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“Ci riguarda”: per un giornalismo attivo e mobilitante

Oggi pomeriggio al teatro Parenti di Milano si tiene VITA DAY, una cantiere per la narrazione sociale che raccoglie l'eredità del fondatore di VITA, Riccardo Bonacina fondata su un modello narrativo che si fa attivismo in prima persona

di Stefano Arduini

Aun certo punto mi sono ribellato all’idea che tutti cercano di inculcarci: niente dipende da te, è inutile che tu ti dia da fare, tanto non decidi tu. Ad un certo punto ho capito che la vita, mia, di chi mi sta intorno, del mio quartiere, mi riguardava e che anch’io potevo esserne responsabile. O è così o siamo schiavi inconsapevoli. Per questo dobbiamo ribellarci ad un sistema di informazione e di comunicazione che, senza differenze sostanziali, trasforma il popolo in spettatori, le persone in audience da vendere a peso al miglior offerente». Questa è una frase di un volontario, che Riccardo Bonacina riprese in un suo editoriale datato 20 maggio 1995 (lo potete trovare a pag 90 del libro La meta è partire-Trent’anni di storia sociale negli editoriali del fondatore di Vita, edizioni la meridiana, curatela di Giuseppe Frangi di cui potete leggere la prefazione di Ferruccio De Bortoli qui sotto). 

Così il fondatore di VITA commentò la riflessione del volontario: «Vero, verissimo, parole più decisive di centinaia di dibattiti sull’informazione».

Quasi 30 anni dopo, nel maggio 2023 Bonacina sempre su queste colonne scrisse: «Siamo tutti affamati di pace, ma la pace è una cosa che va costruita, la pace non può essere raggiunta se non si percorrono cammini di riconciliazione seri, se non si mettono in campo percorsi reali di pacificazione che cerchino di non fare affogare nel turbinio dell’odio le relazioni tra popoli». In quel momento Riccardo stava lavorando alla costituzione del Mean (Movimento Europeo di Azione Nonviolenta) che in questi anni ha cucito uno straordinario lavoro di relazione e conoscenza con la società civile ucraina. L’analisi per contribuire alla pacificazione dell’Ucraina, avendo ben chiaro che si trattava di una guerra d’invasione voluta da Putin, sono state il punto focale del pensiero e dell’azione di Bonacina nei suoi ultimi anni di vita. Si sentiva “chiamato” dalle questioni sociali che hanno incrociato la sua vita, non solo come narratore, ma come attivista e come uomo. Lo riguardavano in prima persona. Un approccio che è diventato l’approccio del suo giornale e di tutti noi che abbiamo scelto di raccoglierne il testimone.  

«La maggioranza degli israeliani purtroppo non vuole sapere, non vuole vedere. Cercano di evitare il dilemma morale di sapere che sono i loro figli che, nell’Idf, stanno massacrando i palestinesi. Le proteste sono per gli ostaggi, in troppi dicono “fate tornare gli ostaggi e poi ricominciamo la guerra”. E la cosa grave è che i media israeliani li assecondano e non mostrano immagini di Gaza nei notiziari e sui giornali. Da due anni sembra che a Gaza vivano solo 20 persone: gli ostaggi. Qualsiasi italiano ha visto più immagini dalla Striscia di noi. E non c’è la censura, è tutta auto-censura. La colpa non è del governo, ma dei miei colleghi che hanno tradito la professione. Siamo peggio della Russia, almeno lì la censura esiste e i giornalisti che tacciono la verità sono giustificabili», il virgolettato è di Gideon Levy, editorialista del quotidiano isreliano Haaretz, grande ammiratore di Yitzhak Rabin. Non guardare alla realtà è il primo passo verso l’anestesia civile e l’astensione sociale che ci trasforma in spettatori da vendere al miglior offerente dell’infodemia tossica in cui siamo sommersi.  Il “Ci riguarda”, così come don Milani con il suo “I Care” indicano un’altra strada possibile, alla portata di tutte e di tutti, ma spesso tenuta appositamente nascosta in modo da renderla inaccessibile.  Scrive Antoine de Saint-Exupéry: «Ognuno è responsabile di tutti. Ognuno da solo è responsabile di tutti. Ognuno è l’unico responsabile di tutti». 

Ma il “Ci riguarda” non è una posizione minoritaria. Farlo credere è parte di una strategia dell’impotenza che ci vorrebbe tutti accomodati di fronte a un aperitivo a discutere di serie tv. Non è così. E non lo dimostrano solo le migliaia di persone che in queste settimane si sono mobilitate per la Palestina. Nei territori e nelle comunità gli esempi sono moltissimi. Un esempio? A fine settembre è stato presentato a Firenze il “Manifesto dei giovani volontari”. Lo hanno scritto quaranta under 35 che hanno partecipato al progetto “Ci siamo!” del Cesvot (il Centro servizi per il volontariato della Toscana), in rappresentanza dei 65mila volontari under 29 della regione. Cosa chiedono? Accanto al tema del ruolo e a quello della fiducia, c’è quello dell’appartenenza al presente. Chiedono al Terzo settore (ma non solo al Terzo settore) un linguaggio più vicino al loro, una maggior apertura al confronto tra generazioni, la disponibilità ad accogliere e valorizzare anche un impegno più fluido e occasionale, una sensibilità che al di là della mission specifica parli anche dei temi attuali, quelli che ai giovani stanno più a cuore: l’ambiente, il benessere psicofisico, i diritti, l’inclusione, la sostenibilità. Sono giovani che vogliono esserci qui ed ora, che vogliono contare. Che vogliono farsi “riguardare” dalla realtà. 

“Ci riguarda” è il titolo del primo VITA DAY della nostra storia che va in scena oggi dalle ore 14 al Café Rouge del teatro Parenti di Milano (i posti sono sold out, chi non è riuscito a riservare il posto, potrà riavvolgere il nastro con le pillole video che diffonderemo sui canali social di VITA nei prossimi giorni. “Ci riguarda” indica il fondamento di una comunicazione che non osserva da fuori, ma si implica in ciò che racconta, documenta e cerca soluzioni.  “Ci riguarda” indica un modello di giornalismo partecipativo e non “pontificante”. Un giornalismo che sente la responsabilità di essere appoggio e promotore di processi di cambiamento e di costruzione sociale. La capacità di attenzione al reale, di vicinanza, di racconto è il “linguaggio” proprio di questo giornalismo. Il “ci” ha quindi un grande valore, in quanto indica un atteggiamento empatico per ciò che si affronta, analizza, racconta, condivide. 

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