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Cooperazione & Relazioni internazionali

San Suu Kyi, orchidea di speranza

Eletta al Parlamento birmano, tappa verso la democrazia

di Franco Bomprezzi

E’ forse ancora troppo poco per essere sicuri che la strada della democrazia parlamentare sia definitivamente presa, ma l’elezione di Aung San Suu Kyi, in Birmania, è una notizia planetaria, che commuove, emoziona e apre alla speranza.

“La vittoria di Suu Kyi fa sperare la Birmania” è il titolo con foto in prima pagina, palco alto, del CORRIERE DELLA SERA, che dedica alla notizia le pagine 2 e 3. “La festa tranquilla dei democratici. Svolta in Birmania”, scrive Marco Del Corona a pagina 2: “Il semplice fatto che si siano svolte le elezioni è una svolta. Nel 1990 la giunta militare aveva usato la forza per fingere che alle urne la Nld e i suoi alleati non avessero vinto 392 dei 485 seggi in palio. Voto annullato e Birmania sprofondata in un pozzo di brutalità e isolamento, continuazione di una dittatura instaurata nel 1962. I primi conteggi dell’opposizione ieri sera davano per certa la conquista di almeno 19 collegi, anche con percentuali schiaccianti. La Nld sembrerebbe indirizzata a battere il partito espressione di un potere militare riconvertitosi in civile (Usdp), anche se occorrerà un settimana almeno prima dei risultati ufficiali. Il parlamento resterà dominato dai sodali dell’esercito, però l’opposizione guadagna una visibilità utile in vista della consultazione del 2015. E’ tempo di conciliazione. Aung San Suu Kyi aveva giudicato «sincere» e «in buona fede» le riforme dell’ex generale, ora presidente, Thein Sein, cui tocca dimostrare l’irreversibilità del processo. Se la signora desse l’endorsement anche al risultato delle elezioni, legittimerebbe una sorta di «via alla democrazia controllata» inconcepibile un anno e mezzo fa”. E Paolo Giordano a pagina 3: “Così una donna minuta e gentile si è fatta mito per salvare un popolo”. Ecco un passo del profilo: “Senza Aung San Suu Kyi, senza il Nobel per la pace assegnatole nel 1991 e le fotografie del suo viso compassato sui giornali, della Birmania si parlerebbe ancora meno. Anzi, non se ne parlerebbe affatto. Gli U2 non avrebbero scritto quella canzone, Walk On, che la fece conoscere ai rockettari spensierati come me, Time non avrebbe dedicato una copertina a un Paese agli antipodi degli Stati Uniti e Luc Besson avrebbe continuato a dedicarsi alla tribù dei Minimei, ingrassando. Senza un uomo o una donna, a chi si può dedicare una canzone? A chi si conferisce il premio Nobel? A un popolo intero? La Birmania sarebbe diventata uno dei molti spazi neri sul mappamondo bucherellato dell’inconscio occidentale, l’avremmo semplicemente rubricato fra le aree ostili, dominate ancora dall’ingiustizia più bieca e dalla barbarie, uno dei tanti Paesi per i quali non è possibile fare nulla. La nostra mente non è strutturata per accogliere i drammi collettivi. Quando le si para davanti l’onda gigantesca della sofferenza di un popolo, innalza subito una barriera protettiva. Il solo modo in cui quel dolore può intrufolarsi è attraverso la storia di un singolo individuo, meglio ancora se veicolata da un’opera d’arte — una canzone, un romanzo, un film —, che abbia anche una narrazione leggera. Aung San Suu Kyi, questo, lo ha sempre saputo e ha offerto se stessa come materiale vivente per quei racconti. Ha accettato di marcire dentro la stessa casa per quindici anni, lontana dal marito e i figli, inchiodata alla punizione peggiore per un’attivista, l’inazione, solamente per continuare a esserci. È il lumicino tenace che rischiara da oltre vent’anni la Birmania, per noi”. E Piero Fassino, osservatore in Birmania per l’Unione Europea, si sbilancia, rispondendo alle domande di Maurizio Caprara: “Come si fa a esser certi che il regime non stia procedendo a una riabilitazione omeopatica, che non dia alla sua rivale la dignità prima negata per poi mantenere il potere? «Il voto viene dopo un percorso scandito da progressive aperture. Cominciarono nel novembre 2010 con la liberazione di Aung San Suu Kyi in seguito a elezioni, sì controllate del regime, che in ogni caso furono le prime da vent’anni e videro l’ingresso in Parlamento di partiti di opposizione ed etnici». I generali non pesano ancora? «Un governo civile ha sostituito quello militare. Molti ministri sono militari, vero, ma uno può cambiare molto se al posto di una divisa ha una cravatta. La censura preventiva sulla stampa è stata soppressa, la Lega nazionale per la democrazia di Aung San Suu Kyi riammessa nel registro dei partiti, tanti detenuti politici sono liberi. Resta strada da fare, tuttavia il processo diventa via via irreversibile»”. Infine Massimo Gaggi riferisce dagli States: “L’apertura degli Usa che mira a contenere la Cina”. Scrive l’inviato del CORRIERE a New York: “Con la sua visita a dicembre nel Paese e la decisione di riaprire dopo oltre vent’anni l’ambasciata Usa nella capitale birmana, Hillary Clinton ha accolto la mano tesa di Thei Sein, fissando al tempo stesso alcuni paletti per la cancellazione delle sanzioni. Il primo era proprio quello del voto di ieri. Che, benché non privo di irregolarità, è stato sostanzialmente «promosso» dagli osservatori. Certo, nonostante Suu Kyi abbia vinto in tutti i 128 distretti elettorali del suo collegio (salvo uno) e il suo partito abbia conquistato quasi tutti i seggi in palio, il peso della National League for Democracy in un Parlamento ancora dominato dai militari resterà assai limitato. Il vero banco di prova arriverà solo con le elezioni generali del 2015”.

“Birmania, trionfo storico per San suu Kyi”. Con questo titolo in taglio alto LA REPUBBLICA che apre con l’invito di Bersani a Monti (“Cambiamo insieme l’articolo 18”) fotografa il successo del plebiscito a favore del premio Nobel. Cui sono dedicate le prime pagine interne: «siamo maggioranza in tutte le 44 circoscrizioni» esultano i leader della Lega nazionale per la democrazia, il partito di cui Suu Kyi è simbolo. «Questa deve essere una vittoria del popolo con dignità. Invito tutti ad evitare discorsi o atti aggressivi contro l’altra parte», ha esortato lei, mostrando ancora una volta il suo carisma. “La Lady e il grande gioco così sul futuro birmano pesa lo scontro tra Usa e Cina”: è il titolo dell’analisi di Vittorio Zucconi. «La tranquilla forza di questa madre di due figli, vedova di un inglese nato a Cuba che morì di cancro a Londra e che lei non volle andare a avisitare sul letto di morte nel timore che la giunta non le permettesse più di rientrare in Birmania, ha fatto di lei la Nelson Mandela del sud-est asiatico. È la reincarnazione di una cultura gandhiana della non violenza, della resistenza e della ribellione attraverso il sacrificio di sé e la testimonianza, non delle forche o delle molotov, verso la riconciliazione nazionale». Di fatto sottolinea Zucconi lei è stata appoggiata dagli americani in funzione anticinese, visto che la giunta militare che nel 1990 le ha impedito di guidare il paese è sostenuta di fatto dalla Cina (che nel paese ha investito moltissimo).

IL GIORNALE dedica spazio nella sezione esteri alla Birmania. Manila Alfano firma Suu Kyi in Parlamento. Ma l’orchidea di ferro non potrà governare”. «Una vittoria simbolica per il mito di San Suu Kyi. Ieri è stata premiata, il suo ritorno dal passato, dopo oltre quindici anni di prigionia, le è valsa l’elezione al parlamento. L’orchidea di ferro, come la chiamano i suoi sostenitori, il premio Nobel per la Pace ha vinto la sua piccola grande battaglia. Avrà un posto in Parlamento. Ora c’è chi si chiede: un clamoroso passo indietro da parte del governo dei militari o piuttosto una mossa astuta per impressionare in modo positivo l’Occidente? L’elezione della leader dell’opposizione non sarà politicamente influente. Insomma, un piccolo passo nella politica birmana, nel paese ci sono state solo tre elezioni in mezzo secolo, ma non decisivo. Il voto di ieri era un’elezione suppletiva per riempire solo 45 seggi vacanti su 664. Oggi sono in molti a temere che la sua elezione sia utilizzata dal governo come coperture di comodo per un regime che vuole fare pace con l’Occidente, che mira alla fine delle sanzioni prima ancora che vengano introdotte le reali riforme».

Al centro della prima pagina de LA STAMPA la foto di Aung San Suu Kyi. «Il nobel torna in parlamento». Alla «svolta» birmana sono dedicate all’interno le pagine 12 e 13. Scrive Paolo Mastrolilli: «Alcuni elettori birmani hanno raccontato di non aver dormito, per l’emozione, prima del voto nelle elezioni suppletive. E si capisce, perché il successo ottenuto da Aung San Suu Kyi e il suo ingresso in Parlamento rappresentano un fatto storico. Si tratta solo del primo passo, però, a cui dovranno seguirne molti altri, prima di poter dire che il passato dittatoriale sta davvero finendo». Erano in palio 45 seggi «lasciati liberi da parlamentari che nel frattempo sono entrati nel governo e hanno dovuto abbandonare la carica per le regole sull’incompatibilità. Si erano presentati 176 candidati di 17 partiti diversi, più otto indipendenti, per quello che doveva essere il primo voto libero dal 1990. Allora la Nld di Aung San Suu Kyi vinse le elezioni, ma la giunta militare annullò il risultato e mandò lei agli arresti domiciliari per quasi vent’anni. Poco più di un anno fa il regime ha deciso di cambiare linea, forse perché intende davvero avviare la transizione in un paese isolato e impoverito, o forse solo per allentare la pressione internazionale e convincere Europa e Stati Uniti a togliere le sanzioni economiche». Il quotidiano riporta anche le dichiarazioni del sindaco di Torino, Piero Fassino, dal 2007 al 2011 inviato speciale dell’Unione Europea per la Birmania: «Un passo decisivo verso la democrazia sanzioni da rivedere».

E inoltre sui giornali di oggi:

ECONOMIA
LA REPUBBLICA – “L’oligarchia che governa il mondo”. R2 dedica un’inchiesta di Federico Rampini ai patrimoni privati. Alcuni sono talmente cospicui da superare taluni bilanci nazionali. Complessivamente il 50% del reddito nazionale americano è concentrato nelle mani di 300mila persone. Ora però sottolinea Rampini i ricchi hanno deciso di non limitarsi a condizionare la politica, ma di farla in prima persona. Un’esperienza nella quale gli italiani sono stati per dir così antesignani. Impressionante del resto è il dislivello economico anche da noi: nel Belpaese dieci miliardari hanno capitali per circa 50 miliardi di euro, quanto i tre milioni di italiani più poveri.

BANCA MONDIALE
IL SOLE 24 ORE – “Banca mondiale, indizi di svolta – Con la candidatura di Kim lo sviluppo sostenibile torna alla ribalta”. Un’analisi di Jeffrey D. Sachs: «Ora che il presidente Usa Barack Obama ha nominato Jim Kim, il mondo avrà il suo leader per lo sviluppo. Con questa nomina Obama ha dimostrato una vera leadership. Ha messo lo sviluppo al primo posto, sostenendo con toni espliciti che è giunto il tempo di avere un professionista dello sviluppo alla guida della più importante agenzia per lo sviluppo. La nomina di Kim è un importante passo avanti per la Banca mondiale che spero possa influenzare anche altri istituti globali. Finora, agli Stati Uniti è stata data carta bianca sulla nomina della presidenza della Banca mondiale. Ecco perché, spesso, ci sono stati diversi presidenti inadatti, compresi numerosi banchieri ed esperti di politiche aziendali, privi delle conoscenze e dell’interesse necessario per condurre la lotta alla povertà. (…) Kim è uno dei più grandi leader mondiali nella sanità pubblica. Ha lavorato con un altro grande leader nel campo sanitario, Paul Farmer, al fine di estendere, per la prima volta, la cura dell’Aids, della tubercolosi e di altre malattie alle popolazioni più povere del mondo.  Recentemente è stato presidente del Dartmouth College, una delle principali università americane, ed è quindi in grado di combinare le sue capacità professionali con la sua esperienza globale e una considerevole gestione del know-how: tutte ottime credenziali per la presidenza della Banca mondiale. (…) . Lo sviluppo sostenibile è l’unica via verso una pace sostenibile. Tutti questi aspetti sottolineano l’importanza della Banca mondiale e del ruolo di leadership di Kim. La Banca può intervenire dove il mondo si riunisce per affrontare i disperati, ma risolvibili, problemi dello sviluppo sostenibile, mettendo insieme governi, scienziati, ricercatori, organizzazioni della società civile e l’opinione pubblica per portare avanti questa grande causa. È un imperativo globale e tutti possiamo contribuire a soddisfarlo, facendo in modo che la Banca mondiale sia realmente un istituto a servizio del mondo, guidato con competenza e integrità. La nomina di Kim è un importante passo avanti verso quest’obiettivo».

UNIVERSITA’
ITALIA OGGI –  Inchiesta a pag 53 su come sta cambiando l’offerta formativa universitaria in relazione alle esigenze del mercato. Secondo il pezzo “L’università si adatta all’impresa” «i futuri corsi dovranno rispondere alle nuove esigenze sia per favorire le nuove tipologie emergenti di domanda sia per consentire alle imprese della filiera sviluppo e competitività soprattutto rispetto ai mercati internazionali».

NON PROFIT
IL SOLE 24 ORE – “Nuovo credito al terzo settore”.  «L’impresa sociale mantiene un forte potenziale di crescita, anche se, al quinto anno di crisi economica, in sospeso tra contrazione del credito e riduzione della spesa pubblica, è costretta a rivedere gli obiettivi, orientandosi a consolidare relazioni e partnership piuttosto che a esplorare strade nuove. Tra le diverse tipologie di impresa le cooperative sociali che offrono servizi sul mercato si dichiarano più ottimiste per il futuro rispetto a quelle che lavorano con le pubbliche amministrazioni. Anche la vocazione all’innovazione è maggiore tra le realtà che si confrontano in maniera continuativa con il mercato, perché la domanda del settore privato resta vivace, soprattutto nelle aree dell’educazione e dei servizi ambientali. In questi comparti, oltre che nell’area assistenziale e sanitaria, cresce di pari passo la propensione all’indebitamento, nel contesto di un sistema di relazioni con gli istituti di credito che si va rafforzando, sia pure con molte cautele.Sono queste le principali indicazioni che emergono da una ricerca sul fabbisogno finanziario della cooperazione sociale, curata da Ubi Banca con il supporto scientifico di Aiccon, Associazione per la promozione della cultura della cooperazione, e presentata come primo tassello di un Osservatorio sul Terzo settore che il gruppo creditizio intende rendere continuativo nel tempo». 


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