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Cooperazione & Relazioni internazionali

Il vento gelido dello spread

Finito l'effetto Monti, la Borsa soffre e tornano gli incubi

di Franco Bomprezzi

Torna l’inverno sui mercati, come afferma preoccupato stamani il presidente Napolitano, dopo la giornata drammatica in Borsa (quella italiana la peggiore) e con il riaffacciarsi di uno spread allarmante. L’emergenza dei conti pubblici è tutt’altro che finita.

“Torna la minaccia dello spread”: la paura in Borsa scalza la Lega dal titolo di apertura del CORRIERE DELLA SERA di oggi. Notizie in pillole sotto il titolo: “La crescita italiana nuovamente minacciata dallo spread, il differenziale di rendimento tra Btp decennali e Bund tedeschi: ieri è tornato per la prima volta in due mesi sopra i 400 punti base (ha toccato quota 404), fra paure di un effetto contagio da Madrid e timori per le aste di questa settimana. In quindici giorni, lo spread è salito di 130 punti. Giornata pessima per i mercati finanziari: crollano le Borse europee, Milano la peggiore. L’indice Ftse Mib, trascinato giù dal tracollo dei bancari, ha perso il 4,98 per cento. Il premier Mario Monti: scontiamo le difficoltà della Spagna”. Federico Fubini a pagina 3: “Perché in quindici giorni il rischio Italia è salito di 130 punti”. Ecco un passaggio: “La caduta dell’economia può deteriorare i conti pubblici, ma reagire con un’eventuale nuova stretta di bilancio può accentuare la debolezza dell’economia stessa. Molti investitori hanno smesso di credere che sempre nuove dosi di austerità simultanea possano aiutare l’Europa a stabilizzarsi su un nuovo equilibrio. Al contrario, in questo momento i mercati temono che un eccesso di rigore di bilancio in troppi Paesi allo stesso tempo si stia dimostrando un errore. Ieri la Borsa spagnola è scesa ai minimi da tre anni e i rendimenti sui titoli di Madrid sono saliti dopo che il governo ha annunciato dieci miliardi di tagli alla sanità e alla scuola”. A pagina 5 il pensiero di Monti: “Il premier: scontiamo le difficoltà di Madrid”. Scrive Andrea Garibaldi: “La Borsa così giù no, non se l’aspettava il presidente del Consiglio. E su quella può avere influito Emma Marcegaglia con la sua volontà di ridiscutere la riforma del lavoro (venerdì e sabato) e la richiesta di diminuire le tasse (ieri). «Fino a pochi giorni fa tutto era a posto, poi Marcegaglia ha cambiato atteggiamento. Ha criticato il governo sul Wall Street Journal, sul Financial Times, sul Corriere», diceva Monti ai collaboratori nella sua ultima giornata al Cairo e anche sull’aereo verso Roma. La Marcegaglia è diventata in poco tempo la vera opposizione al governo, colpendo dove i partiti di maggioranza non osano. Il ragionamento nello staff del premier è questo: se gli imprenditori tolgono la fiducia, i mercati capiscono che il ritorno all’instabilità potrebbe essere dietro l’angolo”.

Anche LA REPUBBLICA apre sul martedì nero: “Crolla la Borsa, paura per lo spread”. I servizi all’interno: i listini europei hanno bruciato 170 miliardi, Milano ha perso il 5% ma tutte le altre borse hanno sofferto e parecchio. È successo che gli investitori hanno cominciato a vendere debito sovrano e a comprare beni rifugio (oro, franchi svizzeri, titoli del lusso che tanto i ricchi continuano a comprare…). Così mentre Passera convoca un vertice Abi-imprese sul credit crunch (dovrebbe chiedere alle banche che fine hanno fatto i fondi della Bce, se non sono andati in prestiti alle imprese), il retroscena di Alberto D’Argenio ci informa che Monti è molto preoccupato. «Le fibrillazioni sulla riforma del mercato del lavoro non hanno niente a che fare con lo spread perché comunque nessuno si aspettava che avremmo fatto il ddl in tempi così rapidi. Ad ogni modo sul lavoro ci giochiamo tutto e quindi non c’è più spazio per grandi cambiamenti», avrebbe detto. Il crollo della Borsa però avrebbe un responsabile, Emma Marcegaglia. «Vuole scendere in politica e per farlo ci attacca, ma così dà la sensazione ai mercati che gli imprenditori stiano sfiduciando il governo ed è un gioco al massacro». Monti vorrebbe ora concentrarsi sulla crescita convincendo i tedeschi ad approvare una politica specifica. Non manca un dossier sullo spread curato da Maurizio Ricci: la preoccupazione attraversa l’Europa e i sospetti sono incrociati. Secondo il governatore spagnolo a retromarcia in Italia sulla riforma del lavoro sta creando tensione, mentre per la Spagna si guarda soprattutto al deficit. Viceversa per Monti occorre stare «attenti ai paesi che non hanno fatto le nostre scelte drastiche», Spagna in primis… Il commento è di Massimo Riva: “Il vero allarme è sulla crescita”.

“Borse giù e spread record. La crisi non finisce più” è il titolino di appoggio in taglio alto de IL GIORNALE. In basso l’editoriale di Nicola Porro “Ora mettiamo a dieta lo Stato”. «Ci risiamo. Ieri i mercati finanziari hanno dato una botta che si farà sentire anche nei prossimi giorni. Le Borse europee sono crollate. Quella italiana ha fatto peggio di tutte, con un calo del 5 per cento. È fisiologico: poiché il nostro indice azionario è composto per lo più da azioni bancarie. E proprio sugli istituti di credito è iniziata la bufera. I titoli di Stato dei Paesi mediterranei hanno fatto segnare un forte rialzo dei loro tassi di interesse». La via d’uscita per il giornalista è una sola «dobbiamo rinunciare allo Stato sociale come lo abbiamo avuto nel Novecento. Ridurre il peso dello Stato, azzannare la spesa pubblica, abbattere le aliquote fiscali e riformare radicalmente le nostre strutture di produzione. E farlo in modo coordinato in tutta Europa». All’interno Francesco Cramer firma “Passera dà credito alle imprese: summit con le banche sui prestiti”. «Stretta sui finanziamenti, il ministro dell’Economia convoca aziende e istituti finanziari per sbloccare la situazione. Confesercenti avverte “è allarme usura”». Rodolfo Parietti invece fa il quadro della situazione nel suo “Le Borse affondano, lo spread fa paura”. “L’Europa brucia 170 miliardi , con Milano che crolla del 5%. Btp-Bund oltre quota 400: non accadeva da due mesi».  

“Il fondo del barile” è questo il titolo di apertura del MANIFESTO che nel sommario anticipa i temi delle pagine 4 e 5 dedicate all’andamento di borse e spread: “I dati sulla disoccupazione americana fanno crollare le borse. La peggiore è Milano, che perde il 5% e brucia 17 miliardi. Si impennano gli spread di Italia e Spagna. E il Fondo monetario critica l’aumento della vita media: così il welfare costa troppo”. L’editoriale di Galapagos “Governi tossici” guarda alla recessione e alla caduta del reddito «(…) Attenzione: la “Grande recessione” non è quella del ’29, ma quella iniziata nel 2008-2009 (…)». Iniziato in prima pagina l’articolo di Galapagos continua a pagina 4 con il titolo “La cura dei governi è peggiore del male” e in effetti si sottolinea «(…) In altre parole: la crisi finanziaria è stata tamponata ma per l’economia reale e la vita dei cittadini nulla è stato fatto. Anzi, peggio: moltissimi paesi per correggere i conti pubblici erosi dalla crisi e dagli aiuti al sistema finanziario hanno varato manovre correttive – depressive- (…)». L’apertura delle due pagine (4 e 5) “La folle corsa dell’Eurozona” e come si legge nella fascia grigia in testa alle pagine “Mors tua – Secondo le stime del Fmi se nel 2050 vivessimo tre anni in più i costi del welfare diventerebbero insostenibili: «Non si può, troppo rischioso»” ma anche “Vita mea – Ad Atene violenze della polizia e scioperi contro il governo. Conservatori e Pasok precipitano al 30%. Madrid taglia 10 miliardi a scuole e sanità”. Il sommario spiega “Cadono tutte le borse mondiali. E in Europa si schianta Milano (-5%). Lo spread vola di nuovo oltre i 400 punti, come a fine gennaio. Il Fondo monetario internazionale vede male perfino l’aumento della vita media”. Nella pagina tra i box uno è dedicato a “Il ritorno del «protezionismo» scuote le elezioni presidenziali”, da Parigi si ricorda che “Due terzi dei francesi vogliono i dazi”.  

“Borsa sotto attacco, spread a 404”, titolo secco per l’apertura del SOLE 24 ORE. Il commento è affidato all’economista della Cattolica Giacomo Vaciago sotto il titolo “Europa, svegliati”. Scrive Vaciago nell’incipit: «L’Europa non c’è. La risalita degli spread delle ultime settimane manda un segnale molto preciso: i mercati finanziari cercano l’Europa, ma non la trovano. Anche in questa occasione, più che di speculazione dovremmo parlare di precauzione, perché non c’è neppure bisogno di vendere molti titoli pubblici; basta non comprarli. D’altra parte, mai come in questo caso il rimedio è peggiore del male: all’aumentare dei tassi di interesse per i Paesi più deboli, i loro problemi si aggravano e alla fine la divergenza tra i Paesi europei aumenta. L’eurozona è in recessione, ma a fine anno il divario tra la periferia (Italia compresa) e il centro (a cominciare dalla Germania) si starà ancora ampliando. È questa – come ormai sappiamo da anni – la sindrome di cui soffre l’Unione monetaria europea: nata per favorire l’integrazione e quindi la convergenza, è stata progettata male e gestita peggio, finendo col favorire la divergenza, fino a far ritenere possibile la disintegrazione». Per Vaciago le responsabilità vanno cercate soprattutto a Berlino: «L’errore è dipeso principalmente dal difetto (tipicamente tedesco) di credere che la stabilità bastasse ad assicurare la crescita: una Bce ispirata alla Bundesbank avrebbe garantito che crescesse tutta l’Europa… come se fosse stata la Germania. Un errore che gli studiosi della crescita non avrebbero mai commesso: basta rileggersi Joseph Schumpeter per saperlo. Eppure è questo un errore ancora oggi molto comune, se analizziamo con cura molte delle riforme cosiddette strutturali che vengono auspicate per favorire la crescita, mentre si taglia la spesa pubblica (anche quella utile) e soprattutto quando si aumentano le tasse (anche quelle che poi inducono le imprese ad investire altrove). Riforme a volte necessarie per far funzionare meglio un’economia di mercato, ma che non necessariamente aumentano il sentiero di crescita, cioè anche il potenziale aumento nel tempo del reddito di un Paese». Alle pagine 8 e 9 il SOLE propone anche una guida di due pagine “per proteggere i risparmi dall’attacco ai mercati”. 

ITALIA OGGI ha un riquadro in prima sulla borsa “La borsa di Milano brucia in un giorno 17,2 mld. Lo spread è tornato sopra 400”. Servizio finanziario a pagina 35. Mentre il titolo di apertura della parte politica, a pagina 3, fa riferimento alla questione “I mercati crollano, Rosy Mauro no”. «Crolla la Borsa (-5%), tremano i mercati per la risalita dello spread tra Bund e Btp a quota 403 punti, ma Rosy Mauro, vicepresidente leghista del sensato, resta al suo posto».

Spread, ritorna la quota-paura. Così titola AVVENIRE in prima pagina, dando conto del differenziale oltre 400 punti e del –5% di Piazza Affari, la peggiore in Europa. L’editoriale di Giorgio Ferrari critica il rinnovato attacco da parte di Wall Street e del Wall Street Journal al debito sovrano europeo, a cui si sono accodati ora il New York Times e il Financial Times «in una selva di artiglieria nei confronti delle banche spagnole e italiane che si fa fatica a non ritenere ben congegnata e alimentata da chi ha il maggior interesse (le banche d’affari americane e inglesi e i Fondi più aggressivi) nel colpire il sistema creditizio dei Paesi più esposti nei confronti della speculazione». È la «guerra mondiale delle valute, nella quale l’euro si trova in condizioni di relativa debolezza». Lo scopo? «Fin troppo intuibile: riportare il dollaro alla parità con l’euro, guadagnando nel frattempo il più possibile». Insomma, l’effetto Monti è già finito, e il nostro premier è stato già «declassato al rango di un Edward Heath qualunque».

 “Spread a 400, Milano affonda”. Così LA STAMPA sull’impennata del differenziale dei titoli di stato italiani, e il crollo della Borsa di Milano che perde il 5%. “Torna la paura” l’occhiello delle due pagine che il quotidiano dedica alla giornata nera per la finanza italiana di ieri. Più che l’andamento ballerino, ad attirare l’attenzione è “la rabbia di Monti”. Secondo il premier la colpa del picco all’ingiù di ieri “è anche degli attacchi di Confindustria”. «Monti era molto irritato con la presidente uscente della Confindustria. La improvvisa conversione a «u» della Marcegaglia, da un appoggio caloroso al governo a critiche serrate, prima sulla riforma del mercato del lavoro poi anche sulle tasse, viene attribuita dallo staff a possibili future ambizioni politiche. Secondo le stesse fonti, nulla poteva giustificare il cattivo umore della Borsa, salvo il dissidio con la leader degli imprenditori. Dentro il governo si ragiona che i piani per il 2012 sono costruiti sul livello record dei tassi di interesse raggiunto in novembre; c’è dunque un ampio cuscinetto di sicurezza per assorbire una risalita (che comincerà a manifestarsi con l’asta dei BoT di stamattina). E sarebbe impreciso l’articolo apparso lunedì sul New York Times, che accostava la situazione delle banche italiane a quella delle banche spagnole». Analisi e commento affidati in prima a Bill Emmott: “I mercati chiedono altre risposte”, il titolo. Scrive Emmott: «La crisi del debito sovrano è per metà semplice aritmetica e per metà ha a che fare con la volontà politica. La semplice aritmetica dice che se le economie di Spagna e Italia quest’anno andranno incontro a una recessione più grave di quanto previsto appena un paio di mesi fa, una o entrambe mancheranno gli obiettivi per ridurre i loro disavanzi pubblici. Ciò significa che se il presidente Monti è davvero determinato ad attenersi al patto fiscale europeo che ha firmato a dicembre, avrebbe bisogno di varare un’altra serie di manovre di bilancio, aumenti del prelievo fiscale e tagli di spesa. La mia scommessa è che questo probabilmente accadrà: che egli dovrà infrangere la promessa di non praticare quest’anno ulteriori tagli di bilancio. E qui entra in gioco la volontà politica. I mercati, il che significa le persone che comprano e vendono titoli di Stato, devono scommettere se la Spagna e l’Italia faranno o meno ciò che è necessario per rispettare i loro impegni nell’eurozona. Di per sé, è chiaro, ovviamente, che il premier Monti abbia davvero questa volontà politica. Ma non può essere considerato isolatamente. (…)Il calo dei rendimenti dei titoli di Stato italiani deve qualcosa alla credibilità e alle riforme del governo Monti ma molto di più all’enorme sussidio da parte della Banca centrale europea, sotto forma di prestiti triennali agevolati alle banche europee che sono state convinte, soprattutto quelle italiane, a prendersi un po’ di più del debito italiano. Così non dovrebbe sorprendere nessuno che le cattive notizie economiche abbiano convinto gli operatori finanziari a scommettere che il branco del mercato obbligazionario sarebbe scappato dall’Italia. Era una buona e facile scommessa a breve termine. La domanda è se potrebbe anche diventare una buona scommessa a lungo termine. La risposta giace nella profondità della recessione italiana, nelle onde politiche che emergono dalla Grecia e dalla Francia, nella capacità del governo Monti di far passare ulteriori riforme, e, in definitiva, dalla possibilità che questa fase di riforme possa durare. Se si crede che sarà giusto, nel migliore dei casi, un fenomeno passeggero, questione di un anno, una transizione tra una politica vecchia e una ancora più vecchia, allora non ci può essere alcun dubbio: la mandria fuggirà in preda al panico».

E inoltre sui giornali di oggi:

LEGA
CORRIERE DELLA SERA – Analisi severa di Massimo Franco sulla situazione della Lega dopo Bergamo, nella nota a pagina 12: “Da qualunque punto di vista la si osservi, la parabola del Carroccio promette altre sorprese negative. Soprattutto, lascia trasparire una resa dei conti feroce che non riguarda solo «maroniani» e «bossiani» ma la cerchia dei fedelissimi «dell’Umberto». Si tratta di una faida destinata a inasprirsi nel momento in cui cadranno altre teste padane. Le persone che dalla malattia del 2004 hanno protetto e isolato Bossi si mostrano al corrente di molti segreti. Più di un indizio porta a ritenere che siano pronte a rivelarli se le cose si mettessero male. Per questo non è scontato che regga il compromesso affidato al triumvirato formatosi sull’onda delle sue dimissioni. L’esigenza di trovare capri espiatori e di cancellare odi sedimentatisi negli anni, infragilisce i nuovi equilibri interni; e non tiene conto di sviluppi giudiziari che vengono aggiornati quasi quotidianamente. Quanto è emerso finora sarebbe soltanto una minima parte di quello che la magistratura è convinta di trovare nei bilanci raffazzonati e opachi del partito”.

MATRIMONI
LA REPUBBLICA – Da Padova a Roma, è boom di corsi laici per salvare le unioni. L’obiettivo insegnare agli sposi come relazionarsi, come gestire i conflitti, mediare l’aggressività, leggere la comunicazione verbale e del corpo. «Una separazione su tre è dovuta ad ingerenze dei parenti», dice l’assessore di Tolmezzo, Cristiana Gallizia. Cioè la colpa è della suocera…

TUNISIA
MANIFESTO – Richiamo in prima pagina per il reportage  “Scontri a Tunisi, la rivoluzione è finita”, “Un grande corteo di protesta aveva l’obiettivo, lunedì, di infrangere il divieto di manifestare in Avenue Bourghiba, simbolo della rivoluzione del 14 luglio. Ma è stato represso dalla polizia. Finisce così la luna di miele tra governo e società civile. Dopo la cacciata di Ben Ali, il Paese si trova alle prese con disoccupazione e povertà crescenti. Mentre cresce la pressione islamista” l’articolo è molto ampio e apre pagina 7.


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