Giornata contro la povertà

Gli sguardi degli homeless per accendere i nostri sguardi

Appese a dei fili sottili, che siano metafora o no delle vite di chi abita la strada, a Bologna sono in mostra alcuni dei 300 scatti realizzati in dieci anni all'interno dei workshop fotografici voluti dalla Federazione italiana degli organismi per le persone senza dimora per raccontare la realtà dell’homelessness in Italia. Sguardi che esistono, ma che spesso ignoriamo. Sguardi che chiamano e accendono i nostri sguardi. In città, intanto, le persone che vivono in strada sono passate da 80 a 150 in soli quattro anni

di Claudia Balbi

Cosa c’è oltre lo sguardo delle persone che vivono in strada? Chi incontrano nel loro cammino? Chi le aiuta? Quali luoghi li accolgono? Per rispondere a queste domande, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della povertà del 17 ottobre, a Bologna è stata inaugurata la mostra “Oltre lo sguardo – 10 anni di fotografia sull’homelessness”. 

L’esposizione è stata realizzata dalla cooperativa sociale Piazza Grande, consorziata del Consorzio l’Arcolaio, in collaborazione con il Comune di Bologna, Asp Città di Bologna e Cidas cooperativa sociale. Sarà visitabile fino al 15 novembre negli spazi del laboratorio di comunità Happy Center di via Antonio di Vincenzo 26F (dal martedì al venerdì, dalle 10 alle 17).

Volti appesi a fili sottili

L’Happy Center è uno dei servizi della rete della grave emarginazione adulta gestito da Piazza Grande. «Per laboratorio di comunità si intende uno spazio aperto a persone con e senza dimora, che offre attività di vario genere anche a seconda delle proposte che arrivano dalle stesse persone che lo frequentano», spiega la presidente di Piazza Grande, Ilaria Avoni. Anche lo spazio scelto per la mostra quindi è testimone di un pezzo di vita delle persone senza casa o in difficoltà, quelle che sono ritratte nei 25 scatti esposti alle sue pareti. Lo stesso vale per il quartiere, quello della Bolognina, «che è molto vivace ma allo stesso tempo molto attenzionato per problematiche sociali e di sicurezza, per cui è anche bello poter fare la mostra lì». 

Appese a dei fili sottili, che siano metafora o no delle vite di chi abita la strada, le foto sono state selezionate dagli operatori del servizio e dai suoi utenti. C’è chi compare dietro una cortina di fumo di sigaretta, chi guarda l’obiettivo da dietro una finestra, chi osserva il proprio coinquilino all’interno di una delle abitazioni del progetto Housing First e ancora chi ha per casa una panchina, un binario di una stazione. Sguardi che è difficile intercettare in mezzo al rumore di tutti i giorni, sguardi che però esistono.

«Le foto, realizzate dalla Federazione italiana degli organismi per le persone senza dimora (fio.SPD), sono una selezione di oltre 300 scatti realizzate nel corso di tre workshop promossi dalla federazione, che in dieci anni – dal 2014 al 2024 – hanno raccontato la realtà dell’homelessness in Italia, attraverso lo sguardo di fotografi professionisti e allievi», racconta Avoni. «Le immagini documentano non solo la vita di chi vive in strada, ma anche le risposte innovative e comunitarie per affrontare il fenomeno», aggiunge.

Come cambia la strada, come cambiano i servizi

In questi anni è cambiato sia il panorama di chi vive per strada che quello dei servizi che si occupano di accoglienza sul territorio. Tra le risposte che l’associazione bolognese offre dal 1997 – quando cioè è nata dall’esperienza del giornale di strada Piazza Grande – ci sono dormitori, strutture di accoglienza H24, il laboratorio sociale Happy Center e una trentina di appartamenti del progetto Housing First. «Negli anni abbiamo sviluppato servizi e progetti pensati per i senza dimora ampliando un po’ il target, perché sono arrivati nuclei in difficoltà in particolare rispetto al tema della casa, persone a carico con dipendenze o con problemi di salute mentale e poi migranti… Il fulcro è dare accoglienza e soprattutto un tipo di accoglienza: quella in appartamento, quella che restituisce una casa» dice ancora Avoni.

Oggi la fotografia di chi abita la strada per Avoni è «variegata» e rimanda a una realtà «multiproblematica». Anche le cause per cui si arriva a vivere in strada sono cambiate: «Mentre un tempo era la perdita del lavoro la causa principale, oggi ce ne sono altre che possono essere problemi di salute mentale, di dipendenza, di orientamento sessuale», prosegue la presidente. Scende anche l’età di chi non ha una casa: «Una volta l’età media era tra i 50 e i 60 anni, adesso è tra i 40 e i 50 anni. Questo ringiovanimento penso sia legato ai flussi migratori e all’arrivo di persone più giovani». 

Mentre un tempo era la perdita del lavoro la causa principale che portava a vivere in strada, oggi ce ne sono altre che possono essere problemi di salute mentale, di dipendenza, di orientamento sessuale

Ilaria Avoni, presidente Piazza Grande

Piazza Grande nel 2024 ha seguito 198 persone che sono state accolte in strutture di accoglienza, mentre in appartamento (tra Progetto SAI, Housing First, Accoglienza familiare) «a fine 2024 avevamo 385 persone», afferma la presidente dell’associazione. In totale quindi sono 583 le persone ospitate dal sistema di accoglienza di Piazza Grande nel 2024. Ma se si chiede se il fenomeno sia aumentato in città e di quanto, la presidente spiega che la questione dei numeri è ancora un problema: «I servizi raccolgono i loro dati, poi c’è il privato sociale, la Asl… è difficile avere dei dati aggregati».

Vivere in strada a Bologna, +87% in quattro anni

I dati forniti da Asp Città di Bologna permettono di fare un percorso che va a ritroso di quattro anni, fino al 2021, e dicono che «se allora in strada c’erano 80 persone in media come presenza stabile di flusso», oggi ce ne sono «circa 150». Quasi il doppio (+87,5%) in soli quattro anni.

Di questi – aggiunge Asp – «le donne senza dimora sono circa il 20%, un dato in crescita negli ultimi anni». Si tratta di dati che, specifica l’ente, vanno presi con le dovute cautele, poiché «si tratta di monitoraggi e servizi che si sono molto strutturati solo negli ultimissimi anni». Bisogna poi considerare che alcune persone scelgono di non rivolgersi ai servizi territoriali: quindi se i numeri “in chiaro” parlano già di un aumento considerevole del fenomeno, andranno comunque aggiunti quelli del “sommerso” che resta invisibile ai servizi. Sempre secondo Asp città di Bologna, oggi «sono 2mila le persone intercettate da tutto il comparto dei servizi di prossimità in città», un dato ampio che comprende anche interventi su settori di accoglienza, beni di prima necessità, servizio docce e orientamento ai servizi: non si tratta solo di homeless dunque, ma di tutta una galassia di persone in difficoltà. 

Nell’articolo, alcuni scatti dalla mostra “Oltre lo sguardo – 10 anni di fotografia sull’homelessness”, da ufficio stampa fio.SPD

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