Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Leggi & Norme

leggi del terzo settore:bcome e perché cambiarle

agenzia onlus Piattaforma di una possibile riforma - puntata 1

di Redazione

L’art. 3 del decreto 21 marzo 2001 n. 329, istitutivo dell’Agenzia per le onlus, affida all’Agenzia stessa il compito di «formulare osservazioni e proposte in ordine alla normativa delle organizzazioni, del terzo settore e degli enti». Per ottemperare a questo mandato, l’Agenzia ha costituito un gruppo di lavoro, che ha avviato una riflessione e predisposto un primo contributo che contiene i principi ispiratori di una riforma e che è stato discusso in un seminario lo scorso 15 dicembre a Pisa. Eccone, in sintesi, i contenuti salienti. « P roposte per una riforma organica della legislazione sul terzo settore»: è questo il titolo del documento preparatorio dell’Agenzia per le onlus. Il primo capitolo prende in esame l’identità del terzo settore, definito in positivo come «l’ambito in cui agiscono soggetti giuridici collettivi privati costituiti per uno scopo di solidarietà sociale che, senza scopo di lucro, conducono attività congruenti con la loro finalità costitutiva». Legato a questo è il secondo capitolo che tratta dell’identità delle diverse componenti del terzo settore. Qui si ravvisa la necessità di «confezionare regole che sostengano il perseguimento dello scopo» di volontariato, associazionismo e cooperazione sociale, in modo da evitare che gli enti del terzo settore definiscano la propria identità in ragione dei benefici economici che possano ottenere. «Troppe volte», si nota, «uno stesso ente è costretto a indossare abiti confezionati dalle leggi che, di fatto, lo ingessano», mentre sarebbero necessarie definizioni preliminari.
Ecco quelle proposte: 1) ong: organismo indipendente da indicazioni strutturali e/o operative di governo o istituzionali, cui è fatto divieto di ricevere contributi economici istituzionali non espressamente destinati a singoli progetti; 2) volontariato: ente caratterizzato dalla gratuità della prestazione, senza riferimento al settore di attività; 3) cooperazione sociale: ente con scopo “laburistico”, che opera a favore dell’inserimento lavorativo dei soggetti svantaggiati; 4) associazioni dì promozione sociale: enti con identità e ragione costitutiva di solidarietà sociale, diversi dalle altre semplici associazioni private. Tutta l’operazione, continua il documento, escluderebbe dal terzo settore soggetti giuridici che talvolta vi vengono annoverati perché senza scopo di lucro (associazioni sportive dilettantistiche, associazioni bandistiche ecc.) o perché svolgono attività di utilità sociale, come le imprese sociali, che per l’Agenzia sono enti economici.
Nel terzo capitolo, che tratta dei profili civilistico-commerciali, si nota che una riforma della legislazione del terzo settore dovrà considerare il “civile”, ossia gli statuti e la riforma del primo Libro del Codice civile. Obiettivo di questa riforma è inserire nello statuto degli enti la «clausola non profit», che assicuri la eterodestinazione dei risultati e del patrimonio finale dell’organizzazione, per gli enti citati appunto nel primo Libro del Codice civile (fondazioni e associazioni). Ma come dovrebbe essere riformato il Codice? Ecco l’idea dell’Agenzia: distinguere due diversi paradigmi organizzativi, uno destinato a ogni iniziativa senza scopo di lucro e un altro alle iniziative che coinvolgano interessi generali in settori socialmente rilevanti. Ma il documento entra nei dettagli, elencando le direttrici di una riforma del secondo tipo di enti. Prima direttrice, la governance: servono regole sulle competenze degli organi interni, sul controllo (sia interno che esterno), sull’attività impreditoriale (e suoi limiti) che sempre più enti intraprendono. Seconda direttrice, la partecipazione, per favorire capacità decisionale e informazione del socio sulla vita del sodalizio. Ultima direttrice, la tutela degli interessi dei fruitori del servizio reso dall’ente, ovvero la trasparenza e l’accountability: occorre poter rilevare l’ammontare dei fondi raccolti e le modalità del loro impiego, obbligando l’ente a pubblicare in appositi registri un rendiconto sia contabile sia “di missione”. Infine, la riforma dovrà introdurre una class action per i titolari degli interessi.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA