La ricerca

Carriere interrotte e solitudine: tutti i numeri dell’impatto invisibile della disabilità sulla famiglia

Fondazione Paideia presenta i dati dell’indagine che esplora l’impatto della disabilità sul sistema familiare: il 36% delle madri dichiara che l’essere genitore ha condizionato “moltissimo” gli avanzamenti di carriera, il 24% dei bambini e ragazzi non frequenta mai amici fuori dalla scuola, il 39% non ha potuto andare in gita con i compagni e le famiglie costrette a rivolgersi al privato per la sanità sono il doppio rispetto al campione delle famiglie che non hanno un componente con disabilità

di Daria Capitani

Stigma di cortesia. È quel senso di solitudine che vivono le sorelle e i fratelli, ma anche i genitori e i nonni, di un bambino o un ragazzo con disabilità. È il non detto per cui fuori da scuola, per esempio, prima che suoni la campanella, i caregiver che aspettano il figlio o il nipote spesso sono soli.

Il Festival Insieme promosso dalla Fondazione Paideia a Torino è un posto in cui i non detti diventano tema di incontro e confronto, salgono sul palco e si prendono lo spazio di una ricerca. È accaduto questa mattina nel salone dei concerti del Conservatorio Verdi, quando sono stati presentati i risultati dell’indagine sull’impatto della disabilità sul sistema familiare che la Fondazione Paideia ha realizzato con Doxa. E così, il rischio di isolamento sociale ha trovato dignità di racconto, con tanto di numeri.

Il 24% delle famiglie con bambini con disabilità ha dichiarato che il figlio o la figlia non frequenta “mai” amici al di fuori della scuola, contro il 3% del campione di bambini che non hanno disabilità. Un bambino su tre con disabilità non viene “mai” o “raramente” invitato alle feste di compleanno e il 39% delle famiglie con bambini o ragazzi con disabilità ha sperimentato l’impossibilità di partecipare a una gita scolastica negli ultimi due anni, dato che sale al 50% al Sud e nelle Isole.

Un’indagine necessaria

Più di mille interviste ad altrettante famiglie italiane, di cui la metà con figli con disabilità. È il campione su cui Fondazione Paideia e Doxa hanno voluto lavorare per la seconda edizione di un’indagine che Fabrizio Serra, segretario generale della Fondazione, ha definito «necessaria, per continuare a sensibilizzare l’opinione pubblica sull’impatto che la nascita di un bambino o una bambina con disabilità genera su tutto il sistema familiare».

Una delle infografiche contenute nella ricerca realizzata da Fondazione Paideia e Doxa.

A distanza di due anni dalla precedente rilevazione, ha spiegato Valeria Reda, senior research manager Doxa «siamo partiti dal vissuto dei genitori, mettendo a confronto le esperienze e i bisogni delle famiglie con bambini con disabilità con il resto delle famiglie italiane, per capire i punti di contatto, quelli di maggiore difficoltà e gli aspetti più importanti su cui intervenire. La rilevazione, in particolare, si è concentrata su alcuni ambiti di interesse emersi in seguito a focus group preliminari che hanno coinvolto operatori sociali, professionisti sanitari e familiari: rete e percezione di aiuto, siblings, scuola, servizi socio-sanitari, tempo libero, lavoro e futuro dei figli».

Analisi come questa servono per conoscere e rendere meno invisibili le famiglie che hanno un figlio con disabilità. Si tratta di nuclei familiari che sono sottorappresentati in tutte le banche dati

Nicoletta Balbo, professoressa di Sociologia all’Università Bocconi

Una fatica che non viene vista

Per Nicoletta Balbo, professoressa di Sociologia all’Università Bocconi di Milano che da sempre si occupa di disabilità infantile, «analisi come questa servono per conoscere e rendere meno invisibili le famiglie che hanno un figlio con disabilità. Si tratta di nuclei familiari che sono sottorappresentati in tutte le banche dati. La convenzione Onu definisce la disabilità come il risultato dell’interazione tra le fragilità e le barriere comportamentali e ambientali che impediscono alla persona una piena ed effettiva partecipazione alla società. Chi più dei genitori, dei fratelli e dei nonni ogni giorno cerca di abbattere queste barriere? Nessuno. Ma questo ha delle conseguenze sulle loro vite, è una fatica che non viene vista. Quantificarla in numeri ci consente di metterla in luce».

L’apertura del Festival Insieme

Alessandra Tosso, assistente sociale e caregiver, racconta di aver incontrato con sua figlia tutte le difficoltà rappresentate dall’indagine: «Se fossimo collezionisti di figurine saremmo al completo. Io credo che i contesti siano ancora troppo disabilitanti, ma l’altro lato della medaglia è che le barriere si possono buttare giù. Non è una situazione immodificabile: dipende dalle scelte individuali dei cittadini e dalla responsabilità condivisa e collettiva della società. Questa ricerca è importante perché fa cultura. E ci fa sentire meno soli».

I risultati della ricerca

Che cosa emerge? Limitazioni negli avanzamenti di carriera, il dover ricorrere a prestazioni sanitarie o riabilitative private per il figlio o la figlia con disabilità, un gap economico e di solitudine da colmare. La rilevazione ricostruisce la vita quotidiana delle famiglie in modo ragionato attraverso alcuni focus.

  • Rete e percezione di aiuto Le famiglie con figli con disabilità dedicano significativamente molto tempo all’accudimento: oltre otto ore nei giorni feriali e fino a 14 ore al giorno nel weekend, soprattutto quando il figlio ha meno di sei anni. In particolare, risulta evidente una differenza di genere, con le madri dei figli con disabilità che risultano impegnate nella cura per 14 ore al giorno nei fine settimana (nove ore e mezza per i padri), contro le 12 ore delle madri di figli senza disabilità (otto ore e mezza per i padri). Si conferma l’elevato carico di cura, spesso invisibile, che incide sulla qualità della vita familiare. Le principali criticità indicate dai genitori sono la mancanza di tempo per sé (70% nel caso delle famiglie con bambini con disabilità), lo stress da accudimento (64% nello stesso campione) e le difficoltà nella conciliazione tra lavoro e vita privata.

  • Siblings Rilevante il dato che riguarda la partecipazione a percorsi dedicati ai fratelli e sorelle di persone con disabilità: il 67% delle famiglie con bambini o ragazzi con disabilità ha dichiarato di non aver mai partecipato a queste iniziative. Il 45% di questi ha motivato la risposta con il fatto di “non essere a conoscenza di questa possibilità” o con la “non disponibilità di percorsi nella zona in cui vive” (25%). L’86% di chi ha partecipato ai percorsi ha dichiarato di averlo ritenuto “molto utile” o “abbastanza utile” per il fratello o la sorella partecipante.
  • Scuola e partecipazione Tra i genitori di figli con disabilità, il 71% valuta positivamente l’efficacia della scuola nel favorire lo sviluppo di una maggiore autonomia, rispetto all’85% dichiarato dai genitori di figli senza disabilità. Di contro, il 29% delle famiglie con bambini con disabilità ritiene che la scuola aiuti “poco” o “per nulla” il/la figlio/a a sviluppare una maggiore autonomia. Anche per quanto riguarda la capacità della scuola di incoraggiare la socializzazione, le risposte fornite dai genitori di figli con disabilità sono inferiori (74%) rispetto all’altro campione (88%). Il 39% delle famiglie con bambini o ragazzi con disabilità ha sperimentato l’impossibilità di partecipare a una gita scolastica negli ultimi due anni: le ragioni più frequenti sono la mancanza di personale dedicato (13%) o l’assenza di assistenza notturna nelle gite su più giorni (11%). Secondo l’80% delle famiglie italiane, la presenza a scuola di bambini con disabilità favorisce nuove forme di apprendimento e migliora il clima in classe (75%). Tuttavia, per il 41% delle famiglie che non hanno bambini con disabilità, la presenza in classe di un bambino o una bambina con disabilità rallenta “molto” o “abbastanza” la didattica.

  • Servizi socio-sanitari Più di sei famiglie su 10 hanno dichiarato di aver acquistato prestazioni sanitarie o riabilitative private per il figlio o la figlia con disabilità nell’ultimo anno (dato doppio rispetto al 31% del campione senza disabilità). Le famiglie si rivolgono al privato soprattutto perché garantisce tempi di attesa inferiori.
  • Tempo libero – Il 35% dei bambini o ragazzi con disabilità non viene “mai” o “raramente” invitato alle feste di compleanno degli amici o compagni di scuola, contro il 14% dei bambini senza disabilità. Il dato peggiora con l’avanzare dell’età: se nella fascia 0-5 anni la risposta “raramente” o “mai” è pari al 26%, nella fascia 6-18 anni sale al 38%. Alla domanda “Quanto spesso riesce a dedicarsi una serata libera o un altro momento di svago come adulto, senza bambini?”, il 18% delle famiglie in cui è presente un figlio con disabilità dichiara “mai”, contro il 14% dell’altro campione.
  • Lavoro e genitorialità Per le famiglie con figli con disabilità, questo impatto è ancora più evidente: il 48% ha dichiarato di aver richiesto la riduzione dell’orario di lavoro, contro il 31% del campione di famiglie con figli senza disabilità. Il 28% dei genitori di bambini con disabilità dichiara che l’essere genitore ha condizionato “moltissimo” i propri avanzamenti di carriera (valore che si dimezza quando riferito all’altro campione), con un dato molto più alto per le madri (36%) rispetto ai padri (17%). Per il 38% dei genitori che hanno figli con disabilità (il 42% delle madri) “il carico familiare non permette di avere tempo per un lavoro”; questo valore è invece pari a meno di un terzo (12%) per i genitori di figli che non hanno disabilità.

  • Preoccupazione per il futuro dei figli Più di un rispondente su due (54%) tra le famiglie in cui è presente un minore con disabilità si dichiara “molto preoccupato” rispetto al 35% riferito alle famiglie in cui non è presente un figlio con disabilità. Le preoccupazioni maggiori per le famiglie in cui sono presenti minori con disabilità riguardano in primis la capacità dei figli di sopravvivere ai genitori, anche quando questi non ci saranno più (66%), voce che si ferma al 29% per il campione delle famiglie in cui non sono presenti minori con disabilità.

Insieme è la parola giusta

La ricerca consegna un quadro fatto di fatiche, ma anche di risorse e di prospettive. «Il nostro impegno, come Fondazione Paideia, è continuare a stare accanto alle famiglie, sostenendo i loro bisogni concreti e dando voce alle loro preoccupazioni, affinché possano diventare parte dell’agenda pubblica e trovare risposte adeguate», ha dichiarato il segretario generale Fabrizio Serra. «Il tema delle preoccupazioni per il futuro dei figli è quello che più ci interpella. L’ansia che i genitori esprimono rispetto al “dopo di noi” ci ricorda la necessità di costruire insieme, come comunità, risposte concrete e percorsi di autonomia che possano dare fiducia alle famiglie».

Per Nicoletta Balbo e Alessandra Tosso, «essere a contatto con la fragilità sviluppa una maggiore attitudine alla condivisione. Lo dimostrano le risposte alla domanda sul supporto nella gestione quotidiana dei figli: nelle famiglie in cui è presente un figlio minore con disabilità, il 75% dei genitori dichiara di ricevere aiuto dal partner, dato che si ferma al 68% nell’altro campione». Insieme è la parola giusta per un Festival che vuole affrontare le sfide delle famiglie di bambini con disabilità.

Le immagini e i grafici sono di Fondazione Paideia

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