Idee Il giorno dopo la PerugiAssisi
Se pace diventa una parola al plurale
La Marcia per la pace di domenica 12 ottobre ha visto una partecipazione grandissima. Ma a colpire è stata più che altro la trasformazione della composizione dei partecipanti: nei grandi numeri è emersa così con chiarezza la pluralità di voci che oggi si raccolgono attorno all’appello per la pace. La parola “pace” ha assunto significati diversi, rivelando quanto sia complesso, oggi, darle un significato condiviso. Ma è proprio questa diversità di linguaggi e posizioni a rappresentare la forza della marcia. Questa energia collettiva può diventare un’occasione preziosa, se trasformata in spazi di confronto e dialogo capaci di accogliere le differenze senza ridurle a contrapposizioni
di Ivana Pais
La marcia per la pace PerugiAssisi di quest’anno ha superato ogni previsione: oltre 200mila persone, secondo gli organizzatori, hanno percorso i 24 chilometri che separano i due simbolici luoghi umbri. Ma più dei numeri, a colpire è stata la trasformazione della composizione dei partecipanti. Accanto alle associazioni storicamente presenti, hanno sfilato nuove realtà, movimenti, amministrazioni locali e istituzioni. Tra queste, per la prima volta, anche l’Università Cattolica del Sacro Cuore, che ha colto l’occasione per testimoniare, attraverso una delegazione di studenti, studentesse, docenti e personale tecnico-amministrativo, l’impegno della comunità universitaria per la pace, in continuità con un ampio ventaglio di iniziative già avviate.
Negli ultimi mesi gli atenei italiani stanno riscoprendo il proprio ruolo nella costruzione della pace, in linea con la cosiddetta “terza missione”: non solo formazione e ricerca, ma anche impegno civile e sostegno alla cittadinanza attiva. Dai corridoi umanitari per studenti provenienti da zone di guerra alle iniziative culturali aperte alla città, le università diventano luoghi di incontro tra formazione e solidarietà, tra ricerca accademica e responsabilità sociale.
Con l’aumento dei partecipanti alla marcia e la sua composizione sempre più eterogenea, è emersa con ancora maggiore chiarezza la pluralità di voci che oggi si raccolgono attorno all’appello per la pace. Dagli striscioni agli slogan, la parola “pace” ha assunto significati diversi, rivelando quanto sia complesso, oggi, darle un significato condiviso. Ma è proprio questa diversità di linguaggi e posizioni a rappresentare la forza della marcia: dal 1961, riesce a far camminare insieme mondi differenti, accomunati dal desiderio di costruire un futuro senza guerra.
Dagli striscioni agli slogan, la parola “pace” ha assunto significati diversi, rivelando quanto sia complesso, oggi, darle un significato condiviso. Ma è proprio questa diversità di linguaggi e posizioni a rappresentare la forza della marcia
Dopo anni in cui si denunciavano piazze vuote e disaffezione civica, la moltitudine che ha attraversato l’Umbria, in continuità con le numerose manifestazioni degli ultimi mesi, testimonia un rinnovato bisogno di partecipazione e di presenza collettiva nello spazio pubblico. È il segnale di una società civile che vuole tornare a farsi ascoltare, a prendere parola, a immaginare alternative. Questa energia collettiva può diventare un’occasione preziosa, se trasformata in spazi di confronto e dialogo capaci di accogliere le differenze senza ridurle a contrapposizioni.
In questo percorso, le università possono svolgere un ruolo chiave: hanno imparato a uscire dalle aule per incontrare la società e, oggi più che mai, possono mettere a disposizione le proprie competenze per favorire il dialogo e la comprensione reciproca.
In apertura, parte del gruppo della Università Cattolica che ha partecipato alla PerugiAssisi. Foto di Fatbardha Mehmeti
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