Politica & Istituzioni

Monti, tutti gli uomini del prof

Governo completato, lo scetticismo dei commentatori

di Franco Bomprezzi

Squadra di governo completata, con viceministri, sottosegretari, e anche un ministro in più, per venire incontro a un’osservazione di Napolitano: Mario Monti si muove rispettando per ora i tempi da lui dichiarati e ora l’attenzione si concentra sul pacchetto di misure che saranno varate il 5 dicembre. I giornali oggi dedicano molto spazio anche alle novità della compagine governativa, con i tecnici graditi ai politici…

«Monti nomina un ministro in più e Grilli come vice all’economia» è il titolo nella prima pagina del CORRIERE DELLA SERA. Nella vignetta di Giannelli Monti dice a Napolitano: «Sono tutti tecnici, ma sotto sotto sono politici. Altrimenti che sottosegretari sarebbero?». Le nomine vengono descritte a pagina 10 da Dino Martirano: «Alla fine del tira e molla tra Mario Monti e i partiti, un Consiglio dei ministri partito con un’ora di ritardo e durato solo 20 minuti ha nominato 25 sottosegretari, 3 viceministri e a sorpresa, anche un nuovo ministro: si tratta di un alto funzionario con un profilo bipartisan, Filippo Patroni Griffi, cui vanno le deleghe per la Funzione Pubblica e la Semplificazione per colmare un vistoso buco nell’esecutivo segnalato al Quirinale». Il «dietro le quinte» racconta di «Partiti accontentati sui nomi “politici”. Da Alfano lodi al Pd». Scrive Paola Di Caro: «consultazioni e messe a punto della squadra si sono fatte eccome. Con i segretari dei partiti ma non solo (Gianni Letta ha avuto un ruolo decisivo nel PdL). Perché era impensabile che il governo potesse procedere al secondo atto della sua formazione scontentando i partiti». Critiche a questa procedura si trovano nell’editoriale di Dario Di Vico, intitolato «Meglio decidere che concertare». Secondo Di Vico «la concertazione è chiamata a fare un passo indietro. Così come ha fatto la politica, anch’essa dovrà operare una temporanea cessione di sovranità». La prova «è difficile ma esistono gruppi dirigenti in grado di superarla. Dal canto suo il presidente Monti non abbia paura del dissenso e, se riesce, eviti di replicare i riti che hanno portato alla nomina dei sottosegretari». Ma l’apertura del quotidiano è per un’altra notizia: «Il progetto per salvare l’euro», si andrebbe «verso un controllo più stretto dei conti pubblici nella Ue», con «l’appoggio di Obama».

LA REPUBBLICA apre con l’economia (“Ue: subito una manovra da 11 miliardi”) e appena sotto riferisce le scelte di Monti: “Un nuovo ministro e 28 sottosegretari Grilli va all’Economia”. I servizi all’interno. Il Cdm ieri è cominciato con un’ora e mezza di ritardo ma poi è durato pochissimo: giusto il tempo per condividere le proposte di nomine (fra le quali quella di Marco Rossi Doria, ex maestro di strada, sottosegretario all’istruzione). Il nuovo ministro alla Funzione pubblica è Filippo Patroni Griffi che intervistato da Valentina Conte ammette: quando è squillato il telefono «ho pensato o è Crozza o è proprio il presidente del Consiglio». «Ritengo che la Pubblica amministrazione non debba essere considerata solo come un settore da tagliare», dice, «al contrario come un fattore di sviluppo, se riusciremo a razionalizzare l’apparato amministrativo… E poi credo molto nella semplificazione mirata di quegli oneri burocratici che pesano di più sulle imprese». Nel suo retroscena, Francesco Bei spiega: «La partita dei sottosegretari dimostra che la coppia è affiatata, la cabina di regia tra Quirinale e Palazzo Chigi funziona». Ad esempio accortisi del buco alla Funzione pubblica, concordano di nominare un nuovo ministro. Nonostante le pressioni dei partiti, Monti alla fine fa il decisionista: «Decido io, me ne assumo la responsabilità». Il casus belli (per Gasparri e alcuni altri del Pdl) è la nomina di Giampaolo D’Andrea: l’esecutivo «adesso è totalmente sbilanciato a sinistra», dice Gasparri a proposito di un semplice sottosegretario aggiungendo: «è meglio che si dimetta subito tanto qualunque cosa proporrà al Senato noi gliela bocceremo».

IL GIORNALE dedica alle nomine solo un articolo a pagina 6. Massimiliano Scafi firma “Sorpresa, un nuovo ministro. E spunta pure un politico: polemica sui sottosegretari”. «C’è Grilli al Tesoro, c’è Ciaccia alle Infrastrutture. C’è anche il «politico» D’Andrea ai rapporti con il Parlamento, decisione che provoca subito polemiche. Ma, sorpresa, c’è soprattutto un nuovo ministro, Filippo Patroni Griffi, presidente di sezione del Consiglio di Stato, che avrà la delega alla Funzione pubblica». Spiega il giornalista che «i allarga dunque il governo del professore: adesso è un gruppo di diciotto persone. Un parto travagliato, estenuante. Difficoltà fino all’ultimo, con il premier costretto a rimandare di un’ora e mezzo il Consiglio dei ministri, previsto alle 19 e chiuso solo verso le nove di sera. Ma alla fine, ecco completata la squadra: un ministro, tre viceministri, 25 sottosegretari».

Su IL MANIFESTO in una prima pagina che apre sull’economia “Meno Pil per tutti”, il completamento della squadra di governo è relegata a centro pagina con un richiamo che rinvia a pagina 5 e che titola “Sottogoverno quasi tecnico e blindato a destra”. Si legge “Nella lista di sottosegretari e viceministri spunta anche un nuovo dicastero, il numero 18: Filippo Patroni Griffi, presidente di sezione del Consiglio di Stato, va alla Funzione pubblica con deleghe alla Semplificazione. Altra scelta pesante è quella di Vittorio Grilli, a lungo candidato di Tremonti a Bankitalia, sarà il vice di Mario Monti all’economia. Il direttore generale del Tesoro si è messo in aspettativa e ha rinunciato al 70% dello stipendio (le due cariche erano incompatibili). Scoppia la grana dei sottosegretari politici. Il prodiano D’Andrea ai rapporti con il parlamento va di traverso a Gasparri”. A pagina 5 il titolo di apertura recita “Il sottogoverno è fatto, ora l’Europa” e della squadra di governo si sottolinea «(…) Zeppa di esperti del centrodestra e di gran commis sconosciuti, politici democratici cencellizzati per correnti e professori più o meno illustri. L’elenco non scalda i cuori (…)». E continua «(…) L’ansia dei partiti è alle stelle. (…) Il governo Monti ormai è in corsa ma a giudicare dalla bassa qualità della squadra non dovrebbe durare oltre la primavera. Il primo test in aula sarà oggi pomeriggio alla camera, con la votazione in prima lettura (entro domani) della riforma costituzionale sul pareggio di bilancio (…)». Un secondo articolo, taglio centrale a destra, osserva nell’occhiello che ora il governo è “Pieno di esperti dallo staff di Brunetta” mentre il titolo recita “Molti “tecnici” del governo Berlusconi. Così il professore si blinda a destra” e nel sommario si legge “Alla difesa va Milano, caposegreteria di La Russa e coinvolto nel Finmeccanica-gate. Agli esteri torna Dassù, consigliera di D’Alema. Rossi Doria all’istruzione”. Fulminante l’esordio dell’articolo «Non poteva esserci Tremonti, c’è il suo principale collaboratore degli ultimi anni, Vittorio Grilli (…)» Dei sottosegretari si tracciano brevi ritratti in cui si sottolineano le vicinanze politiche, per esempio: «Tecnici perché professori di diritto i due sottosegretari alla giustizia, ma almeno uno, Salvatore Mazzamuto, fortemente identificabile politicamente perché ex  consigliere giuridico di Angelino Alfano quando il segretario Pdl era il guardasigilli (…)» di contro «Tutta un’altra musica al ministero dell’Istruzione dove arrivano il “maestro di strada” Marco Rossi Doria e Elena Ugolini, preside del Liceo Malpighi di Bologna (…)».

«Grilli viceministro all’Economia», «Martone al Lavoro, Patroni Griffi ministro»: questi i titoli (non molto fantasiosi per la verità) del SOLE 24 ORE, che dedica due pagine alla nuova squadra di governo. Ma che ne pensa il quotidiano degli industriali? I commenti sono affidati a un corsivo non firmato e a Stefano Folli. Nel corsivo si dice che «è un bene che questo governo abbia sempre di più al suo interno le migliori competenze di cui il paese dispone» e che ministri e sottosegretari rinuncino a «una quota importante delle loro retribuzioni» per rilanciare l’Italia. Però «va evitata ogni possibile ombra di conflitto di interessi», di cui in effetti questo esecutivo non manca. «È importante che tutti», conclude il corsivo «si liberino senza indugi e con la massima trasparenza da ogni interesse precedente. Il SOLE24ORE vigilerà con attenzione». Vedremo. Folli osserva che in questa fase «ai capi dei partiti non resta che dissolversi sullo sfondo», prova ne sia che i sottosegretari non sono politici (tranne uno, D’Andrea). Il governo per Folli è solido: «il patto del Quirinale regge e supera anche lo scoglio non trascurabile dei sottosegretari e vice-ministri», osserva, e oltretutto «dal punto di vista mediatico Monti ha spuntato un successo. Per ottenerlo forse ha impiegato un paio di giorni di troppo», certo, ma il punto non è questo: «Il premier e il governo sanno di dover essere giudicati, non sui sottosegretari, ma sulle misure d’emergenza».

In attesa di conoscere le misure di questo governo ITALIAOGGI nota che quello italiano è «quello più anziano di sempre e d’Europa. Al grido “l’esperienza conta” la media dell’età è di 64 anni e le statistiche impietose di Openpolis sottolineano che in 5 Paesi ( Germania, Portogallo, Finlandia, Lituania, Lettonia) ci sono ministri trentenni. Il governo Monti non solo ha sfumature grigie, ma è anche poco tinto di rosa. Fra i ministri ce ne sono solo tre su 18, il 16,6% mentre la media in Europa è del 19,17» . fra le donne del governo Monti c’è Paola Severino, neo ministro della giustizia, a cui il quotidiano dedica una ritratto definendola “la stakanovista di viale Arenula, da 14 giorni studia dossier. Unica pausa : il Macbeth”. L’avvocato e pro-rettore della Luiss Paola Severino ricorda di essere «vissuta in una casa in cui i genitori parlavano di diritto mentre conversavano fra loro e di aver scelto di diventare penalista all’età di 7 anni». Dice che «la sua priorità è quella di trovare soluzioni stabili per l’emergenza carceraria e non per l’amnistia che è di competenza del Parlamento». ITALIAOGGI nella nota politica non perde di vista la Lega che è all’opposizione. Cosa ne sarà dell’alleanza con il Pdl. Per Roberto Maroni è finita. Ma Marco Bertoncini guarda oltre l’oggi e scrive: «Se veramente il Pdl volesse serbare l’alleanza non avrebbe altra strada che affossare il governo Monti. L’opposto, cioè che la Lega entri in maggioranza non appartiene al razionale». 

Poco più che l’elenco dei nomi dei 25 sottosegretari su AVVENIRE, con le schedine biografiche del nuovo ministro Filippo Patroni Griffi e dei sottosegretari Grilli (Economia), Ciaccia (Sviluppo) e Martone (Welfare) più la polemica del Pdl sulla nomina di Giampaolo D’Andrea, esponente Pd e sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento, nome politico (pare) non concordato con i partiti. La pagina politica per AVVENIRE è invece dedicata (tanto che sceglie di aprirci la prima pagina) all’appello di Bagnasco per «risanare senza sacrificare le aziende» ma anzi «tutelando le eccellenze produttive», poiché il lavoro «è l’arma contro la crisi». 

 “Nuovo ministro e Grilli vice all’economia” è il titolo in prima de LA STAMPA.  Il commento è affidato all’inossidabile Marcello Sorgi, con il titolo “L’ultimo assalto dei partiti”: «La lunghissima gestazione dei sottosegretari, culminata ieri sera nel parto faticoso di una lista di tecnici senza sorprese eclatanti – a parte la scelta, che ha già generato polemiche, del politico democristiano Giampaolo D’Andrea per i rapporti con il Parlamento -, sta a significare che i problemi, per il professor Monti, non sono solo sul fronte esterno della crisi dell’euro e della crisi economica, ma anche su quello interno dei partiti. Tenuti a bada nel blitz, operato dal Quirinale, con cui il governo tecnico dell’ex-commissario Ue era stato insediato all’inizio del mese al posto del dimissionario Berlusconi, i componenti semiclandestini della maggioranza tripartita di larghe intese su cui l’esecutivo si regge sono andati all’arrembaggio delle superstiti cariche di viceministri e sottosegretari con brame degne di miglior causa. (…) Detto delle prime polemiche levatesi sul nome di D’Andrea, che per chi lo conosce ha tutta l’esperienza e la moderazione dc per farvi fronte senza conseguenze, è facile prevedere che qualche mugugno, dopo quelli già sentiti sul “governo dei banchieri”, si alzerà per la nomina alle Infrastrutture di Mario Ciaccia, proveniente anche lui, come il ministro Passera, da Banca Intesa. (…) Così finalmente, dopo un record di lunghezza, s’è conclusa la battaglia dei sottosegretari. E ammesso che valesse la pena fare una battaglia per questo (per giorni e giorni a Roma, negli ambienti politici e parapolitici non s’è sentito parlare d’altro, ed era frequente ascoltare da autocandidati aspiranti trombati la frase classica “ho preferito sottrarmi”), è caduto anche l’ultimo alibi per contrattare, rallentare, ostacolare l’azione del governo».
   
E inoltre sui giornali di oggi:

MILANO
LA REPUBBLICA – Ampio servizio sulle “prove di pace” fra Boeri e Pisapia. «Capisco che la mancanza di collegialità in una giunta sia un errore. E di questo mi scuso con il sindaco e con i miei colleghi». Le parole che Pisapia si aspetta (forse per questa sera) da parte dell’architetto. Dovrebbe quindi rientrare la rottura, auspici anche i social network sui quali ieri è apparsa una fotografia con i due che si baciano e la richiesta di tornare a essere uniti…

IL MANIFESTO – Richiamo in prima: “La città si risveglia dal sogno arancio Boeri si dimette, a Pisapia la decisione finale” e quasi un’intera pagina, la 4, dedicata ai problemi della giunta milanese con il titolo “A Milano ricambia il vento”. Scrive Luca Fazio «Ci voleva Stefano Boeri. Finalmente si può cominciare a dire (a voce non troppo alta) che la primavera milanese è finita da un pezzo, anche se qui a Milano – almeno quelli che hanno vinto le elezioni – continuano a raccontarcela come se ancora ciabattassimo felici con le infradito arancioni (…)» Nel lungo articolo si parla molto di Expo ma anche del fatto che «(…) le due prime donne della borghesia milanese di sinistra, non solo non si sono mai sopportate, ma hanno anche un’idea diversa della politica e della città (…)». Nella stessa pagina una corposa colonna dà conto dell’ultimo casus belli tra Pisapia e Boeri ovvero il museo di arte contemporanea, mentre a piè di pagina si parla anche del problema smog e della retromarcia di Pisapia che, come recita l’occhiello “rinuncia anche alle targhe alterne” “Smog, scusate avevamo scherzato” titola l’ampio box che si conclude «(…) La luna di miele di Pisapia con i milanesi sembra un ricordo sbiadito: e il “tradimento” sul traffico funge da catalizzatore e fa emergere gli altri problemi, le critiche e i mal di pancia più o meno giustificati che da mesi circondano la nuova giunta».

CONCITA DE GREGORIO 
IL GIORNALE – Fabrizio De Feo firma “Concita svela l’asse Fini-Pd” in cui spiega «sembra un’era geologica fa ma soltanto un anno e mezzo fa, il 28 e il 29 marzo 2010, il centrodestra metteva a segno una clamorosa quanto inattesa vittoria nelle regionali del Lazio. Un successo in controtendenza rispetto alle difficoltà vissute in quel periodo da tutti i governi europei in carica, reso ancora più significativo dall’estromissione della lista del Pdl. Ebbene oggi, a distanza di un anno e mezzo da quella consultazione elettorale all’indomani della quale l’offensiva dei finiani salì ulteriormente di tono fino al tentativo di ribaltone del 14 dicembre, Concita De Gregorio, allora direttore de l’Unità , racconta un retroscena». Secondo la De Gregorio «“Emma Bonino si candidò a Roma per assenza di un candidato dell’opposizione e aveva tutte le possibilità di vincere. Siccome il Pd non sembrava voler sostenere la sua candidatura, io andai da un altissimo dirigente del Pd e gli chiesi se per caso non avessero deciso di non sostenerla” racconta la giornalista. “Se è così, diciamocelo”, gli dissi, altrimenti è ipocrita e inutile fare una battaglia del giornale. L’alto dirigente mi rispose così: “A noi questa volta nel Lazio ci conviene perdere. Perché siccome la Polverini è una candidata di Fini ed è l’unica sua candidata della tornata, se vince, Fini si rafforza all’interno della sua posizione critica nel centrodestra e, finalmente, si convince a mollare Berlusconi e a fare il Terzo polo, insieme a Casini. A quel punto noi avremmo le mani libere per allearci con Fini e Casini e andare al governo”».

CONTRIBUTO DI SOLIDARIETA’
ITALIA OGGI – Il contributo di solidarietà del 3% a carico dei redditi superiori ai 300mila euro sancito dalla manovra di ferragosto si pagherà nel 2012 e sarà subito dedotto. «Un contributo circolare pagamento in unica soluzione  saldo per il 2011 e deducibilità nello stesso periodo d’imposta. Inoltre l’Irpef terrà conto di questo versamento. Tanto che il quotidiano annuncia: «il fatto legato alla deducibilità del contributo possa rappresentare anche una riduzione del saldo complessivamente dovuto per il periodo d’imposta 2011 facendo acquisire quella riduzione dell’acconto che in linea di principio sarebbe solo temporanea, come vantaggio definitivamente acquisito».

BURUNDI
AVVENIRE – Il primo piano è dedicato alla suora croata, Lukrecija Mamic e al volontario italiano, Francesco Bazzani, uccisi ieri i Burundi. Bazzani aveva 59 anni, era un odontotecnico in pensione da 2009 e aveva deciso di dedicare la sua vita agli altri. Coordinava un ospedale gestito dall’associazione Ascom, dove lavorano ancora un altro volontario, la dottoressa Lucilla Volta, dentista e altre sei dottoresse volontarie. Fanno 11mila ricoveri l’anno e 70mila accessi al pronto soccorso. «Non ci fermeremo». 

SCUOLA
LA STAMPA – “La scuola media bocciata a tutti gli esami”. «La scuola media esce a pezzi dall’analisi della Fondazione Agnelli. Il rapporto del 2011 è tutto dedicato al ciclo intermedio dell’istruzione: 160 pagine di numeri e analisi che descrivono un fallimento. (…) I professori potrebbero essere i nonni dei loro alunni. Se i docenti italiani sono già i più anziani all’interno dell’Ocse, quelli delle scuole medie detengono il primato assoluto: sono più vecchi persino di quelli delle scuole elementari e superiori italiane, età media dei prof di ruolo di oltre 52 anni, e una loro concentrazione soprattutto nella fascia fra i 58 e i 60 anni. Nessun insegnante di ruolo ha meno di 35 anni. E comunque trovarne è una vera rarità: oggi si diventa di ruolo a oltre 40 anni, il doppio rispetto a quello che avveniva all’inizio degli Anni Settanta. Quel che più lascia sbigottiti è che i meno soddisfatti della propria formazione sono proprio loro, i prof. Le tecnologie? Il 46% ritiene inadeguata, o poco adeguata, la propria preparazione contro il 39% degli insegnanti delle elementari e il 43% di quelli delle superiori. La multiculturalità? Non ne parliamo: il 44% dei prof delle medie si ritiene non all’altezza rispetto al 27% delle elementari e il 43% delle superiori. Persino per comunicare con i genitori il 47% ritiene di non avere gli strumenti necessari invece del 30% delle elementari e del 45% delle superiori. Stesso discorso per la gestione della classe: il 39% non si ritiene preparato a sufficienza contro il 21% delle elementari e il 36% delle superiori. Come sintetizza il Rapporto, sono «poco attrezzati per affrontare i profondi cambiamenti che interessano gli studenti preadolescenti e l’organizzazione scolastica».

GIOVANI
AVVENIRE – Davide Rondoni nel suo editoriale lancia l’allarme sull’aumento dei tentativi di suicidio tra i giovanissimi, nelle regioni più ricche d’Italia. È «l’altra crisi, che non asciuga i conti in banca ma – ed è peggio – asciuga le lacrime». Dati non ce ne sono, ma l’attenzione degli operatori è altissima. Il fenomeno c’è sempre stato, purtroppo, ma che aumenti in un’epoca in cui sembriamo dotati di un’«attenzione fino nauseante» alla tutela dei nostri ragazzi, «è uno scandalo che portiamo scritto in qualcosa di più importante dei nostri bilanci».


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