La riforma che non decolla

Anziani non autosufficienti: con 2mila beneficiari, l’assegno di assistenza è un flop

La prestazione universale - l'assegno da 850 euro che il Governo Meloni ha introdotto in via sperimentale accanto all'assegno di accompagnamento per dare modo agli anziani più in difficoltà di pagare un assistente - sulla carta doveva raggiungere circa 25mila persone, pari allo 0,7% degli anziani non autosufficienti che risiedono in Italia. Invece le domande sono state meno di 5mila, di cui accolte poco più di 2mila. Parliamo dell'unica misura concreta della riforma della non autosufficienza

di Sara De Carli

Un flop: questo si rivela la nuova prestazione universale che ad oggi è – di fatto – l’unica novità messa a terra della tanto attesa riforma delle politiche per gli anziani non autosufficienti. Vi ricordate? Si tratta di un «assegno di assistenza», pari ad euro 850 mensili che si aggiungeva all’indennità di accompagnamento per gli anziani con almeno 80 anni, un livello di bisogno assistenziale gravissimo e un Isee sotto i 6mila euro, da utilizzare per remunerare il costo del lavoro di cura e assistenza svolto da lavoratori domestici o per l’acquisto di servizi di cura e assistenza. Nelle pieghe della relazione elaborata dallo stesso ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali per accompagnare la Legge di Bilancio 2026, scopriamo infatti che a settembre 2025 secondo il monitoraggio Inps le richieste della nuova prestazione universale risultavano essere meno di 5mila in tutta Italia, con un «tasso di adesione notevolmente inferiore rispetto alle stime iniziali effettuate», annota la relazione. Non solo «risultano pervenute meno di 5mila domande», ma il tasso di accoglimento è «del 41%»: significa quindi che a godere della nuova misura voluta dal Governo Meloni sono circa 2.050 anziani, diciamo 2mila per comodità.

I requisiti richiesti per accedere alla prestazione universale, disegnavano una ipotetica platea di 25mila/30mila persone, per un solo biennio. Questa platea, corrispondeva allo 0,7% dei 3,8 milioni di anziani non autosufficienti che ci sono in Italia, oppure – stringendo il campo – il 2% del milione e 300mila italiani che hanno già l’accompagnamento.

I dati che ora vengono svelati ci dicono quindi che della nuova misura hanno beneficiato – grossomodo – meno di un decimo di quella platea stimata, ossia meno dello 0,07% degli anziani non autosufficienti o meno dello 0,2%  degli anziani non autosufficienti che già hanno diritto all’accompagnamento. Un po’ pochino per essere il fiore all’occhiello della riforma Meloni, essendo nei fatti l’unica azione concreta messa per ora a terra. Difficile l’iter per presentare domanda? O difficile fare arrivare l’informazione agli anziani? I servizi sociali (un anziano over 80, non autosufficiente, con un livello di bisogno assistenziale gravissimo e un Isee sotto i 6mila euro dovrebbe essere noto) non hanno fatto girare abbastanza la novità? Può essere tutto vero.

A fronte di questi dati, per l’anno 2026 il Governo aumenta l’Isee da 6mila a 12mila euro e lo stanziamento di 250 milioni di euro per l’anno 2025 e di altrettanti per l’anno 2026, viene rivisto al ribasso, con soli 125 milioni per l’anno 2025: i 125 milioni di euro risparmiati restano quindi nel Programma nazionale «Inclusione e lotta alla povertà», da cui avrebbero dovuto essere reperiti. «L’aumento della soglia Isee a 12mila euro servirebbe a consentire il raggiungimento del numero di 25mila domande per l’anno 2026», è l’auspicio della modifica, anche in considerazione del fatto che con tempo ci sia una maggiore conoscenza della misura e quindi un maggior tasso di adesione. Dai dati disponibili per la prestazione Home Care Premium della Gestione prestazioni creditizie dell’Inps, prosegue la relazione, «risulta che portare da 6mila a 12mila euro la soglia di Isee quadruplicherebbe i beneficiari. La modifica normativa non comporterà il superamento dei limiti di spesa previsti in 250 milioni per il 2026».

Ricordiamo peraltro che la legge delega per la riforma della non autosufficienza (legge 33) prevedeva la riforma dell’indennità di accompagnamento, cosa che con il decreto 29 è stata messa da parte. La misura in questione, inoltre, non avrebbe mai avuto alcuna chance di poter essere estesa a tutte le persone che hanno l’accompagnamento: se dessimo 850 euro aggiuntivi a tutti gli 1,3 milioni di italiani che hanno diritto all’accompagnamento, dovremmo mettere in conto una spesa aggiuntiva di 13 miliardi annui.

Foto di Annabel Podevyn su Unsplash

Si può usare la Carta docente per abbonarsi a VITA?

Certo che sì! Basta emettere un buono sulla piattaforma del ministero del valore dell’abbonamento che si intende acquistare (1 anno carta + digital a 80€ o 1 anno digital a 60€) e inviarci il codice del buono a abbonamenti@vita.it