Sostanze
Fentanyl, perché in Italia l’emergenza (ancora) non c’è?
Il fentanyl è stato al centro del vertice tra Trump e Xi in Corea del Sud. Il tycoon ridurrà dal 20% al 10% i dazi sui prodotti cinesi legati a questa droga sintetica, che ha causato finora decine di migliaia di morti negli Stati Uniti. Il presidente americano sembra aver avviato una sorta di “guerra del fentanyl” contro i narcos. Perché da noi non c’è (ancora) un’emergenza legata a questo potente oppioide? Mentre il governo si appresta a tenere la Conferenza Naziobsle sulle Droghe, Riccardo Gatti, psichiatra e psicoterapeuta: «Ciò che sta succedendo a livello mondiale non è detto che non succederà da noi. Il problema è: perché c'è così allarme per una sostanza che non c'è e potrebbe arrivare, ma ci allarmiamo molto meno per una che c'è e sta producendo disastri come il crack?»
Un oppioide sintetico estremamente potente che ha trasformato interi quartieri statunitensi in “zombie aree”. È il fentanyl, 50 volte più potente dell’eroina. Il presidente americano Donald Trump dopo l’incontro con il leader cinese Xi Jinping ha affermato che gli Stati Uniti, dove finora ha provocato decine di migliaia di morti, ridurranno al 10% i dazi del 20% imposti per la sostanza. Il tycoon ha detto di ridurli perché la Cina collaborerà con le forze dell’ordine statunitensi, aiutandole a fronteggiare il problema del fentanyl. Trump sembra aver avviato una sorta di “nuova guerra dell’oppio”, o meglio, del fentanyl: nel mirino ci sono i narcos, «terroristi ansiosi di avvelenare i cittadini statunitensi».
In Italia, com’è la situazione? L’emergenza fentanyl potrebbe esserci? «Ciò che sta succedendo a livello mondiale non è detto che non succederà da noi. Il problema è: perché c’è così allarme per una sostanza che non c’è e potrebbe arrivare, ma ci allarmiamo molto meno per una che c’è e sta producendo disastri, il crack?», dice Riccardo Gatti, psichiatra e psicoterapeuta, già direttore del Dipartimento interaziendale prestazioni erogate nell’area dipendenze (Dipead) della Asst Santi Paolo e Carlo.
Gatti, com’è la situazione in Italia, per quanto riguarda il fentanyl?
Cerchiamo di vedere la situazione da un punto di vista globale. Di solito tendiamo a riferire il mercato delle droghe a una sorta di rapporto tra la domanda fatta dai cittadini di un determinato territorio e l’offerta delle organizzazioni criminali. Si incontrano questi due elementi e una sostanza si espande. Però, attorno al fentanyl, la vicenda appare un po’ misteriosa. Se fosse semplicemente così, già nei rapporti tra superpotenze, la questione sarebbe stata trattata come tante altre.
Invece, già dall’amministrazione Biden, il sottosegretario Blinken si era visto con i suoi pari cinesi e tra i temi che avevano trattato, oltre al commercio mondiale, a Taiwan e alla questione ucraina, c’era la questione fentanyl, che veniva messa, quindi, sullo stesso piano delle guerre: quando si incontrarono c’era il rischio che i conflitti a livello mondiale esplodessero. Questo mi fa pensare che il livello a cui noi pensiamo venga costruito il mercato della droga sia una visione un po’ parziale del problema.
Ci spieghi meglio
Se quella questione viene messa sullo stesso piano dei conflitti mondiali, forse non abbiamo capito qualche cosa. È abbastanza misterioso il fatto che, quando viene spiegato il fenomeno, si dice che è una sostanza molto facile da produrre e anche, essendo molto potente, facile da movimentare. Se devi movimentare la cannabis, ci vuole un camion o una nave, se devi movimentare il fentanyl, basta un pacchetto, lo suddividi e ne fai tante dosi. Essendo poco costoso da produrre, ci si guadagnano un sacco di soldi. Però non è così semplice, se così fosse, perché la sostanza è lì e qui no? Questa è una domanda che mi attraversa la mente già da un po’.
Molte delle persone che sono morte a causa del fentanyl nemmeno sapevano di averlo assunto perché era in farmaci contraffatti, pensavano di prendere benzodiazepine oppure cocaina, metanfetamina o eroina
Proviamo a dare qualche risposta alla domanda: «Perché qui no?»
Dopo Biden, è arrivato Trump e ha ripreso la questione in un altro modo: visto che gli altri Paesi non stanno facendo nulla per evitare che questo traffico arrivi negli Stati Uniti, pone dei dazi pesanti. La questione dei dazi è partita come una guerra alla droga nei confronti degli Stati confinanti, Messico e Canada, poi si è allargata ad altri Paesi. Ha iniziato a porre il problema con la Cina e l’India. Viene facile la domanda: se il fentanyl è così facile da produrre e da trasportare, è movimentato dai narcos dal Sud America verso gli Stati Uniti, che sono gli stessi che mandano in Europa tonnellate di cocaina, allora perché a noi no? A questo punto viene fuori l’espressione di Trump.
Quale espressione?
Terrorismo. C’è una sorta di strategia della tensione senza le bombe che a un certo momento si è iniziata a fare intorno al fentanyl. Bisognerebbe capire perché. I narcos sono persone che pensano al guadagno, oppure sono una sorta di soldati che agiscono per conto terzi, poi fanno i loro affari e operano una strategia che nulla ha a che fare direttamente di per sé con le droghe? In questo caso, le sostanze potrebbero essere il fentanyl o altre, ma hanno a che fare con la destabilizzazione.
Questo ragionamento viene sempre più rafforzato dal fatto che la questione fentanyl viene trattata, sia dalla precedente amministrazione americana sia dall’attuale, a livello altissimo. Ragioniamoci: parliamo di un accordo sul fentanyl tra il presidente degli Stati Uniti e il presidente della Cina. Ripeto, forse sarebbe opportuno rivedere un po’ come pensiamo alla questione droga, considerando un altro punto di vista che non è solo quello del rapporto tra domanda ed offerta.
Da quale altro punto di vista?
La droga può diventare un’arma impropria per conflitti, per guerre che usano armi non convenzionali. Se la vediamo così, certe cose cominciano, in parte, a chiarirsi perché molte delle persone che sono morte a causa del fentanyl nemmeno sapevano di averlo assunto perché era in farmaci contraffatti, pensavano di prendere benzodiazepine oppure cocaina, metanfetamina o eroina. Soprattutto le persone che non hanno mai consumato eroina, non hanno un minimo di tolleranza agli oppioidi, si ritrovano ad assumerne uno di grande potenza e muoiono.
La domanda che viene da porsi è: queste organizzazioni criminali che hanno ucciso decine e decine di migliaia di persone, hanno ammazzato i loro clienti? Non è che non sappiano mixare le droghe, operano a livello globale. Ciò non coinvolge solo gli Stati Uniti e il Nord America, anche il Canada ha avuto per parecchio un’emergenza legata al fentanyl. Fa parte di una evoluzione dei mercati che sempre più, in una situazione di instabilità mondiale, si orientano verso le droghe sintetiche piuttosto che verso quelle di origine naturale.

Perché?
Perché le droghe di origine naturale sono una moneta di scambio che, in ogni punto del lungo percorso che fanno per arrivare dalla produzione agricola al consumatore finale, aggiungono valore e fanno guadagnare. Il guadagno può essere visto in senso ampio: può esserci anche di corruzione, di controllo dei territori, che comunque sono una moneta. Nel momento in cui c’è una situazione di equilibri internazionali abbastanza consolidata, una volta che si è costruito il percorso fino al consumatore finale, si segue e si aggiunge valore al prodotto iniziale. In una situazione come quella che c’è adesso, di forte disequilibrio mondiale, di ridisegno delle alleanze e degli assetti tra territori e Stati, questo diventa sempre più difficile. Poi in certi territori, la guerra alla droga non è più qualche cosa di simbolico, ci si ammazza.
Ad esempio, a Rio de Janeiro qualche giorno fa
Esattamente, c’è stata una strage. Le forze dell’ordine a Rio de Janeiro hanno assaltato la mafia locale che si era installata in alcune favelas, sono morte più di 130 persone. E si parla anche di situazioni particolari, come teste mozzate. Dopo questi recenti raid della polizia, Trump ha annunciato l’intenzione di attaccare i narcotrafficanti al largo del Venezuela e ordinato l’invio di una portaerei nell’area. Se passa una nave decidono se affondarla.
Il problema è: perché c’è così allarme per una sostanza che non c’è e potrebbe arrivare, ma ci allarmiamo molto meno per una che c’è e sta producendo disastri, il crack?
Tornando alla domanda iniziale, perché in Italia non c’è questa emergenza?
In Italia è vero che non c’è questa situazione, non è detto che non ci sarà perché ciò che sta succedendo a livello mondiale è che sempre più si ricorre a sostanze sintetiche, soprattutto a mix. Cioè, una volta una persona andava a comprare una droga e magari la trovava tagliata. Adesso c’è la tendenza a vendere sostanze mix con le persone che sempre di più, gradualmente, non cercano più questa o quella droga, ma cercano un determinato effetto. Si va a comprare una sostanza per poter fare sesso meglio, per lavorare, per rapportarsi con gli altri, per divertirsi.
Qui da noi è possibile che il fatto che non ci sia il fentanyl sia dovuto a scelte delle organizzazioni criminali locali. Che poi tanto locali non sono perché, per esempio, le nostre mafie con la ndrangheta in testa sono molto coalizzate a livello internazionale e lavorano, in questo momento, soprattutto con la cocaina, stanno guadagnando molto bene e stanno ottenendo il loro risultato. L’Italia e l’Europa sono invasi da cocaina, che ha anche un suo prodotto apparentemente low cost, che è il crack, che sta facendo disastri. Il problema da porci non è perché da noi non circola il fentanyl, ma un altro.
Quale?
Il problema è: perché c’è così allarme per una sostanza che non c’è e potrebbe arrivare, ma ci allarmiamo molto meno per una che c’è e sta producendo disastri, il crack? Se lo assumi o ti fermi perché stai male o ti fermi perché dai fuori di testa. Ma nel percorso che fai, ne esci distrutto. Noi non abbiamo memoria, ma negli Stati Uniti ci fu una grossa epidemia di crack alla fine degli anni ’80 che rese le città di tutti gli Stati molto più pericolose perché gli assuntori di questa sostanza sono molto impulsivi, per l’effetto del crack che li rende un po’ paranoidi e porta a reazioni anche fuori di testa.
Non è che sbagliamo a preoccuparci dei disastri che succedono al di là dell’Oceano, ma ci stiamo forse allertando troppo poco dei problemi che succedono da noi. Quando vengono fuori, subito la politica si mette a litigare. Un esempio? Le pipe per il crack (VITA ne aveva scritto qui, qui e ancora qui), la riduzione del danno. In realtà non si affronta il problema vero.
Perché in Italia non è ancora arrivato il fentanyl? Forse perché in questo momento funziona così bene il mercato della cocaina e del crack, in modo residuale di eroina, che le organizzazioni guadagnano già molto in un altro modo. Ma non è detto che domani non cambino idea
Qual è il problema vero?
Perché la gente va a cercare il crack? Cosa manca all’interno della nostra situazione socioculturale ed economica che sposta verso quel tipo di consumo? Una mia ipotesi del perché in Italia non sia ancora arrivato il fentanyl è perché in questo momento funziona così bene il mercato della cocaina e del crack, in modo residuale di eroina, che le organizzazioni guadagnano già molto in un altro modo. Ma non è detto che domani non cambino idea. Il fatto di creare dei mix potenti che vengono venduti a persone che non lo sanno è un’idea relativamente recente e mi fa pensare a nuove generazioni di organizzazioni criminali. Noi in Italia abbiamo delle organizzazioni molto tradizionali che si occupano della vendita della droga (la mafia, la ndrangheta, la camorra), però è chiaro che anche loro stanno avendo un’evoluzione generazionale.

Quello che mi preoccupa di più è non tanto l’azione criminale, dovremmo ragionare di più sul perché della domanda. Noi abbiamo avuto un passaggio molto veloce dalla società post-industriale alla società interconnessa, che è stato più veloce dell’avvicendamento delle generazioni. Quindi abbiamo un vuoto culturale che molto spesso viene riempito dalle più diverse sostanze per fare cose normali, della vita quotidiana. Ci sono anche mercati paralleli di altre sostanze più o meno emergenti, come la chetamina. Ma il grosso mercato è sulla cocaina e sul crack e forse cambiare le cose, in questo momento, non conviene. Poi c’è una seconda ipotesi del perché in Italia il fentanyl non c’è.
Qual è la seconda ipotesi?
La seconda ipotesi è che, all’interno di una tendenza esistente (che sarà senz’altro il futuro) di vendere mix di sostanze diverse a clienti che comprano l’effetto più che la sostanza in sé, in una sorta di mass market che ha bisogno di prodotti sempre nuovi e sempre più potenti, ci sia anche un utilizzo di droghe come strumento di destabilizzazione. In questo caso io alzerei doppiamente l’allerta perché l’Europa potrebbe essere un luogo dove agire questa destabilizzazione. Dipende da come si muoveranno gli equilibri mondiali in un futuro prossimo.
Senz’altro le azioni degli Stati Uniti tendono a cambiare gli equilibri delle organizzazioni criminali, che ormai hanno una costruzione globale del lavoro, sono molto interattive tra di loro e possono spostare dei traffici. Ma li possono anche spostare maggiormente verso di noi piuttosto che verso un’altra parte. Per loro l’importante è impadronirsi della società civile, da una parte, e fare profitto dall’altra. E l’Europa, in questo momento, è poco unita e poco strategica, quindi verso questo tipo di situazioni è in una posizione molto debole. Sia perché non c’è un governo europeo, così come c’è un governo della Cina piuttosto che degli Stati Uniti, sia perché, dal punto di vista del welfare e della prevenzione, ognuno va un po’ per conto suo.
Foto di the blowup su Unsplash e, nell’articolo, dal sito droga.net di Riccardo Gatti
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