Welfare & Lavoro

La ricetta Caritas per una sanità senza esclusioni

Dopo 20 anni di esperienza sul campo, un progetto in partnership con il Ministero della Salute

di Redazione

Vent’anni di esperienza accanto a rom e sinti, per tutelare la loro salute. È il bagaglio di Caritas Roma, che ha iniziato a seguire questo tema nel 1987 quando un’equipe di medici e infermieri, accompagnata dagli operatori dell’Opera Nomadi, iniziò, utilizzando un camper sanitario, a recarsi periodicamente presso i numerosi insediamenti presenti a Roma, per svolgere attività di medicina di base, pediatria e ginecologia, educazione sanitaria, medicina preventiva, rilevazione epidemiologica, rilevazione igienico-ambientale, osservazione antropologico sanitaria.

Proprio puntando su questa esperienza il Ministero del lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali ha chiesto alla Caritas di Roma di sperimentare l’approccio a livello nazionale, con il proposito di estrapolare delle linee strategiche da condividere e implementare: a tal fine, fra aprile 2008 e ottobre 2009, la Caritas ha coordinato il progetto “Sperimentazione di interventi per la promozione dell’accesso ai servizi sanitari e dell’educazione alla salute per la popolazione Rom e Sinta in Italia”, di cui oggi ha illustrato i primi risultati.

Le città selezionate sono state cinque – Palermo, Messina, Firenze, Trento e Milano –  dove Caritas ha lavorato in collaborazione con altri enti che da tempo operano nei campi rom. Innanzitutto si è creato un opuscolo alternativo per comunicare con queste popolazioni, in tre lingue (italiano, rumeno e serbocroato), che si avvicinava al modello base per i messaggi di educazione sanitaria in esso contenuti, ma proponeva una forma narrativa diversa e innovativa, per esempio inserendo raccomandazioni sui rischi connessi al bruciare i rifiuti o all’uso incontrollato di stufe e fornelli, cause frequenti di gravi danni alla salute in molte realtà rom. Il prodotto è “La storia di Maria e Ioan”, messo a punto con la consulenza e il lavoro di un antropologo, pensata proprio per quelle comunità specifiche.

Le difficoltà evidenziate sono l’analfabetismo della maggioranza delle persone, riuscire ad instaurare un rapporto di fiducia stabile, la diffidenza nei confronti del mondo esterno e dei servizi sanitari, e il non volersi affidare a delle persone che non si conoscono. A questo si aggiungono i problemi relativi alle differenti risposte che il servizio pubblico offre all’utenza straniera che si presenta con il codice STP. Per esempio a riguardo dell’IVG, in molti casi, anche a chi si presentava con l’STP, è stata richiesta una somma di 850 euro, anche se rientra tra le prestazione a cui tutte le donne hanno diritto gratuitamente. Ciò ha scoraggiato spesso le donne a recarsi presso i servizi per avere le cure necessarie.


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