Medio Oriente
Israele ferma la Flotilla carica di medicinali. Ma nella Striscia non ci sono più farmaci e i medici rimasti sono esausti
La “seconda flotilla”, fermata all’alba da Israele, avrebbe portato a Gaza medici e farmaci. Ormai il 66% delle forniture è a stock zero. E il percorso per raggiungere la Striscia è pieno di ostacoli. Alessandro Migliorati, capoprogetto Emergency a Gaza: «Israele nega il 50% delle autorizzazioni. Per fare 20 chilometri, possono volerci 15 ore»
Un’altra flotilla è stata fermata a poche miglia da Gaza e il suo carico era particolarmente prezioso: nella Striscia i medici sono pochi ed esausti e molti farmaci non si trovano più. Possono arrivare “facilmente per altre vie”, come è stato già detto per gli aiuti umanitari a bordo della prima flotilla? Lasciamo che a rispondere siano alcuni dati. Dati oggettivi, tratti dall’ultimo aggiornamento dell’Ocha sulla situazione umanitaria a Gaza.
Primo, il 54 % dei farmaci essenziali si trova a livello “zero stock”: in parole semplici, è esaurito. Secondo, il 66 % delle forniture mediche è anch’esso a stock zero. Esaurito. Terzo, nei reparti di emergenza, il 45 % degli articoli (forniture, strumenti chirurgici, etc.) è indicato come non disponibile. E questo compromette – quindi rende impossibili – procedure salvavita. Quarto, le scorte di sangue e per trasfusioni sono «in procinto di esaurirsi». Quinto, nella città di Gaza, solo un punto medico Unrwa rimane operativo come struttura per cure primarie. In tutta la Striscia, la maggior parte di queste strutture sono state danneggiate, evacuate o distrutte. Sesto, circa 15.600 pazienti critici hanno bisogno di evacuazione medica. Settimo, nel mese di settembre la percentuale di missioni umanitarie negate è salita al 26 % (126 su 478) rispetto all’8 % di agosto.
Il percorso a ostacoli di medici e medicinali
E se i numeri non bastassero a dire quanto sia difficile far arrivare farmaci, medici e materiale sanitario a Gaza (quello che era a bordo delle nove imbarcazioni della “seconda flotilla” fermate all’alba), a confermarlo c’è la testimonianza di Alessandro Migliorati, capoprogetto Emergency a Gaza (Deir al-Balah).

Quanto è facile (o difficile) per medici e medicinali entrare a Gaza?
Dall’inizio della guerra le vie di accesso a Gaza sono state fortemente ridotte rispetto alle precedenti possibilità.
Quali sono attualmente i percorsi e gli ostacoli che deve affrontare il personale sanitario per entrare nella Striscia?
Lo staff umanitario ha ormai una sola via, che parte da Amman e con un pullman di linea raggiunge il valico di Allenby, confine con la Cisgiordania. Di qui, attraversa la Cisgiordania, passa per Gerusalemme e poi raggiunge il confine con la Striscia. A quel punto, si può entrare attraverso due valichi: quello di Kissufim, che si trova nella parte centrale della Striscia e quello di Kerem Shalom, a sud. Una volta raggiunto il confine, dopo vari controlli da parte delle autorità israeliane, sia prima di entrare in Cisgiordania sia all’ingresso della Striscia, i veicoli blindati delle Nazioni Unite ci raggiungono e ci portano a Deir al-Balah, esattamente al centro: una zona che dovrebbe teoricamente essere libera da ordini di evacuazione e bombardamenti, ma dove vediamo e sentiamo attacchi quotidiani (pochi giorni fa anche a 300 metri da casa nostra) e dove non molto tempo fa è stato emesso un imponente ordine di evacuazione di tutta Deir al-Balah.
Il materiale sanitario segue lo stesso iter?
Le merci raggiungono i diversi valichi intorno alla Striscia, che possono essere quello di Kissufim o quello di Erez, che però ora è chiuso, o quello di Kerem Shalom e Rafah a sud. Questi sono aperti a giorni alterni, a discrezione dell’autorità israeliana, che decide se usare l’uno o l’altro e comunica poi alle Ong all’interno della Striscia dove dovranno recarsi per ritirare la merce.

Per gli operatori umanitari è facile recarsi dalla propria base al valico, per il ritiro degli aiuti?
Non è facile né veloce. Per poterci recare al valico, dobbiamo chiedere un’altra autorizzazione all’esercito israeliano, chiamata “Coordination movement”, che permette di raggiungere il punto di ritiro in costante coordinamento con l’esercito israeliano. Questo comunica agli operatori diversi “holding point”, ovvero vari punti lungo il percorso dal centro della Striscia fino al valico, in cui bisogna fermarsi e attendere il successivo via libera. Insomma, la possibilità di far entrare persone e merci è completamente subordinata alle autorizzazioni di Israele.
E Israele autorizza?
Allo stato attuale, secondo i dati aggiornati ieri, Israele nega il 50% dei Coordination movement. Del 50% che viene autorizzato, solo il 20% dei movimenti avviene in modo regolare: il restante 30% o viene negato durante il tragitto – quindi deve invertire la marcia e tornare al punto di partenza – o viene fortemente rallentato.Quanto impiegate, quindi, per andare a ritirare il materiale che vi viene consegnato?
La Striscia è piccola: da dove ci troviamo noi fino a qualsiasi valico sono al massimo 20 chilometri. Le operazioni di ritiro anche di un solo camion di aiuti durano anche 15 ore.
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