Lavoro e nuovi scenari
Ai, Amazon licenzia 14 mila lavoratori. Don Peyron: scelta folle
La compagnia di Jeff Bezos ha annunciato un taglio del 4% della sua forza lavoro. Un'operazione di ridimensionamento legata anche all’evoluzione dell’intelligenza artificiale e che potrebbe interessare 30mila lavoratori entro la fine del 2026. «C'è un disegno ed è produrre plusvalenze senza che queste vengano redistribuite ad altri, che non siano gli azionisti», spiega don Luca Peyron, «ma immaginare che ci possa essere un bene individuale senza un bene comune è una follia»
di Alessio Nisi
Una nuova ondata di licenziamenti che ha coinvolto Ups, che ha già eliminato 48mila posti nel 2025, Target che ha tagliato 1.800 posizioni, ma anche Novo Nordisk (che prevede una sforbiciata di 9mila posti di lavoro), Intel (-75 mila entro l’anno).
L’ultima a finire in questa lista funesta è Amazon: il colosso della vendita al dettaglio online ha annunciato (QUI il documento) che taglierà 14mila posti di lavoro (per ora), che rappresentano quasi il 4% di una forza lavoro che conta 1,55 milioni di dipendenti (è il secondo datore di lavoro più grande negli Usa, superato soltanto da Walmart, che conta circa 1,6 milioni di dipendenti, solo negli Stati Uniti). Le lettere di licenziamento sono partite ieri.
«Introducendo più ai generativa e agenti, dovrebbe cambiare il modo in cui svolgiamo il nostro lavoro», ha spiegato il ceo Andy Jassy, che ha sostituito Jeff Bezos alla guida di Amazon nel 2021, «avremo bisogno di meno persone per alcuni dei ruoli attuali e di più persone per altri tipi di lavori».
E in futuro? Un’operazione di ridimensionamento legata anche all’evoluzione dell’intelligenza artificiale e che, secondo Reuters e Wall Street Journal, interesserà 30 mila lavoratori entro la fine del 2026.
Interviste e una serie di documenti strategici interni visionati poi dal New York Times rivelano che i dirigenti di Amazon ritengono che l’azienda sia sul punto di affrontare un grande cambiamento sul fronte del lavoro: sostituire più di mezzo milione di posti di lavoro con robot, automatizzando il 75% delle sue operazioni.
Amazon non ha mai prodotto valore ed è parte di un sistema socio-tecnico finalizzato unicamente al profitto. Un sistema che sosteniamo con i nostri dati
don Luca Peyron
Macchine e plusvalenze
I licenziamenti? Non sono conseguenza di una crisi legata al fatturato, né di equilibri ecoomici da raggiungere o mantenere. C’è a monte «l’applicazione di una ratio: il disegno di costruire un oggetto che produca plusvalenze senza che queste vengano redistribuite ad altri, che non siano gli azionisti», spiega subito don Luca Peyron, sacerdote torinese, a capo dell’Apostolato digitale della sua arcidiocesi, docente della Cattolica, membro dell’Istituto Italiano per l’Intelligenza Artificiale applicato all’Industria. E le macchine? «A loro non devo distribuire plusvalenze».

Economia digitale a senso unico
L’economia della fabbrica, per come l’abbiamo conosciuta, è quella genera un ritorno alle famiglie, come remunerazione. «Nel momento in cui», argomenta Peyron, «non c’è un lavoro da remunerare, perché la macchina è solo un costo energetico, l’economia digitale diventa sempre di più un’economia a senso unico senza un ritorno sulla società e sul bene comune».
Una nuova visione industriale
E lo sviluppo tecnologico? E l’intelligenza artificiale? Che ruolo hanno? Per il docente della Cattolica «qui siamo alla massimizzazione dell’elemento economico – finanziario, a detrimento di qualunque risposta umana». In questo contesto, la trasformazione digitale genera «una nuova visione industriale in cui l’unico obiettivo è la plusvalenza».

Con un passo in avanti non privo di conseguenze. «Le plusvalenze hanno sempre generato valore e benessere, ma in questo caso è diverso». I passaggi, spiega sempre Peyron, sono questi: estraiamo dei dati dagli esseri umani, con quei dati «costruiamo un sistema socio tecnico», che finisce per «espungere in ogni l’umano, considerato costo e non più valore».
Non è turbocapitalismo, ma un nuovo sistema che sovverte i principi dell’economia
don Luca Peyron
L’ai? Un finto problema
Non è lo sviluppo tecnologico, né l’intelligenza artificiale il problema, «non è la tecnica, non è l’etica delle macchine, non è come costruisco un algoritmo, ma come organizzo la società e il tipo di economia. Immaginare che ci possa essere un bene individuale senza un bene comune è una follia». Ma che fare? «Spingere per ricreare un’economia in cui la mia comodità non sia più la commodities del sistema».
Concretamente? «Tornare a comprare i libri in libreria», conclude, «riconsiderare le nostre abitudini di spesa quotidiane e renderci conto che ha senso uscire di casa».
In apertura foto di Super Straho per Unsplash
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