I dati nascosti

Gambling, il paradosso della prevenzione che l’Italia ignora

In Australia è stato calcolato che solo il 25% del danno complessivo legato al gioco d’azzardo riguarda direttamente i giocatori patologici, con una dipendenza conclamata: la maggior parte del danno viene da persone che non rientrano nella categoria clinica di “patologici”, ma che comunque giocano. In Italia non esistono studi specifici su questo aspetto e non è un caso: metterebbe in discussione l’intera narrazione pubblica che legittima il sistema attuale, concentrandosi appunto solo sui “giocatori patologici”

di Elena Inversetti

casinò

Il paradosso della prevenzione nel gioco d’azzardo si riferisce all’apparente contraddizione per cui lo Stato da un lato favorisce e monetizza il gioco d’azzardo lecito per incrementare le proprie entrate erariali, ma dall’altro è costretto a spendere parte di quelle stesse entrate per curare le conseguenze sociali e sanitarie del disturbo da gioco d’azzardo. Tutto accade in un Paese in cui l’azzardo è stato normalizzato, perciò la nostra consapevolezza del rischio è molto bassa: peccato che sia proprio questa consapevolezza il punto di partenza per agire comportamenti preventivi. Un paradosso al quadrato, quindi.

Perché facciamo poca ricerca sulla prevenzione

Dall’Australia arriva la conferma del ruolo del prevention paradox, quando si ha a che fare con l’azzardo. Lo studio scientifico che ha dimostrato questa evidenza è del 2024 e si chiama Harm-to-self from gambling: A national study of Australian adults pubblicato dal Journal of Behavioral Addictions. Ci dice che, anche se i giocatori d’azzardo ad alto rischio sperimentano più danni a livello individuale (perdite economiche, compromissioni della salute mentale e delle relazioni ecc.), tuttavia la maggior parte dei danni aggregati viene sperimentata dai giocatori d’azzardo a basso rischio o a rischio moderato, che sono i più numerosi. E questa dinamica ovviamente impatta parecchio sulla salute pubblica.

Si legge infatti: «Questi risultati supportano ulteriormente il “paradosso della prevenzione” e aiutano a dissipare l’idea che i danni del gioco d’azzardo colpiscano solo la percentuale di persone classificate come “giocatori problematici”. Invece, il danno può essere sperimentato dai consumatori di gioco d’azzardo in tutti i gruppi di rischio».

È falsa l’idea che i danni del gioco d’azzardo colpiscano solo la percentuale di persone classificate come “giocatori problematici”. Invece, il danno può essere sperimentato dai consumatori di gioco d’azzardo in tutti i gruppi di rischio

Siamo andati lontano, perché questo studio evidenza un tema di cui ancora poco ci si occupa e porta conclusioni valide anche per l’Italia, dove abbiamo tre fattori macroscopici che mettono a rischio tutti noi:

  • Densità territoriale unica: abbiamo la più alta concentrazione di punti gioco per numero di abitanti in Europa;
  • Normalizzazione sociale: il gioco d’azzardo è profondamente integrato nella vita quotidiana (slot nei bar e nelle tabaccherie, così come i gratta e vinci…);
  • Accessibilità estrema: disponibilità 24/7 online e presenza capillare offline

Ad oggi la ricerca italiana si è concentrata sui giocatori patologici, mentre i danni diffusi nella popolazione generale sono stati meno studiati e quindi probabilmente sottostimati. Questo bias metodologico non permette di avere dunque numeri certi e aggiornati, tuttavia consente di fare stime realistiche. In Australia è stato calcolato che solo il 25,2% del danno complessivo legato al gioco d’azzardo (in termini di costi sociali, economici, sanitari, familiari ecc.) deriva direttamente dai giocatori patologici (cioè quelli con una dipendenza conclamata). Quindi la maggior parte del danno (quasi il 75%) viene da persone che non rientrano nella categoria clinica di “patologici”, ma che comunque giocano in maniera problematica o che subiscono conseguenze indirette. 

La falsa idea che i giocatori patologici paghino di più

In Italia invece, dove il mercato dell’azzardo è più diffuso e capillare, è plausibile che la percentuale di danno attribuibile ai soli “patologici” sia persino più bassa che in Australia. In Italia si parla di una quota tra lo 0,5% e il 3,8% della popolazione come “giocatori problematici” (anche se i dati andrebbero aggiornati), tuttavia il danno sociale ed economico complessivo (indebitamento, rottura dei legami familiari, perdita di produttività, impatti sulla salute, spese pubbliche) non si ferma a loro: coinvolge anche i giocatori “moderati”, i familiari e la comunità.

La mancanza di studi italiani specifici sul prevention paradox non è casuale: confermare questo fenomeno metterebbe in discussione l’intera narrazione pubblica che legittima il sistema attuale, concentrandosi appunto solo sui “casi patologici”

D’altronde la mancanza di studi italiani specifici sul prevention paradox non è casuale: confermare questo fenomeno infatti metterebbe in discussione l’intera narrazione pubblica che legittima il sistema attuale, concentrandosi appunto solo sui “casi patologici”. Questa narrazione potrebbe essere influenzata da interessi politici ed economici che preferiscono mantenere il consenso attorno all’azzardo facendolo percepire come divertimento, gioco sociale che al massimo danneggia una piccola parte della popolazione.

Foto Wayne Parry, LaPresse

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