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Politica & Istituzioni

Verso l’Eurogermania?

Accordo sul debito, norme più rigide per 25 Paesi dell'Ue

di Franco Bomprezzi

L’Unione Europea trova un accordo a 25, si chiamano fuori Gran Bretagna e Repubblica Ceca: si chiama “fiscal compact”, e in sostanza obbliga gli stati aderenti a rientrare dal debito pubblico entro misure accettabili. Un successo anche diplomatico per Mario Monti, anche se nello stesso giorno Moody’s liquida la manovra del nostro governo come recessiva, e la preoccupazione di come rilanciare lavoro e sviluppo, in realtà, è comune a tutti i Paesi europei. I giornali dedicano ampio spazio al tema.

“Intesa a 25 sul nuovo Patto Ue” titola in apertura il CORRIERE DELLA SERA e aggiunge: “Monti soddisfatto: ottenuto quanto auspicavamo”. Le prime cinque pagine dedicate a cronaca e approfondimenti. Sempre in prima parte l’analisi di Federico Fubini: “Le condizioni di Berlino ai partner”, che si conclude a pagina 3. Ecco un passaggio: “La Germania è in surplus. Ma all’Italia, settori pubblico e privato insieme, servono flussi netti di credito dall’estero per circa 50 miliardi di euro l’anno per mantenere il proprio (modesto) tenore di consumi. Se il sistema finanziario europeo si frammentasse in 17 pezzi, l’Unione monetaria non potrebbe più tenere per molto tempo. Per ora la Bce supplisce facendo esplodere il proprio bilancio da 1.300 a 3.000 miliardi di euro e distribuendo denaro a tutti, ma alla lunga solo il progetto eurobond può riattivare la circolazione. Alle condizioni, beninteso, che ieri la Germania ha ottenuto a Bruxelles”. A pagina 2 Ivo Caizzi fa la cronaca del vertice di ieri: “ «25 Paesi hanno approvato il Trattato sui bilanci», ha annunciato il presidente stabile del Consiglio dei 27 capi di Stato e di governo dell’Ue, il belga Herman Van Rompuy. Il premier Mario Monti ha aggiunto che la firma avverrà nel vertice di marzo. Dopo sette ore di trattative, nel summit a Bruxelles, è così passato il patto di maggiore disciplina di bilancio, detto «fiscal compact». 
Il precedente vertice dei capi di governo aveva concordato di vararlo con l’autoesclusione della Gran Bretagna. Ieri si è aggiunto il no della Repubblica Ceca, esterna alla zona euro come il Regno Unito. I 25 Paesi membri ora si impegnano a inserire nella Costituzione la «regola d’oro» dell’obbligo di pareggio di bilancio (con possibilità di sfondamento entro lo 0,5% del Pil) e a ridurre il debito al 60% del Pil in 20 anni con sconti in base agli «altri fattori rilevanti» (debito privato, sostenibilità del sistema pensionistico, ecc). Monti ha definito l’impegno sul debito «assolutamente sostenibile» per l’Italia. Due vertici annui dell’eurozona potenzieranno tutto il processo. La Polonia ha ottenuto di essere ammessa, insieme ad altri partner esterni alla moneta unica, quando si discuterà di competitività e di altri argomenti specifici”. Marco Galluzzo a pagina 3 racconta la soddisfazione del premier italiano: “Monti: ottenuto quello che volevamo”. Ma è Danilo Taino, nell’approfondimento di pagina 5 del CORRIERE, a guidarci nella comprensione di quanto è stato deciso: “Debiti e sanzioni, le regole salva Euro”. Scrive Taino, dopo aver sottolineato che l’accordo è in pratica una vittoria della Merkel: “Il nuovo trattato, conosciuto come Fiscal compact, prevede una serie di regole finalizzate a dare maggiore stabilità finanziaria all’eurozona. Innanzitutto, stabilisce la cosiddetta regola aurea: «La posizione del bilancio allargato dello Stato sarà in parità (considerata tale con un deficit massimo pari allo 0,5% del Pil, ndr) o in surplus», con eccezioni ammissibili solo per cause gravi ed esterne al controllo del Paese interessato o per economie con un debito pubblico significativamente inferiore al 60% del Prodotto interno lordo (Pil). La regola aurea dovrà essere introdotta rapidamente nelle legislazioni nazionali attraverso «leggi ineludibili e permanenti, preferibilmente costituzionali». Per quel che riguarda il debito pubblico, i Paesi che firmano il trattato si impegnano a ridurlo ogni anno sulla base di un benchmark pari a un ventesimo della parte di debito che eccede il 60% del Pil. Qui è dove Monti ha ottenuto un risultato non da poco”. Ma poi aggiunge: “Frau Merkel torna dunque a Berlino con una bandiera da sventolare: le servirà per dare assicurazioni ai membri della sua coalizione di governo, che vogliono garanzie di stabilità «alla tedesca» per l’area euro in cambio di altri aiuti da mettere sul tavolo per alzare muri difensivi contro l’allargarsi della crisi sui mercati. Il trattato, però, piace a pochi Paesi che lo hanno accettato più per forza che per amore”. 

LA REPUBBLICA apre sul fisco (“Evasione, ecco il piano di primavera”) e riferisce sul patto di bilancio Ue a pagina 10. “Unione fiscale, intesa nella Ue Monti: il salva-Stati a noi non serve”. Un patto a 25 (fuori Gran Bretagna e Repubblica Ceca) che stabilisce nuove norme di rigore sui conti pubblici e il debito dei Paesi membri. Che sposano come “regola d’oro” il pareggio di bilancio, accettano di inserire l’obbligo dell’equilibrio dei conti nelle Costituzioni nazionali o in leggi equivalenti e si impegnano a fare scattare sanzioni semi-automatiche in caso di violazione (il disavanzo massimo è stabilito allo 0,5% poi scattano le sanzioni). I paesi che hanno un debito superiore al tetto fissato da Maastricht del 60% sul Pil si sono impegnano inoltre ad un piano di rientro pari ad 1/20 l’anno, tenendo però conto – come voluto dall’Italia – dei fattori attenuanti già previsti dal pacchetto di disposizioni sulla nuova governance economica. Inoltre, come puntualizza il dossier in appoggio, i fondi strutturali non utilizzati saranno usati per rilanciare l’economia e le politiche economiche saranno oggetto di vertici costanti. Il trattato sarà firmato il 1 gennaio 2013. infine l’analisi di Andrea Bonanni: “Stop della Merkel alla rete di protezione la mossa anti-speculazione slitta a marzo”. «Ieri i capi di governo europei hanno fornito uno strumento giuridico in difesa dell’euro a mercati che aspettavano uno strumento finanziario», sottolinea Bonanni: l’argine da opporre alla speculazione arriverà solo a marzo (quando si saprà quale sarà la capacità di intervento del fondo salva Stati). Fino ad allora l’onere di difendere euro e banche toccherà alla Bce. «Non che il Trattato sulla governance dell’Unione monetaria sia solo un pezzo di carta privo di valore. Esso costringerà i Paesi meno virtuosi a garantire un percorso di risanamento dei conti pubblici». Ma il limite di fondo è la persuasione che basti avere paesi con i conti a posto per difendere automaticamente l’euro. C’è poi sempre il pericolo di una spirale recessiva. Come è avvenuto in Grecia e come potrebbe accadere in Italia secondo l’agenzia Moody’s.

IL GIORNALE dedica due pagine alle questioni estere. Francesco Cramer firma “Intesa sul bilancio Ue. Ma il prof a Bruxelles strappa solo promesse”. «Sul fiscal compact passa la linea dura della Merkel. Si sfila anche Praga. Monti: non utilizzeremo il fondo» è il sommario. Nella pagina a fianco Rodolfo Pairetti firma invece “Con la cura Monti Italia in recessione” sottolineando nel sommario «lo stima Moody’s: dopo il decreto del nuovo govenro, Pil 2012 a -1% e più disoccupati”.

“Cavoletti di Bruxelles” questo il titolo scelto da IL MANIFESTO per raccontare il vertice europeo e per illustrare l’evento sceglie la foto della manifestazione dello sciopero generale belga. “Accolto da uno sciopero generale che paralizza il Belgio, il vertice europeo discute di ripresa e occupazione. Vicina l’intesa sul patto di bilancio. Ma la crisi non accenna a migliorare: la Francia è costretta a dimezzare le stime sulla crescita, la Spagna ha una disoccupazione record, la Grecia è allo stremo e il Portogallo è sull’orlo del crac. Moody’s boccia il decreto salva-Italia: «Farà calare il Pil»” riassume il sommario che rinvia alle pagine 2 e 3. Mentre altri due richiami puntano ad altrettanti articoli dedicati in particolare al summit “Recessione e lavoro gli spettri d’Europa” e al “prossimo crack” ovvero “Lisbona a tutto spread verso il default”. Pagina 2 si apre con “Euronervi a fior di pelle” ovvero “Il Consiglio mette mano all’ultima stesura del trattato della discordia, che impone la disciplina di ferro sui bilanci pretesa dalla Germania. Repubblica ceca e Polonia minacciano di non ratificarlo”. Nell’articolo la prima parte è dedicata all’allarme occupazione: «(…) e se ne sono accorti anche nelle varie capitali: in Europa la disoccupazione  è complessivamente al 9,8%, una cifra storica, ma per i giovani siamo a una media del 22% con 15 paesi al di sopra di questa percentuale (tra cui la Francia) e otto paesi, (Italia insieme a Spagna, Grecia, Irlanda, Lettonia, Lituania, Portogallo e Slovacchia) che superano il 30% (il record è spagnolo con il 45%). E la recessione minaccia l’Europa (…)». In un box sempre a pagina 2 occhi puntati sulla Francia dove “Il presidente lancia la Tobin tax” come ricorda l’occhiello, mentre il titolo recita “Ossessione tedesca, metodo Berlusconi Sarkò si candida ma il Paese non lo sa” mentre il sommario spiega “Nel discorso a reti unificate anche la possibilità di aumentare del 30% la superficie delle abitazioni, dalle villette ai condomini”. A pagina si fa un giro di orizzonte con la fascia grigia in testa alla pagina dedicata ai “Piigs”: “La cancelliera tedesca chiede il commissariamento di Atene, ma scoppia la polemica. Disoccupazione e pil: Madrid rischia. Il Portogallo verso il baratro” e in pagina si parla appunto di Spagna, Grecia, Portogallo e in un colonnino del debito pubblico italiano. 

“Accordo Ue sui vincoli di bilancio”, titola in apertura IL SOLE 24 ORE di oggi.  A pagina 12 un utile “dizionario” con le parole della nuova Europa, che spiega nel dettaglio le decisioni prese. «Tutti come la Germania. Con il Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance dell’Unione europea, la regola del pareggio in bilancio diventa obbligatoria per ognuno dei Paesi dell’Eurozona. Gli Stati avranno un anno di tempo dall’entrata in vigore del testo per recepirla nei rispettivi ordinamenti nazionali. Cade l’obbligo di inserirla direttamente in Costituzione, anche se questa resta la scelta raccomandata (ed esplicitamente suggerita dal Trattato). Dovrà però trattarsi di una norma perlomeno “quasi” costituzionale, visto che dovrà avere carattere non solo vincolante, ma anche «permanente». E dovrà essere accompagnata da un meccanismo automatico di correzione dei conti in caso di sforamento dal pareggio. Sul rispetto di questa disposizione, tutti sorveglieranno tutti: se uno Stato contraente non dovesse adeguarsi, potrà essere portato davanti alla Corte di Giustizia Ue da qualsiasi altro partner. È solo una delle nuove regole dell’architettura comunitaria che entrerà in vigore il 1° gennaio del 2013 o non appena 12 Stati membri dell’Eurozona avranno ratificato il testo sul quale ieri è stato raggiunto l’accordo politico a Bruxelles. La firma arriverà all’inizio del mese prossimo. Nel vertice di ieri, i leader europei hanno discusso anche del Trattato che disciplina il nuovo fondo salva-Stati (sarà ratificato dai 17 Paesi dell’euro), l’Esm, che entrerà in vigore a luglio». Il commento è affidato a Carlo Bastasin sotto il titolo “Un primo passo che ci rafforza”: «Il nuovo Trattato fiscale varato ieri al Consiglio Ue contiene le regole restrittive destinate a pesare sull’Italia più che su qualunque altro Paese, ma senza i temuti fanatismi sanzionatori. Come era già previsto negli accordi del marzo 2011, Roma dovrà tagliare ogni anno di un ventesimo l’alto debito pubblico eccedente il 60% del Pil. Le attenuazioni della regola sono un po’ nascoste nel richiamo a norme precedenti che, se ben interpretate, contemplano circostanze di deroga. Quella più sensata è indicata in un paragrafo dello stesso testo discusso ieri e si riferisce a recessioni gravi, come quella in corso. Il Trattato, d’altronde, entrerà in vigore dal prossimo anno. Per fortuna, non da subito. L’Italia dunque ha tempo dodici mesi per uscire, oltre che dalla recessione, dalla condizione di bassa crescita che renderebbe insostenibile un taglio del 3% ogni anno del debito pubblico. Solo un tasso di sviluppo stabilmente elevato è compatibile con la permanenza nell’area euro».

«Bene così», titola sulla prima pagina di AVVENIRE l’editoriale a firma del direttore Marco Tarquini. L’apertura è dedicata ai «tagli a palazzo», con la sforbiciata di 1300 euro lordi al mese per i deputati (di cui non di dice però che è una rinuncia all’aumento, non un vero taglio): «certo, ci sarà chi non si accontenterà […] ma il messaggio è serio, chiaro, forte. Ed è arrivato. Bene così, avanti così». L’analisi dell’accordo sulla disciplina di bilancio raggiunto ieri a Bruxelles da 25 Stati (oltre a Londra alla fine anche la Repubblica Ceca non ha firmato) sottolinea che la disciplina di bilancio dovrà sì essere «scolpita nella pietra», ma che allo stesso tempo si sa che «occorre fare di più per superare la crisi». Vista la difficoltà della chiusura dell’accordo, più complessa del previsto, appare quindi eccessivamente ottimista la dichiarazione di Mario Draghi, presidente della Bce: «un passo avanti verso un’unione fiscale che rafforzerà l’euro». Per José Manuel Barroso, presidente della Commissione europea, «se non siamo in grado di crescere tutto il sacrificio del consolidamento fiscale non avrà successo e avremo da affrontare conseguenze non solo politiche ma anche sociali». Prima arma, le «squadre nazionali speciali» contro la disoccupazione giovanile, che entro aprile dovranno presentare piani mirati. Per l’Italia in arrivo 3,67 miliardi di euro nel fondo sociale e 4,32 nel fondo regionale di sviluppo. 

“Europa, sì al patto sui bilanci” titola in apertura LA STAMPA che nel catenaccio precisa “Il vincolo di pareggi entra nelle Costituzioni. Si sfila solo Praga”, mentre l’occhiello “Intesa anche sul documento per la crescita. Monti: accolti nostri auspici. Moody’s: il salva-Italia affonderà il Pil”, sei le pagine dedicate al vertice europeo (dalla 2 alla 7), mentre Franco Bruni firma in prima il commento “Non basta un successo parziale” in cui si legge: « Il vertice di Bruxelles di ieri sera ha cercato di raggiungere tre obiettivi: il rafforzamento della disciplina comunitaria dei bilanci pubblici, (…); il rilancio di politiche comunitarie di crescita, che si affianchino alla disciplina di bilancio e ne contengano gli effetti depressivi di breve periodo; l’istituzione di un fondo salva-Stati permanente (…) L’ intervento dell’Italia è stato determinante per evitare clausole del patto formulate con severità controproducente» e ancora: « Ma i tasti da toccare, per rafforzare durevolmente la stabilità finanziaria europea, sono anche altri. Innanzitutto tutti i Paesi devono mostrare una volontà nazionale, interna e indipendente dagli obblighi comunitari, dai diktat del «podestà forestiero», di aggiustare i loro squilibri e fare riforme strutturali importanti. (…)» per concludere «(…) Nel complesso non c’è ragione di pensare che l’Europa non ce la farà, ma il vertice di ieri non ha ancora tolto l’impressione di disordine che dà il governo dell’economia e della finanza europea. Il Consiglio di marzo avrà modo di migliorare». A pagina 3 il “retroscena” è intitolato “Bruxelles accoglie le richieste italiane è l’ora di “Merkonti””, come spiega il sommario “Il premier riesce a limitare i danni sul fronte del debito Ma la vittoria più importante è l’agenda per lo sviluppo”. Infine, a pagina 7 un dossier sul nuovo patto europeo presenta le linee guida che vanno dalla “regola d’oro” in Costituzione alle sanzioni automatiche ma anche al limite del debito «sopra il 60% scatta la forbice».

E inoltre sui giornali di oggi:

EVASIONE
L A REPUBBLICA – “Ecco il piano anti evasione in primavera maxi controlli sulle dichiarazioni di redditi”. Lunga intervista ad Attilio Befera, direttore dell’Agenzia delle Entrate, che annuncia nuove verifiche sistematiche delle dichiarazioni prossime. E ammonisce: dalla fine dell’anno scorso nuova fuga di massa di capitali verso la Svizzera. «Ormai siamo in grado di verificare la posizione di tutti i contribuenti. Dopo le dichiarazioni dei redditi di giugno scatterà un’operazione di controlli “massivi”. La vera lotta agli evasori può cominciare davvero».

MANOVRA
IL MANIFESTO – Richiamo in prima per la riforma del lavoro e la manovra del governo Monti. Gli articoli sono a pagina 5 con l’apertura sulle “nuove indiscrezioni sul tavolo che si riapre domani: riemerge la proposta Ichino” come spiega l’occhiello con il titolo che avverte “Monti non molla: via l’art. 18”, di spalla il corsivo di Loris Campetti “La sabbia nell’ingranaggio? È la democrazia” che è una risposta all’articolo di Scalfari su Repubblica di domenica e si conclude: “A Scalfari si potrebbe suggerire una chiave di lettura opposta: quando si pretende di scambiare il lavoro con i diritti non si penalizzano soltanto quei lavoratori (oggi neoassunti, domani tutti) ma la democrazia”. Di taglio centrale l’intervento di Gabriele Pastrello dal titolo “Il governo e un’economia senza motore”. Nel sommario si spiega “Per non fare come Brüning, Monti dovrebbe pensare come Keynes. E favorire un ampliamento dei consumi di massa”, Brüning è il penultimo cancelliere tedesco prima di Hitler che, ricorda l’articolo: «(…)ne facilitò l’ascesa con una politica fiscale di tagli nel pieno della Grande Depressione. Ma Monti lo sa? Forse lo sospetta (…)»  si legge “(..) È ora di finirla con i tabù degli sgravi fiscali. Pochi soldi a tutti non garantiscono una ripresa. Invece la ripresa garantisce qualcosa a tutti (…)” e conclude: «(…) Se non vorrà assomigliare troppo a Brüning, sarà meglio che il presidente Monti metta da parte Einaudi, che non aveva capito nulla della Grande Depressione: parola di Giovanni Agnelli, il nonno dell’Avvocato. E che magari si rilegga il Keynes delle politiche contro la “flessibilità” degli anni Trenta».

PIANO ANTICORRUZIONE
ITALIA OGGI – Il quotidiano mette in evidenza i lavori della commissione anti-corruzione. «Premi ai dipendenti pubblici che denunciano episodi di corruzione nel p.a. Redditi dei politici, non solo nazionali ma anche locali ai raggi X. Le singole amministrazioni dovranno predisporre piani di prevenzione  individuando i settori più esposti al rischio corruttivo. Il ministro Patroni Griffi ha incaricato un pool di esperti di formulare proposte per rivitalizzare il disegno di legge anti-corruzione varato dal governo Berlusconi, ma impantanato da mesi alla Camera». Per quanto riguarda il capitolo trasparenza, ITALIA OGGI scrive: « dovrà esser intesa come accessibilità totale   a vantaggio dei cittadini».

RIFUGIATI
AVVENIRE – Bel reportage sul lavoro della rete Nirast, un network di dieci centri in Italia coordinato dall’ospedale San Giovanni-Addolorata di Roma che prende in carico i rifugiati e i richiedenti asilo che hanno subito torture. Il progetto è nato nel 2007 ed è all’avanguardia: risponde infatti a una direttiva europea recepita finora solo da Svezia, Danimarca, Germania e Regno Unito. Sui 400mila rifugiati presenti in Europa che hanno subito torture, solo uno su 20 ha avuto accesso a cure adeguate. Nel 2011 il Nirast ha preso in carico 559 persone e effettuato 3589 visite. Ma c’è il rischio chiusura, per via dei tagli alla sanità. 
 
ERASMUS
LA STAMPA – Richiamo in prima “Generazione Erasmus. I primi 25 anni” e due pagine (la 14 e la 15) che si aprono con il titolo “Progetto Erasmus i 25 anni che hanno fatto gli europei” l’occasione del dossier de LA STAMPA la celebrazione ieri dell’anniversario del programma di scambi che come ricorda il sommario “Ha dato un’identità comune ai giovani di tre generazioni”. A poè di pagina tre esperienza da quella di Anna Maria Bernini che andò a Madrid nel 1989, ad Andrea Soria (Parigi 2002) a Ilaria Magliano (Valencia 2011). A pagina 15 un grafico con dati e statistiche illustra i flussi degli studenti: in uscita gli italiani scelgono nell’ordine Spagna (34,7%), Francia (16,1%), Germania (9,6), Inghilterra (7,3%) e Portogallo (5%) e in entrate, da dove vengono gli studenti stranieri che arrivano in Italia, anche qui primi gli spagnoli (37,3%) seguiti da francesi, tedeschi, polacchi e portoghesi. Si guarda anche la futuro con l’articolo “È ora di passare alla fase due: quella del lavoro” e nel sommario si osserva che per il futuro occorre “Formazione continua per tute le età e per gli imprenditori”.


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