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Un organismo ben ideato ingessato dalla politica

Il consiglio dell'Agenzia per le onlus al giro di boa

di Redazione

Tra pochi giorni, il secondo consiglio dell’Agenzia per le onlus compie il giro di boa (due anni e mezzo, sui 5 di mandato); è quindi forse tempo di aprire il dibattito sull’utilità dell’organismo. Apro con la banalità di inizio estate: un qualsiasi attrezzo può dirsi utile se è messo in grado di funzionare. Se nasce male arrangiato o se nel tempo lo si priva delle funzionalità per le quali è stato costruito, l’attrezzo è inutile.
L’Agenzia per le onlus è un attrezzo nato male. Prima di tutto per i tempi. La legge che delegava il governo a istituire le onlus (legge 662/96), dava mandato anche all’istituzione di un organismo che – seppur non elevato a rango di Authority – avrebbe dovuto da lì a poco aiutare il non profit a crescere. Ci sono voluti più di cinque anni affinché si arrivasse alla nomina del primo consiglio dell’Agenzia. Ancora una volta si confermava il grado di attenzione della politica verso il non profit. Fosse stato solo quello!
Le attribuzioni: sono tante e interessanti. Andatevi a leggere il dpcm 329/01, agli articoli 3, 4 e 5 (lo trovate sul sito dell’Agenzia) e vi sembrerà di scorgere un altro Stato, una pubblica amministrazione che, vigilando e controllando, sostiene il terzo settore. Poi, tra il dire e il fare c’è un oceano di interpretazioni, di “conflitti” (mai dichiarati) di competenza, e quindi si torna in Italia. In Italia, dove si dice che le amministrazioni pubbliche devono richiedere preventivamente pareri all’Agenzia per esempio sulle iniziative legislative sul non profit e nelle premesse del dpcm del 5 per mille 2009 non trovate neppure che li abbiano consultati! Vuol dire che il provvedimento più rilevante – in termine di entrate future del terzo settore – è stato sottoposto all’Authority della privacy (giusto, non lo metto in dubbio) ma non all’organismo che tutto sa di non profit.
I soldi: nell’Executive summary del 2007 (in questi giorni sarà presentata la Relazione annuale 2008 a Palazzo Chigi) si legge che rispetto alla previsione iniziale, è stato erogato solo il 60% delle risorse e che bisogna far affidamento (non mettetevi a ridere) al 5 per mille del 5 per mille del 2007.
Il personale – che deve provenire da altre amministrazioni, non sia mai che facciamo le cose seriamente – non dovrebbe superare le 35 unità. In un impeto di austerità – credo uno dei pochi nella pubblica amministrazione – nel 2007 si contavano 16 unità dislocate presso l’Agenzia.
Ricapitoliamo: poteri e attribuzioni che non vengono “riconosciuti” dallo stesso Stato che li ha scritti nero su bianco; soldi pochi e incerti; personale iper ridotto. Lo dicano alla presidenza del Consiglio dei ministri (è l’organo che vigila sull’Agenzia) che hanno altro cui pensare! Il non profit soffre proprio di questo: del disinteresse della classe politica, tutta, indifferenziata. Soffre del sospetto delle amministrazioni pubbliche, almeno fino a quando queste non si accorgono che il non profit può servir loro a riempire i vuoti che lo stesso settore pubblico lascia (o causa).
Almeno lo dicessero che non vogliono uno sviluppo del non profit coerente, equilibrato, non caotico… Metteremmo una pietra sopra all’Agenzia per le onlus e alla ricerca di un’interpretazione corretta ma non castrante delle norme onlus. Avremmo l’onesta conferma che per l’Italia è impossibile aspirare a una normalità di rapporti tra cittadini e Stato.


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