Venezuela

Il Nobel a María Corina Machado ci ricorda quanto la pace si nutra di democrazia

Il volto e la voce dell'opposizione al regime di Maduro in Venezuela, è stata premiata «per il suo instancabile lavoro nella promozione dei diritti democratici per il popolo venezuelano». Il commento di Alfredo Somoza, esperto di politica internazionale: «La democrazia sta arretrando in tutto il mondo e uno dei casi più drammatici è proprio il Venezuela. Questo riconoscimento evidenzia anche il ruolo delle donne, spesso in prima fila nei movimenti che lottano per la libertà»

di Daria Capitani

«Il Premio Nobel per la Pace a María Corina Machado ci ricorda che nel mondo esistono conflitti dimenticati, ci mette di fronte al fatto che una democrazia può diventare regime e ci interroga su cosa si possa fare per evitare che questo accada. Ma ci ricorda anche il ruolo delle donne, in prima fila in tutti i movimenti che si battono per la democrazia». Alfredo Somoza è un giornalista ed esperto di politica internazionale, cooperazione allo sviluppo e formazione. Profondo conoscitore del Sud America, a pochi minuti dall’annuncio in diretta dal Norvegian Nobel Insitute di Oslo, traccia il ritratto della leader che ha riunito le opposizioni al regime di Maduro in Venezuela e che oggi vive in clandestinità.

María Corina Machado è un ingegnere industriale dalla vocazione politica molto forte. «Nata nel 1967, si è trovata in questi ultimi due anni a rappresentare il volto e la voce dell’opposizione venezuelana», ricostruisce Somoza. «Alle primarie del 2023 in vista delle presidenziali, ha vinto con il 90% dei voti, ma alle elezioni del 2024 non si è potuta candidare per un decreto governativo che ne ha sospeso i diritti politici per 15 anni. Altri due o tre candidati sono stati puniti con lo stesso tipo di misura, finché l’opposizione non ha individuato in un diplomatico, Edmundo González Urrutia, il nome da presentare alle elezioni. I risultati, che hanno visto la vittoria di Nicolas Maduro, non sono stati riconosciuti da nessuna democrazia al mondo perché per la prima volta nei processi elettorali venezuelani non è stato possibile verificare con un’entità terza il voto».

Al contrario di altre figure politiche contrarie al regime, Machado non ha mai lasciato il Paese. «Ha guidato l’opposizione dalla clandestinità in un momento molto delicato per il Venezuela, attraversato da profonde fratture, con tantissimi prigionieri politici e, anche se di questo non parla praticamente nessuno, una crescente tensione militare con gli Usa al largo delle coste del Paese».

«Sul Venezuela, troppi silenzi e dimenticanze»

Nelle motivazioni del Premio, viene definita “coraggiosa paladina della pace”, “una donna che mantiene accesa la fiamma della democrazia in mezzo a un’oscurità crescente”. «Io credo che questo Premio Nobel sia in qualche modo un tentativo di dare visibilità a due cose: da un lato il fatto che il Venezuela non è più un Paese democratico ma è un regime, e dall’altro l’importanza di una soluzione politica e non di guerra», dice Somoza.

La democrazia sta arretrando in tutto il mondo. E uno dei Paesi in cui è arretrata in modo drammatico è proprio il Venezuela, che però ha gli anticorpi per uscire da questa situazione. Per questo ritengo che la scelta del Comitato sia stata molto accurata

Alfredo Somoza, giornalista ed esperto di politica internazionale

Come verrà letta dalla comunità internazionale questa assegnazione? «L’Unione Europea ha grandi responsabilità in questa vicenda, non soltanto perché alcuni Stati europei sono tra i più importanti partner economici del Paese, ma anche perché in Venezuela vive una comunità numerosa di cittadini europei, tra questi quasi 400mila sono italiani. Ricordiamoci la detenzione, in un carcere alla periferia della capitale, del nostro connazionale Alberto Trentini». Secondo Somoza, «non basta non riconoscere un governo per mettersi a posto la coscienza. La situazione venezuelana è degenerata molto negli ultimi anni: andrebbe rilanciata con forza un’azione politica di mediazione perché il Venezuela lo merita e perché va evitato un nuovo conflitto».

Escludendo Gaza, l’Ucraina e il Sudan, secondo Somoza «la situazione più calda al mondo in questo momento è proprio il Venezuela. La pace, di solito, si ottiene lavorando preventivamente: sul Venezuela sono troppi i silenzi, troppe le dimenticanze. Ecco, questa nomina all’improvviso, che in qualche modo ci sorprende per il suo profilo atipico, fa scoprire al mondo che in Venezuela c’è un problema grandissimo di democrazia, ma anche un conflitto che potrebbe scoppiare in qualsiasi momento».

«Ci sono conflitti che ancora non vediamo»

Il presidente del comitato norvegese Jorgen Watne Frydnes ha sottolineato come, sotto la guida di Machado, l’opposizione venezuelana, a lungo divisa, sia riuscita a trovare un terreno comune nella richiesta di elezioni libere e di un governo rappresentativo. «In un momento in cui la democrazia è sotto minaccia», ha detto, «è più importante che mai difendere questo terreno condiviso». «È vero», commenta Somoza, «la democrazia sta arretrando in tutto il mondo. E uno dei Paesi in cui è arretrata in modo drammatico è proprio il Venezuela, che però ha gli anticorpi per uscire da questa situazione. Per questo ritengo che la scelta del Comitato sia stata molto accurata e anche politica: il Venezuela ha margini d’azione per ripristinare la democrazia in modo pacifico». E gli esclusi? «Tra i favoriti, avevo letto il nome di tante donne che si oppongono, come Yulia Navalnaya, la vedova di Alexei Navalny».

Kristian Berg Harpviken, direttore dell’Istituto norvegese per il Nobel, ha condiviso la notizia con Machado al telefono prima che fosse annunciata in diretta mondiale. In un video pubblicato sul sito ufficiale del Premio, si sente la sua voce emozionata: «Questo è un premio per un intero movimento». C’è un precedente in questo senso? «Mi viene in mente Pérez Esquivel, artista e attivista argentino, che vinse il Premio Nobel per la Pace durante la dittatura in Argentina. Rappresentò una legittimazione per i movimenti che si battevano per i diritti umani», ricorda Somoza. «Non è la prima volta che un Nobel entra nel cuore di una situazione in cui si assiste a un’interruzione della democrazia. Ma nel caso del Venezuela, lo ribadisco, è ancora possibile evitare il peggio se la comunità internazionale si mette in moto».

Alla luce del momento storico che viviamo, è un invito «a fare uno sforzo di attenzione e cura nel raccontare ciò che accade in ogni angolo del mondo, perché ci sono sofferenze che ancora non vediamo e conflitti che restano sconosciuti ai più, dimenticati».

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Maria Corina Machado sventola una bandiera nazionale venezuelana durante una manifestazione in Venezuela, il 17 agosto 2024. (Foto AP/Cristian Hernandez, Archivio)

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