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Welfare & Lavoro

Lavoro, gioventù bruciata?

Sotto i 24 anni uno su tre è disoccupato, e il futuro è nero

di Franco Bomprezzi

Un giovane su tre in Italia è senza lavoro, e, con gli attuali dati economici a disposizione, non ha molte possibilità di trovarlo. L’emergenza occupazione è il tema del giorno, su quasi tutti i quotidiani (curiosa eccezione: IL GIORNALE, che alle notizie sui dati della disoccupazione non dedica una riga).

“Lavoro, i numeri dell’emergenza”: apre così, oggi, il CORRIERE DELLA SERA. I servizi e gli approfondimenti nelle prime dieci pagine. “Giovani, disoccupazione record” a pagina 2. I dati Istat: “Tra novembre e dicembre il livello degli occupati in Italia è rimasto sostanzialmente invariato. Ma rispetto allo scorso anno, diminuisce dello 0,1 per cento: concretamente, di 221 mila unità. Cala l’occupazione maschile, che tocca i valori minimi dal ’99, perdendo lo 0,4 su base annua. A parziale consolazione, c’è il lieve aumento dell’occupazione femminile, dello 0,3 per cento. A preoccupare è anche, e soprattutto, il dato che riguarda i giovani tra i 15 e i 24 anni: il tasso di disoccupazione è in calo di 0,2 punti rispetto a novembre, ma in aumento di tre punti rispetto allo scorso anno, raggiungendo quota 31. Per fare un raffronto e intuire la gravità del fenomeno, nel 2007 il tasso oscillava tra il 19 e il 21 per cento. Per valutare le dimensioni del fenomeno su basi territoriali ci sono i dati della Cgia di Mestre, che individuano nella Campania la regione con il tasso di disoccupazione più alto tra i giovani: 44,2 per cento. Ma correggendo il dato in considerazione dell’incremento degli inattivi (cioè di chi ha rinunciato a cercare lavoro), il tasso reale di marginalità arriva al 51,10 per cento”. Maurizio Ferrera a pagina 3 illustra le meraviglie del modello tedesco: “Così la Germania (con le riforme) ha centrato il suo miracolo”. A pagina 4 la trattativa sul lavoro con il ministro Fornero. Interessante il pezzo di taglio: “Lavoro, un documento comune. L’ira dei commercianti: esclusi”. Scrive Antonella Baccaro: “Un preaccordo da portare al tavolo con il governo domani, nel secondo incontro sulla riforma del mercato del lavoro, coordinato dal ministro del Lavoro, Elsa Fornero. A questo puntano Confindustria, Cgil, Cisl e Uil, nel vertice che si terrà alle 9,30 nella sede degli industriali e che, in un primo momento, sembrava dover includere Rete Imprese Italia (che rappresenta commercianti e artigiani) e Abi (per il sistema bancario). L’esclusione, che pare proprio preordinata a eliminare eventuali motivi di frizione, avrebbe mandato su tutte le furie i commercianti, titolari di uno dei contratti collettivi più importanti, che coinvolge 3 milioni di lavoratori. Il timore delle piccole imprese ora è che Confindustria e i sindacati impongano loro di contribuire in misura maggiore al finanziamento degli ammortizzatori sociali, in particolare della cassa in deroga, cui il settore sostiene di aver versato 7 milioni di euro a fronte dei 335 milioni utilizzati. Ma Rete Imprese Italia, e in particolare i commercianti, promettono battaglia, puntando a dimostrare, ad esempio, che i versamenti in Inps e Inail per malattia sopravanzano l’utilizzo da parte dei lavoratori. La strategia, al tavolo con il governo, sarà anche quella di dimostrare il contributo del terziario alla creazione di occupazione nell’ultimo decennio: 900 mila posti di lavoro a fronte di 350 mila lavoratori in meno nell’industria. Altri strali sono pronti contro il pubblico impiego, reo di alimentare il precariato”.

LA REPUBBLICA continua a battere sull’emergenza fiscale (“Nuovo redditometro anti-evasione”) ma nel sommario riferisce: “Disoccupati record, oltre 2,2 milioni. Ecco il piano Ue per il lavoro”. All’interno dopo un dossier sulla disoccupazione (con i dati percentuali e l’identikit del senza lavoro: giovane, donna e al Sud), un approfondimento di Alberto D’Argenio su “Task force e fondi strutturali il piano contro la disoccupazione Lavoro e studenti senza frontiere”. Il tasso di disoccupati preoccupa anche in Europa, non solo in Italia: in Ue non trovano lavoro 23,8 milioni di persone, solo nella zona euro un lavoratore su dieci è disoccupato (16,5 milioni di persone). Si capisce che lunedì il summit di Bruxelles abbia approvato un piano per la crescita dell’occupazione. Bisognerà vedere come i singoli governi declineranno le iniziative comunitarie. «Si va nella direzione di una maggiore integrazione europea e dell’abbattimento delle barriere nazionali». Barroso intanto ha sbloccato 82 miliardi, 8 dei quali per l’Italia. Ai primi di febbraio a Roma e in altre 7 capitali arriverà una task force Ue per aiutare i governi a usare i fondi e stilare un piano per creare posti di lavoro. Fra le direzioni in cui lavorare la green economy, il costo del lavoro; più mobilità in Europa da parte dei lavoratori (verso il mercato unico e la “carta professionale europea”, un passaporto comunitario delle competenze); più accesso al credito per le imprese e passaporto Ue per le aziende che potranno così chiedere finanziamenti in tutta Europa spuntando condizioni migliori. Nella strategia per la crescita anche il digitale e nuove norme sulla proprietà intellettuale e la pirateria. L’analisi è di Barbara Spinelli (“Perché i vecchi ci fanno paura”): nel 2030, i vecchi saranno il doppio dei bambini. «Tutto questo accadrà non in un domani lontano, ma fra poco. Sarà una crisi di civiltà… una mutazione antropologica», ma «la mutazione fin d’ora la viviamo come disagio della civiltà, ma non a causa di questi numeri: a causa delle parole che usiamo per interpretarli, commentarli»: «a forza di considerare gli anziani un flagello, verrà il tempo (magari già inizia) in cui converrà sbarazzarsene. Costano troppo alla comunità, con tutti i farmaci che prendono, gli arnesi di cui necessitano. E chi pagherà se i giovani continuano a vivere vite precarie, impossibilitati anche numericamente a versar contributi per la spesa sanitaria di cui l’alta vecchiaia abbisogna»?

 “Il 31% dei giovani è senza lavoro: la disoccupazione italiana cresce di tre punti rispetto a un anno fa. La ministra Fornero: «È la mia principale preoccupazione». Ma oggi incontrerà i sindacati per discutere di art.18 e flessibilità. La Ue: «Un dato inaccettabile». Ma insiste sull’austerity” riassume nel sommario che rinvia alle pagine 2  e 3 IL MANIFESTO che apre con il titolo “Disoccupy Italia”. Sui problemi del lavoro che non c’è si parla anche nell’editoriale di Mario Pianta “Non è che l’inizio” dedicato al patto fiscale di Bruxelles. Si legge “(…) I dati di ieri sulla disoccupazione record in Italia non sono che l’inizio di un bollettino di guerra che potrebbe arrivare a oltre 800mila posti di lavoro perduti. È la misura del rischio della grande depressione provocata dalla “dottrina tedesca” (…)». Pagina 2 si apre con il titolo “Disoccupati record giovani al 31%”  e nel sommario si riassume “Oltre 2,2 milioni di persone non hanno un impiego. Senza la cassa integrazione sarebbero già 3 milioni. Perdono il posto soprattutto i maschi. I contratti precari hanno peggiorato la situazione tra i 15 e i 24 anni”. Fulminante l’inizio dell’articolo «Non va. E andrà peggio. L’occupazione in Europa è inchiodata e a pagare il prezzo più alto sono soprattutto gli uomini e i giovani (…)» Si presentano poi i dati e le percentuali di alcuni paesi europei come Francia, Grecia, Spagna e Cipro oltre naturalmente all’ampia analisi sui numeri italiani. 

IL SOLE 24 ORE titola “Disoccupato un giovane su tre” in apertura di giornale e affida l’editoriale ad Alberto Orioli, sotto il titolo “mai più lavori affidati al fato”: «Fino a quando il semplice nascere in un comune o in un altro segnerà il destino lavorativo di centinaia di migliaia di giovani italiani ciò significa che il mercato del lavoro in Italia non funziona, semplicemente perché non è stato in grado di sostituire l’ineluttabilità del fato o di governare i capricci del caso. Né tantomeno funzionano le protezioni, le tutele, le garanzie, gli incentivi che finora hanno creato, tra mille frastuoni ideologici, soltanto due Italie sempre più lontane: una al Nord dove i senza lavoro sono relativamente pochi e, comunque, entro un tasso fisiologico e una al Sud, dove i giovani senza impiego e senza sbocchi sono il 50%, ma anche il 60% in alcune zone. La doppia Italia, poi, si specchia anche nelle due realtà di uomini e donne: i maschi lavorano al 67,1%, le donne molto al di sotto, al 46,8 per cento. Se poi i due squilibri si uniscono si hanno donne condannate a una vita senza speranza lavorativa perché nate nel Mezzogiorno. La protezione dell’articolo 18, per questi mondi, è un’eco lontana. Quella norma diventata simbolo non ha mai creato lavoro, semmai ha contribuito a indurre forme di iperflessibilità pagata dalle ultime generazioni come prezzo delle garanzie delle generazioni precedenti. (…) Resta il fatto che le regole del lavoro nulla possono se non si creano occasioni vere d’impiego: per questo è fondamentale recuperare anche una politica industriale ambiziosa: l’agenda digitale e le infrastrutture rifinanziate di recente vanno in questa direzione. Altro si può fare ancora. Con la consapevolezza che per creare lavoratori servono datori di lavoro».

ITALIA OGGI dedica spazio alla disoccupazione solo nelle ultima pagina. “Crescono i disoccupati in Italia” è il titolo del pezzo senza firma che sottolinea nel sommario «nel 2011 saliti all’8,9%. Giovani: lieve calo, ma al 31%». Anche l’occhiello merita attenzione, «peggio l’Eurozona che a fine anno ha registrato il 10,4%. Bene solo la Germania (6,7%)». 

“Emergenza lavoro – disoccupati record dal 2004. Senza posto il 31% dei giovani” è la secca apertura di AVVENIRE di oggi. Sul tema a pag 2 il commento di Francesco Riccardi (“Messaggio all’Europa sul lavoro: la soluzione per i giovani è già scritta”. Per Riccardi la chiave di volta si chiama apprendistato. Leggiamo: «La risposta, allora, è assai più vicina di quanto non si creda e si chiama «apprendistato», nelle sue tre forme di alta formazione, professionalizzante e per il completamento del diritto-dovere all’istruzione. Un contratto insieme “flessibile”, perché può essere rescisso alla fine dei primi 3 anni (ma con penalizzazioni economiche); “tutelato”, perché a tempo indeterminato e ricco di ore di formazione; “agevolato”, grazie al forte sconto previsto sui contributi. Non per caso proprio sull’apprendistato – assieme a una migliore istruzione tecnica – ha da tempo puntato la Germania. Col risultato di essere oggi l’eccezione positiva dell’Europa con i due tassi di disoccupazione – 7,8% quello giovanile, 5,5% il generale – che non solo sono tra i più bassi del continente ma soprattutto tendono a coincidere». 

«Emergenza lavoro. Monti: i fondi Ue per aiutare i giovani»: è il titolo della STAMPA che con un pezzo di Mario Zatterin da Bruxelles spiga il piano del Premier. Scrive: «I fondi Ue non spesi sono una gran risorsa, cifre importanti, 8 miliardi per l’Italia, 10,7 per la Spagna, 17,5 per la Polonia. Restano fermi per inerzia o incapacità. Per questo l’amministrazione centrale ha deciso di mettersi al fianco delle regioni e la Commissione intende fare altrettanto. E’ necessario spendere. E bisogna farlo perché la disoccupazione non uccida un’intera generazione». In che modo? «La novità sono i mediatici Action Team, che fa molto pupazzi Action Men, ma non importa, i supereroi danno speranza. La squadra avrà un capo designato dalla presidenza del consiglio e sarà composta da autorità nazionali competenti per i fondi, oltre che un’analoga delegazione Ue. In febbraio il Team effettuerà una visita di 1-2 giorni a Roma per individuare i necessari elementi di un piano occupazionale giovanile. Si lavorerà anche ai programmi di sostegno per le piccole e medie imprese. In entrambi i casi si “accelereranno o riorienteranno” i fondi, prendendoli da altri programmi nazionali o da poste europee».  L’editoriale è affidato a Irene Tinagli che lega la questione del lavoro giovanile alla rimozione del “dogma” dell’articolo 18. «La convergenza di interessi tra sindacato e industria su alcuni temi chiave della riforma dà un’idea abbastanza chiara delle cause dell’ingessamento della nostra economia e dell’incapacità di buona parte del nostro sistema produttivo di aprirsi ai giovani così come alle nuove tecnologie e all’occupazione». Insomma, La Stampa della Fiat sposa la riforma Fornero.
  
E inoltre sui giornali di oggi:

AGENZIA PER IL TERZO SETTORE
AVVENIRE – Il quotidiano della Cei dedica l’intera pagina 8 alla sollevazione delle associazioni contro la chiusura dell’Agenzia per il terzo settore. Oltre alle voci delle associazioni nel pezzo parlano il presidente in uscita Stefano Zamagni («siamo un settore strategico che aggrega milioni di persone), il consigliere Adriano Propersi («Noi, garanzia contro gli illeciti») e il portavoce del Forum del Terzo settore Andrea Olivero («da noi una forte spinta per uscire dalla crisi»). 

FREDDO
LA STAMPA – Il giornale di Torino si occupa dell’emergenza che ha colpito in particolare il capoluogo piemontese. Nel mirino il tilt dell’ospedale Le Molinette. Scrive Marco Accossato: «Inaccettabile, vergognoso, imbarazzante. Sono pesanti le reazioni dei sindacati e della politica alla notizia che per quattro giorni le Molinette saranno dimezzate a causa del freddo. Colpa di una centrale termica troppo vecchia che non può erogare tutto il calore necessario nella settimana più fredda degli ultimi 27 anni, e della decisione di chiudere alcuni reparti, ambulatori e sale operatorie per garantire calore ai reparti e ai malati in condizioni più critiche».

INVESTIMENTI
IL GIORNALE – Il quotidiano di via Verdi dedica ampio spazio al caso di Ikea-Pisa che ha interessato la Commissione europea.  Stefano Filippi scrive: «Ci voleva il presidente Barroso a scoperchiare le vergognose lungaggini che impediscono agli stranieri  di investire in Italia. Ikea voleva aprire un punto vendita a Pisa ha dovuto attendere  sei anni e alla fine si è insediata altrove. La regione Toscana si è arrabbiata, il governatore Enrico Rossi ha sfoderato  tutto l’armamentario della burocrazia nostrana per difendere il proprio operato. In Cina bastano otto mesi, ha ribadito il presidente  della Commissione europea». Filippi continua con numerosi esempi. Fra questi uno interessa ancora Ikea che voleva aprire a Moncalieri e dopo il no della Provincia ha rinunciato. A Brindisi la British Gas lotta per installare un rigassificatore. Non ha ancora aperto ma ha speso 250milioni. A Gioia Tauro la danese Maersk leader della movimentazione dei container ha lasciato il porto: troppo inefficienza nell’organizzazione».

MIGRANTI
MANIFESTO – Non ha richiamo in prima pagina 7 dedicata ai naufragi in mare dei barconi di migranti. “Mediterraneo – «Duemila vittime. Annunciate ad un’Europa indifferente». La denuncia del Cir che corregge le cifre dell’Unhcr” recita l’occhiello, mentre il titolo “Nel 2011 fu strage di migranti in mare” nel sommario le cifre: “Secondo l’agenzia dell’Onu 1.500 persone sono decedute nelle rotte dal nord Africa verso le coste europee. Ma per il Consiglio italiano dei rifugiati i morti sono molti di più”. Un quarto della pagina è una “Lettera aperta da Tunisi al governo italiano” con il titolo “Un gesto per i «senza nome» di Lampedusa” a firmare l’articolo è Omeyya Seddik, sottosegretario presso il ministro alle Migrazioni e ai Tunisini all’estero della Repubblica tunisina. La lunga lettera si conclude con una richiesta alle autorità italiane «di fornire tuta la collaborazione necessaria per fare luce sulla sorte di questi cittadini tunisini scomparsi, poiché oggi si tratta di cominciare a ristabilire una fiducia senza la quale non si possono avere rapporti di amicizia. E nessuno può dare fiducia a chi considera che la vita dei propri figli conta poca». 

AVVENIRE – A pagina 13 la denuncia di Laura Boldrini, portavoce dell’Acnur: il 2011 è stato l’anno peggiore per le vittime dei viaggi della speranza: 1500 persone annegate o disperse nel tentativo di attraversare il Mediterraneo e raggiungere l’Europa con una media di 5 vittime al giorno. «Ma», avverte la Boldrini, «purtroppo i morti in realtà sono molti di più: le statistiche non possono censire il numero dei bambini spariti fra le onde».  

EQUITALIA
ITALIA OGGI – Giorgio Ponziano firma “Bologna lascia a spasso Equitalia”. «Il Comune di Bologna caccia Equitalia, dopo che gli indignados l’hanno messa nel mirino, occupando la sede locale e imbrattando altri uffici in provincia. Il sindaco Virginio Merola, Pd, ha deciso di fare da solo, incominciando dalla riscossione del tributi sui rifiuti urbani. L’obiettivo è un mix di più severità nell’accertamento e più tolleranza per chi è in mora».

FACEBOOK IN BORSA
CORRIERE DELLA SERA – Massimo Gaggi a pagina 28: “Facebook cambia pagina e diventa adulto a Wall Street”. “La società dei miracoli del genio di Harvard Mark Zuckerberg – scrive Gaggi – che ha trasformato un sito universitario in una rete planetaria capillare e insostituibile paragonata (con un po’ di enfasi) all’invenzione del telefono, diventa adulta. L’IPO, l’offerta di azioni con la quale Facebook potrebbe annunciare oggi il suo sbarco in Borsa, promette di essere l’evento finanziario dell’anno”. E aggiunge: “Eppure, nonostante sia evidente la forza di Facebook sia come veicolo per la pubblicità che come piattaforma di raccolta dati, nessuno sa, ancora, se e quanto la società di Zuckerberg sia redditizia. Si sa solo che ha tremila dipendenti e che gli analisti stimano in 3,8 miliardi di dollari le entrate pubblicitarie del 2011. Cifre che esploderanno in futuro perché Facebook — che a fine anno avrà un miliardo di utenti, un settimo della popolazione del Pianeta — è ormai un mezzo di comunicazione insostituibile per larghi strati della popolazione: lo strumento che in molti gruppi sociali ha sostituito non solo il telefono ma anche l’email, il giornale, la pubblicità televisiva, la ricerca su Google: tutto, dalle notizie ai consigli per gli acquisiti, si ottiene interrogando la rete degli «amici»”.


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