Sostenibilità sociale e ambientale

Nemica inerzia. La terra non può aspettare

Avviare una "rivoluzione energetica" che scelga le fonti rinnovabili. Investire risorse per adattare agricoltura e urbanistica ai mutamenti cimatici. (a cura diAndrea Masullo)

di Redazione

Cresce nel mondo scientifico la consapevolezzache i cambiamenti climatici in corso, anche se si adottassero provvedimenti straordinari per azzerare le emissioni di anidride carbonica, per l?inerzia stessa del fenomeno richiederebbero 100-150 anni per essere fermati e regredire a una situazione di normalità. Questa prospettiva, già di per sé drammatica, è aggravata dall?ipotesi che con un aumento delle temperature medie prossimo ai 2° C il sistema climatico potrebbe entrare in una crisi irreversibile e dagli sviluppi imprevedibili. Nonostante la situazione, agendo subito è ancora possibile salvare il clima del nostro pianeta. Abbiamo davanti due possibilità per fronteggiare questa situazione. Intanto è necessario approntare strategie di adattamento alle nuove condizioni climatiche che si stanno verificando e che comunque continueranno a procedere per almeno cento anni. Ciò significa innanzitutto agevolare l?evoluzione e lo spostamento degli ecosistemi e degli habitat con specifici programmi di conservazione, per mantenerne la biodiversità. Occorre poi fronteggiare gli effetti della siccità sulla produzione alimentare applicando pratiche agricole in grado di conservare le qualità organiche dei suoli riducendo il fabbisogno di acqua per irrigazione. Altre misure sono la cura dell?assetto idrogeologico del territorio, per limitare i danni di alluvioni; la riduzione degli sprechi di acqua dolce; il trasferimento di insediamenti abitativi e produttivi da siti esposti al rischio di situazioni meteorologiche estreme; la prevenzione di crisi sanitarie prodotte dai mutamenti climatici; la protezione delle coste dall?innalzamento del livello dei mari. Non tutti i Paesi, tuttavia, saranno in grado di fronteggiare i costi di massicci interventi di adattamento, e le perdite dell?economia mondiale potrebbero divenire insostenibili. Occorrerà quindi valutare in ogni eco-regione quali siano i limiti del cambiamento climatico oltre i quali non è possibile nessuna forma di adattamento. Di questi limiti si dovrà tener conto per definire gli obiettivi indispensabili di mitigazione del fenomeno, cioè di riduzione degli effetti (innalzamento della temperatura) attraverso la rimozione delle cause, cioè delle emissioni di gas-serra; ciò richiede un rinnovamento del modo di utilizzare l?energia su scala mondiale. Il tempo è poco, forse 40 anni, per ridurre le emissioni globali dell?80%. Il Protocollo di Kyoto, man mano che si avvicina la ratifica e se ne perfezionano i meccanismi, acquista sempre di più l?aspetto di uno strumento in grado di avviare un cambiamento del mercato dell?energia. Eppure molti Paesi, tra cui il nostro, non sembrano ancora in grado di saper cogliere le opportunità che questa sfida può offrire, e tentennano fra politiche inefficaci e sotterfugi che ci allontano dagli obiettivi e ci espongono a forti rischi. In Italia nel 2002 le emissioni di anidride carbonica sono aumentate del 7,1% rispetto al 1990, allontanandoci dall?obiettivo di una riduzione del 6,5 entro il 2010 attribuitoci dal Protocollo di Kyoto. I rischi del ?non fare? sono già evidenti. Occorre muoversi subito e con impegno economico e tecnologico da parte di tutti i Paesi industrializzati, recuperando a posizioni più responsabili anche quelli più recalcitranti come Stati Uniti, Canada e Australia, per realizzare una ?rivoluzione energetica? basata su impianti di piccole e medie dimensioni a elevata efficienza, e prossimi all?utenza finale, alimentati da fonti rinnovabili (cogenerazione da biomasse, mini-wind e fotovoltaico) o metano, per la fornitura di servizi energetici integrati ad alta efficienza. Occorre preparare il terreno per la tanto decantata ?economia dell?idrogeno? prodotto dall?acqua utilizzando fonti rinnovabili. L?obiettivo è giungere entro il 2050 a un sistema energetico sostenibile, le cui emissioni di CO2 siano bilanciate dall?assorbimento da parte dei serbatoi naturali (oceani, foreste). I Paesi e le imprese più lungimiranti hanno già compreso la convenienza di trovarsi su posizioni di forza al momento, ormai prossimo, di sviluppo di queste grandi novità. La Germania ha già preso la decisione unilaterale di ridurre le proprie emissioni nazionali di gas-serra del 40% (sempre rispetto ai livelli del 1990) entro il 2020, e il Regno Unito ha annunciato la sua intenzione di ridurre le emissioni di gas-serra del 60% entro il 2030. Esse hanno deciso in tal modo di trasformare dei costi in investimenti produttivi nell?efficienza energetica e nelle energie rinnovabili, predisponendosi a assumere una posizione di leadership sulle nuove tecnologie.


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