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Laura, la zingara che fa i film per la Rai

Il 30 luglio è stata trasmessa l'opera prima della Halilovic

di Daniele Biella

A scuola è arrivata fino alle medie, poi ha incominciato a fare la colf. I suoi avrebbero preferito avere una figlia domestica,
ma in casa è spuntata una telecamera «e hanno cambiato idea». Così, a 19 anni, è maturato un talento. Ecco la sua incredibile storia I primi nove anni di vita, Laura Halilovic li ha passati in un campo rom. Dieci anni più tardi ha già realizzato tre sogni: avere l’autografo del suo regista preferito, diventare lei stessa una regista e, soprattutto, poter raccontare attraverso la telecamera il mondo rom. Io, la mia famiglia rom e Woody Allen è il titolo della sua opera prima, datata giugno 2009: un film-documentario di 50 minuti (produttori Davide Tosco e Nicola Rondolino) che è stato apprezzato al Festival del cinema di Bellaria ed è arrivato in tv, la sera del 30 luglio su Rai Tre (trasmissione «Doc3»). «Sono una ragazza rom fiera del mio lavoro e basta», chiarisce, in italiano perfetto, la 19enne, nata a Torino da genitori bosniaci con i quali, e assieme ai quattro fratelli maschi, vive oggi in una casa popolare.
Vita: Da dove nasce la voglia di fare cinema?
Laura Halilovic: A 9 anni ho visto alla tv del campo il film Manhattan di Woody Allen. Mi sono innamorata dei suoi personaggi. Da allora ho cominciato a scrivere copioni. Finite le medie, ho abbandonato la scuola. Ho fatto la colf e altro, ma continuavo a pensare al cinema. Nel 2008 sono riuscita a montare L’illusione, un corto di sei minuti che racconta storie di ragazzi, con attori alcuni amici italiani e peruviani: ho vinto il festival Sotto18 di Torino, e ho ricevuto in premio una telecamera con cui ho girato il film.
Vita: Perché hai scelto di parlare del “tuo mondo rom”?
Halilovic: Meno di un anno fa, su un autobus, alcuni studenti italiani hanno incrociato un ragazzo rom e, gridando «gli zingari puzzano» gli hanno spruzzato in faccia del deodorante. Sono stata male a vedere quella scena.
Vita: Cosa diresti al ministro Maroni, se potessi incontrarlo?
Halilovic: Che sarebbe l’ora di comunicare un po’ di più, dandosi una mano in modo reciproco per combattere da una parte chi compie azioni illegali, dall’altra chi giudica le persone prima di conoscere le loro tradizioni.
Vita: Come ha reagito la famiglia alla tua scelta?
Halilovic: È stato difficile soprattutto per mio padre, che fa il rottamaio. Lui, come quasi ogni papà rom, voleva che la figlia aiutasse nelle faccende domestiche. Anche i miei fratelli, in modo minore, pensavano lo stesso. Ma io sono una “de coccio”, l’ho spuntata. E dopo che ho vinto la telecamera, hanno cambiato idea.
Vita: Com’è oggi la tua vita?
Halilovic: Sto bene, nulla a che vedere con la vita nel campo o i primi anni di scuola, dove ero quella isolata da tutti solo perché io e la mia famiglia eravamo “diversi”, gli unici senza auto e con i gonnelloni.
Vita: Il tuo rapporto con i coetanei?
Halilovic: Tengo molto alla mia cultura rom, ma con delle eccezioni: ho scelto di vestirmi all’occidentale, per cui spesso passo per italiana, e creo qualche grattacapo ai miei genitori perché sarei già in età da matrimonio…
Vita: Che intenzioni hai in proposito?
Halilovic: Mi stai chiedendo se ho un ragazzo? Non parlo della mia vita privata.


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