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Famiglia & Minori

8 marzo al tempo della crisi

Toni bassi, pensiero critico, le donne non "festeggiano"

di Franco Bomprezzi

8 marzo senza retorica, in un anno difficile, ma con tante riflessioni sulla condizione delle donne. I giornali ci provano, e a volte ci riescono, a evitare le banalità e i luoghi comuni. Ecco la nostra scelta.

CORRIERE DELLA SERA al femminile, oggi, a partire dalla prima, con otto foto di donne particolarmente significative: Aung San Suu Kyi, Shirin Ebadi, Samantha Cristoforetti, Pamela Sabato, Meryl Streep, Molly Melching, Patrizia Rossi, Rossella Urru, le cui storie sono sviluppate alle pagine 26 e 27. Due le riflessioni che partono in prima: “Quello che resta da fare (e si può)” di Bianca Beccalli, e “Ma davvero ora siamo libere” di Lea Melandri. Ecco un passo del commento di Lea Melandri: “Usare prerogative come la seduzione e la maternità, che l’hanno resa desiderabile ma anche potente e minacciosa agli occhi dell’uomo, e tentare di ricavarne un vantaggio proprio, qualunque esso sia, significa per la donna farsi «soggetto» della propria vita. La domanda che si pone allora è un’altra: siamo davvero libere o stiamo solo ribaltando quella che è stata un’imposizione in una scelta? Come è possibile che un modello obbligato di sopravvivenza si trasformi all’improvviso nel traguardo massimo di realizzazione propria? Se vogliamo chiamarla comunque libertà, riconosciamo almeno che è piuttosto ambigua”. Spazio a due giovani bloggers. Luisa Santangelo scrive: “Il punto è che finché la festa della donna ci andrà bene saremo le fautrici di quelle discriminazioni che ci piacerebbe tanto combattere. Se, per cominciare, fossimo in grado di riconoscerle”. E Francesca Pellas: “Anziché scandalizzarci perché una donna mostra l’inguine a Sanremo, di sua sponte e non costretta, riflettiamo: se si è perlopiù gridato allo scandalo quando furono proposte le quote rosa (viste come il Male: una donna non ha bisogno di quote, dovrebbe essere normale il suo sedere in Parlamento – peccato che sia ancora un’eccezione), non è assurdo tenerci la quota rosa più assurda di tutte: l’8 marzo?”. E molto spazio anche ai tweet. Ne scegliamo un paio: “Finché accetteremo di pagare meno degli uomini per entrare in discoteca, nessuna battaglia per la parità dei sessi avrà senso (Eleonora Barelli)”, e “ a che punto è il disegno di legge sul congedo obbligatorio dei padri? lo vorremmo al posto delle mimose 🙂 (Sara)”.

Non menziona la stanchezza celebrativa legata all’8 marzo: LA REPUBBLICA preferisce praticare la sobrietà, alludendo a quella che fu la festa delle donne in prima pagina con una vignetta di Altan. «Oggi niente violenze» dice l’uomo, «Immagino che per le mimose manchino le risorse» risponde la donna. Per il resto è polemica politica, cronaca giudiziaria, analisi televisive. A pagina 15 un dossier sulle quote rosa. Il primo sì è atteso per oggi dalla Commissione affari costituzionali (sarà deciso l’obbligo di inserire il 30% di candidate nelle liste). È il primo tentativo dopo il flop del 2005 quando franchi tiratori affondarono l’emendamento di Stefania Prestigiacomo. C’è comunque il rischio che questo si ripeta. Il provvedimento andrò in aula il 26 marzo e basteranno 40 firme per chiedere il voto segreto. Nella pagina anche dati sulle donne in politica: sindaci 9 uomini su 10, le consigliere nelle province e nelle regioni non superano il 12%, due governatrici (Lazio e Umbria), poche onorevoli e solo 3 ministre. In R2, doppia pagina su “Cosa resta dopo cent’anni della festa della donna”. Un pezzo di Benedetta Tobagi. Mimosa ridotta a brand, nei decenni festa ridotta, perso il carattere sindacale… «il tema della violenza sulle donne si accende come un bengala in occasione di delitti atroci come questi e poi sprofonda nuovamente nel buio. L’interesse pubblico vive meno di un rametto di mimosa. Se la festa garantisce un giorno in più di attenzione a questa tragedia che si consuma nel silenzio, basta già questo a giustificare la sua sopravvivenza». Per Chiara Saraceno “Le celebrazioni non bastano”: occorre invertire la rotta e investire in servizi e infrastrutture per aiutare le donne a lavorare, servirebbe anche all’economia…

IL GIORNALE non parla dei diritti delle donne ma della festa. Dedica un box a pagina 4 della cronaca di Milano sulla “denuncia dei fiorai”. Il titolo è “Mimosa in nero: venduti 500mila mazzetti abusivi”. «L’associazione fioristi milanesi (Confcommercio Milano) ha sul più che certo aumento esponenziale di venditori abusivi di mimose». Nella sezione culturale Daniela Abbiati firma “Niente mimose per queste donne”. Le tre donne sono le protagoniste «in tre romanzi di Bernhard, Gustafsson e Soseki, la Vita, la Morte e l’Amore. Ovvero tutto l’universo femminile». «Potresti incontrarle sul tram o al mercato o in ufficio», scrive la giornalista, «la prima con il fardello delle occhiaie, testimonianza di un’esistenza prosciugata, la seconda con la sua prorompente carica erotica, la terza ostaggio della fragilità emotiva. Normali ed eccezionali. Talmente normali ed eccezionali che stonerebbero, oggi, nella massa omologata, con in mano il mazzolino di mimosa d’ordinanza, a fingere, come ogni anno, di celebrare la Festa della Donna…». In taglio più basso Valeria Braghieri firma “Così la prof Franca Valeri dà lezioni alle sventurate”, nel sommario la spiega «Da Carolina Invernizio a Sibilla Aleramo: ecco tante “lei”, vittime del solito “lui”». 

In una prima pagina che si apre sui problemi del centro-destra con il titolo “Alla frutta” e la foto della sala della prima festa nazionale della libertà del Pdl per parlare dell’indagine della magistratura sul “sistema Pdl – Lega” in Lombardia, l’8 marzo su il MANIFESTO ha un richiamo in basso con il titolo “L’8 marzo degli uomini”. A firmare l’articolo che prosegue poi a pagina 4 sono Stefano Ciccone e Claudio Vedovati. «Le date sono importanti, ma è importante anche come le usiamo. L’8 marzo di  per sé è una data a rischio, perché quello a cui rimanda è cosa che ci riguarda tutti i giorni dell’anno: non solo e non più l’emancipazione delle donne, ma la qualità delle relazioni tra uomini e donne (…)». Si fa notare anche che «(…) Come l’indifferenza verso il politicamente corretto è divenuta l’alibi per dare sfogo al politicamente indecente, oggi il rifiuto del rito dell’8 marzo nasconde anche l’insofferenza verso una domanda che mette in discussione il nostro modo, di noi uomini di stare al mondo (…)» Più oltre si osserva ancore che «Quello che tutti noi uomini dovremmo cambiare è il nostro linguaggio “interiore” (…) e chiederci perché la nostra idea dell’amore è così spesso contigua al controllo e al dominio e ostile alla libertà dell’altra (…)». A pagina 8 in taglio centrale un box di taglio centrale affronta invece “l’8 marzo del sud del mondo”, come recita l’occhiello. Il titolo è “Donne, parità e agricoltura salveranno il pianeta”. Nel sommario si osserva: “L’Onu: migliorare le condizioni delle contadine nei paesi rurali «è il più potente agente di cambiamento dell’umanità»”. Nell’articolo si parla della 56° sessione della Commissione sullo Status della Donne che è in corso dal 27 febbraio e che si concluderà domani e che è dedicata alle contadine. Tra i dati emersi si fa notare come «(…) In Camerun, per esempio “le donne che hanno un reddito di lavoro, spendono il 74% delle proprie risorse per integrare le scorte alimentari della famiglia, mentre gli uomini spendono soltanto il 25% del proprio reddito per i generi alimentari”. Il futuro dell’umanità è quindi racchiuso nella fine della discriminazione di genere». 

IL SOLE 24 ORE collega il tema donne a quello della riforma del lavoro, a pagina 8, dove viene messo in evidenza che il ministro Fornero fa ripartire il tavolo: «Questa riforma “non può essere fatta solo da tecnici, ha bisogno anche di consenso. Il consenso non è facile ma è quello per cui ci stiamo impegnando”, ha assicurato Elsa Fornero. E “mi piacerebbe tanto che avesse la firma di tre donne. Sarebbe di buon auspicio per il Paese”, ha aggiunto il ministro intervenendo al convegno in Bankitalia “Le donne e l’economia italiana”, alla vigilia dell’8 marzo. Le tre donne, appunto, al tavolo della trattativa: Fornero, il leader della Cgil, Susanna Camusso e il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia».  Di taglio basso un approfondimento “Per le donne l’occupazione cala meno”: «i numeri confermano che la crisi non ha lasciato indenne il mondo dell’occupazione femminile. Le donne sono state colpite in misura minore dalla crisi rispetto ai colleghi maschi, con un’emorragia occupazionale dell’1 per cento contro il 3,3 per cento. Il quadro del mercato del lavoro femminile nel periodo della crisi, elaborato dal centro studi Sintesi, rivela ancora ampie differenze di genere sul territorio italiano. Tre anni di crisi non sono serviti a restringere la forbice retributiva tra le due categorie: il divario tra stipendio maschile e femminile resta ampio, invariato rispetto al periodo pre-crisi, pari a circa 265 euro. Dal terzo trimestre del 2008 al corrispondente periodo dell’anno scorso la crisi ha contribuito a distruggere quasi 93mila posti di lavoro femminili, un terzo circa degli occupati maschi rimasti a casa. La motivazione di questo divario va cercata nel fatto che, proporzionalmente, le donne sono meno occupate nei settori che hanno registrato le maggiori emorragie di lavoratori, vale a dire industria ed edilizia. Viceversa, sono maggiormente presenti nel commercio e nei servizi alle persone che, pur risentendo in modo pesante degli effetti negativi della difficile situazione, hanno contenuto le flessioni di posti di lavoro».

La mimosa ITALIAOGGI la regala a Emma Marcegaglia . Viale dell’Astronomia, regali di Stato. In tutto erogati 5,3 mln a 62 enti. Gli industriali intascano il 39,2% delle risorse complessive. Lo sviluppo economico finanzia 22 associazioni di Confindustria”, sintetizzano occhiello e sommario del pezzo in primo piano. Il gettone più ricco va all’associazione calzaturifici 477mila euro, poi a quella delle pelli 313mila, poi ceramica 243mila. Va precisato che sono quote di contributi che il ministero dello Sviluppo eroga per programmi presentati nel 2010, svolti nel 2011 e liquidati quest’anno. Nel decreto di liquidazione Passera fa presente che per l’anno 2012 sono disponibili 14milioni e 286mila euro. Serviranno a finanziare programmi non solo delle associazioni ma anche camere di commercio, consorzi, accordi di settore».

AVVENIRE si accoda alla celebrazione della giornata della donna con una pagina titolata “Quella forza in rosa che muove il paese”, anche se poi proprio in testa mette un’infografica sulla distanza tra uomini e donne quanto a pari opportunità nei Paesi Ue, da cui si evince che il gap in Italia è di 74 punti: in Finlandia la distanza è di soli 3 punti, in Germania 11 e in Spagna 12. Noi stiamo dopo Romania (68 punti ) e Slovacchia (72). Due le storie per raccontare questo “motore in rosa”: la storia di Rita Giaretta, la suora ex sindacalista e infermiera che a Caserta ha creato “Casa Rut” per dare un’alternativa alle ragazze di strada, con la sartoria NewHope e quella di Stefania Mannucci, capitano della squadra femminile dell’Aquila Rugby, che dopo il sisma ha preso in mano le redini della squadra, senza certezze né, all’inizio, spazi e allenatori. La chicca di AVVENIRE è invece nelle pagine della cultura, con un ritratto-omaggio alle 13 donne laiche che parteciparono al Concilio Vaticano II come uditrici: «presenza profetica», secondo Paolo VI. Le ricorda – in particolare Alda Miceli, Rosemary Goldie, Pilar Bellosillo, e Marie Monnet – l’associazione teologhe italiane domani in un convegno: «non sono figure di tappezzeria, ma donne di spessore», dice una delle teologhe di oggi,  Cettina Militello, «forse bisogna cominciare a conoscerle».

E inoltre sui giornali di oggi:

NO TAV
MANIFESTO – L’editoriale del MANIFESTO “Un presidente blindato” è firmato da Marco Revelli che scrive sulla visita di Napolitano a Torino. «Mi ha fatto male, sinceramente, vedere il Presidente Napolitano a Torino, così blindato dentro e fuori. Senza la solita cornice di folla, in una piazza circondata da uno sproporzionato schieramento di polizia. Chiuso nel suo no al dialogo con i sindaci ribelli della Val di Susa (che pur rimangono l’espressione principe della rappresentanza popolare sul territorio) in nome di un indiscutibile ma fuori luogo nell’occasione “rifiuto della violenza” (…)» Revelli conclude il suo ragionamento che ripassa gli avvenimenti dai fatti di Venaus in avanti fino ai problemi degli appalti e della legalità scrivendo che: «Il Tav non può essere ridotto a questione di ordine pubblico (…) vent’anni di cantieri in un territorio militarizzato sono un incubo che nessuno può accettare (…)» e quindi per quanto riguarda gli amministratori locali «Se non con un cavallierato (come meriterebbero) per lo meno con un’udienza devono pur essere riconosciuti».

CINA
AVVENIRE – Il quotidiano riporta l’ammissione da parte del viceministro cinese alla sanità: il 65% dei trapianti effettuati in Cina avviene grazie ad organi espiantati da detenuti condannati a morte. Motivo? «Scarseggiano le donazioni volontarie». I numeri sono «agghiaccianti», scrive AVVENIRE, «e marcati dal crisma dell’ufficialità». Nel gigante-Cina ogni anno 1,5milioni di persone hanno bisogno di un trapianto, ma il rapporto tra domanda e offerta è di 150 pazienti per ogni donatore, drammaticamente più della media mondiale di 20-30 pazienti per donatore, che nel Regno Unito arriva a 3 a 1. 

ECONOMIA
LA STAMPA – «La crescita imperativo comune» è il titolo di apertura della prima pagina de LA STAMPA. Al centro la foto della stretta di mano tra Monti e Obama nella Sala Ovale della Casa Bianca. Il commento è affidato a Francesco Guerrera, caporedattore finanziario per il Wall Street Journal a New York: «Perché Barack ha bisogno di noi». Il riferimento è all’Europa: «L’America ed il suo Presidente devono sperare che il vagone più importante trainato dalla locomotiva Usa non venga deragliato da crisi rovinose e beghe politiche. Le parole calorose di Obama nei confronti della leadership politica europea – compresa la professione di gran stima nei confronti di Mario Monti in questo giornale – non sono del tutto disinteressate. Nel mondo della globalizzazione, nessun Paese è un’isola e gli Usa e l’Europa sono legati da relazioni commerciali che ne fanno compagni di viaggio inseparabili. Anche se le traiettorie economiche sono divergenti: l’America è in ripresa mentre l’Europa soffre la recessione». Mentre nello spazio del Buongiorno di Gramellini si trovano le copertine di Time con Berlusconi e Monti. Titolo: «Trova le differenze». Scrive Gramellini: «due premier diversissimi, nati incredibilmente nello stesso Paese: il nostro. Rimangono le questioni irrisolte. Chi ha le orecchie più grandi? Chi incarna la destra moderna? A chi si è ispirato Leonardo per il sorriso della Gioconda? Come è possibile che in appena tre mesi – il tempo che Alemanno impiega per mettere le catene – secondo il titolista di Time siamo passati dallo status di economia più pericolosa del pianeta a quello di ultima speranza d’Europa? Da chi comprereste una barzelletta usata? (Io da Monti: adoro l’umorismo lugubre). L’italiano medio somiglia a uno dei due o il suo sogno è essere Monti di giorno e Berlusconi la notte? Quando mai metteranno Bersani sulla copertina di Time?».

GUZZETTI
CORRIERE DELLA SERA – Intervista di Nicola Saldutti al presidente dell’Acri, Giuseppe Guzzetti, in apertura delle pagine di economia. Ecco i passaggi che interessano fortemente il terzo settore: “«In questi anni il patrimonio è stato diversificato: per la Fondazione Cariplo, ad esempio, la partecipazione in Intesa vale solo il 21% del totale. L’attenzione alla gestione è comunque sempre alta. La crisi può toccare tutti. In questo momento vedo un’emergenza che si sta sottovalutando…». Quale? «Il welfare. Il rigore di bilancio, necessario, sta portando a una drammatica riduzione della spesa sociale da parte di Comuni, Province, Regioni. Si cancellano i fondi, ma i bisogni non è possibile eliminarli. Questa è la nostra priorità. Bisogna pensare a un nuovo welfare, un welfare comunitario che coinvolga il privato e il pubblico, i cittadini, e che possa far fronte ai tagli del welfare nazionale. I bisogni sono diventati di più — si pensi all’infanzia che subisce la crisi della famiglia — e più costosi». Una volta eravate considerate una specie di Bancomat sociale… «Questo è cambiato da tempo. Adesso si tratta di ricombinare il volontariato, le Fondazioni, gli enti locali. Coinvolgere di più i cittadini e le imprese: il senso di appartenenza alla comunità può essere un buon volano per mettere in moto più risorse. Non c’è altra strada. E bisogna fare in fretta. Un modello che può funzionare è quello dell’housing sociale: risorse private, pubbliche e delle Fondazioni per l’edilizia privata sociale. Adesso partirà anche il fondo immobiliare della Cassa depositi e prestiti».


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