Idee Il calo delle adozioni

La salvezza delle adozioni internazionali? Nelle mani delle famiglie

Da dicembre 2023 a giugno 2025 le famiglie in attesa si sono dimezzate, il che significa che abbiamo la metà delle possibilità di dare una famiglia a un bambino in stato di abbandono. Osservando i dati, si vede come ci siano coppie in attesa su Paesi che realizzano una manciata di adozioni l'anno. Da qui l'appello alle famiglie a non credere alle promesse del "bambino più facile" ma a guardare quale sia la presenza reale dell’Ente nel Paese, per poter un giorno dire al proprio figlio "siamo sicuri di aver fatto la cosa migliore per te"

di Marco Rossin

Lo scorso 3 ottobre la Commissione per le Adozioni Internazionali, come di consueto, ha pubblicato il rapporto statistico sullo stato delle procedure adottive del primo semestre 2025. Dalla pubblicazione si rileva che in questo arco temporale sono state realizzate 242 adozioni, 8 in più rispetto al primo semestre del 2024, e che un totale di 1.634 famiglie è in attesa di adozione. 

Facendo un salto indietro nel tempo, vediamo che alla fine del 2022 erano 2.520 le famiglie che aspettavano di diventare genitori di un bambino nato all’estero, a fine 2023 2.410 e oggi, come detto, 1.634. Di queste 1.634 famiglie, 38 non sono “assegnate ad un Paese”, ovvero non sono candidate presso nessuna Autorità Centrale e di fatto quindi non risultano ancora essere una possibilità per un bambino. Altre 283 famiglie risultano in attesa su Paesi che almeno negli ultimi tre anni non hanno realizzato nessuna adozione e che possiamo quindi ragionevolmente dire hanno scarse speranze di realizzarne nel prossimo futuro.

Le 1.634 famiglie iniziali diventano quindi 1.313. Questo significa che da dicembre 2023 a giugno 2025 abbiamo avuto un calo di famiglie realmente in attesa intorno al 50% che, in altre parole, significa che abbiamo la metà delle possibilità di dare una famiglia a un bambino in stato di abbandono.

Sicuramente una parte delle responsabilità sono di noi Enti: di condotte poco lungimiranti, trasparenti o eticamente cristalline, spesso impegnati principalmente nel prolungare di qualche altro mese la propria esistenza individuale. Se vogliamo perciò che una possibilità per i bambini in stato di abbandono nel mondo continui ad esistere, la nostra preghiera deve essere rivolta a tutte quelle famiglie che hanno o avranno tra i loro desideri quello di diventare genitori di uno di questi bambini.

Ognuna di queste famiglie ha un desiderio di genitorialità che va rispettato, preservato e custodito con cura, dalla famiglia stessa in prima istanza. Per te quindi famiglia, la preghiera è quella di non cercare la scorciatoia, la vaga promessa, il “bambino più facile”, a prescindere dalla tipologia di intervento e di presenza dell’Ente nel Paese del bambino. Continua a guardare quale sia la presenza dell’Ente nel Paese di tuo figlio: se è finalizzata a “spremerlo” perché le condizioni lo permettono, rischiando di alimentare un mercato in virtù di una fragilità strutturale di questo Stato, se promette un’adozione veloce e con pochi intoppi, o se piuttosto è in grado di aiutarti a capire un contesto che diventerà parte della tua vita. Se lavora non solo per assecondare le domande delle famiglie italiane, ma anche per promuovere uno sviluppo locale. Se insomma è in grado di darti quegli elementi che un giorno ti permetteranno di dire a tuo figlio che sei sicura di aver fatto la cosa migliore per lui. 

Lo sappiamo, adottare è un percorso difficile, lungo e dall’esito incerto e non c’è nulla di più naturale che cercare di alleviarne le sofferenze e di ridurre tempi di attesa. Se questa ricerca ti porta però ad essere la 30esima famiglia in attesa su un Paese dove l’Ente non ha la minima attività di sviluppo e realizza meno di una manciata di adozioni l’anno, cavalcando la promessa di un’adozione facile e rapida, allora forse val la pena affrontare qualche fatica in più per dare alla tua genitorialità una cornice diversa, non trovi? Un giorno come genitore sarai tenuto a render conto a tuo figlio del perché non è cresciuto nel suo Paese, con spiegazioni solide e attendibili, e magari gli racconterai anche quanto è stato difficile diventare genitore, ma che lo hai fatto solamente perché credevi profondamente in quello che stavi facendo, per lui prima di tutto.

Così, non ci resta che rivolgerti un accorato appello, cara famiglia adottiva, chiedendoti che attraverso la tua scelta si dia una possibilità diversa a questo “sistema adozioni”, che evidentemente da solo non riesce a sanarsi.

Marco Rossin è responsabile adozioni di Fondazione AvsiFoto Nima Sarram su Unsplash

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