembre 2024 la clinica di medicina di base dell’associazione locale Cfta (Culture & Free Thought Association) ad al-Mawasi. Nelle due cliniche Emergency visita una media totale di 600 pazienti al giorno. «È una bellissima notizia che però tanti prendono col sorriso a metà», prosegue Giorgio Monti, coordinatore medico di Emergency a Gaza. «Mi dicono “Adesso comincia il lavoro difficile, quello di ricostruire tutto”. Sono stati due anni intensi, pieni di sofferenza, di violenza, di fame, di carestia. Speriamo che possano tornare al più presto a una vita dignitosa. L’annuncio degli accordi di pace per il momento è soltanto un auspicio, una bella speranza che speriamo si concretizzi nei prossimi giorni».

AP Photo/Abdel Kareem Hana/Associated Press/LaPresse 

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