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Politica & Istituzioni

Sarkò, ora gli tocca inseguire

Hollande vince ai punti il primo turno, Francia più spaccata, e sulle elezioni pesa il successo della destra

di Franco Bomprezzi

Hollande ha vinto, ma Sarkozy non ha ancora perso. L’impennata della destra di Marine Le Pen interroga la Francia e non solo, dopo l’esito incerto del primo turno elettorale. I giornali italiani del lunedì dedicano molto spazio al voto d’Oltralpe.

“Hollande in testa, Sarkozy spera ancora”, sintetizza così il CORRIERE DELLA SERA nel titolo di apertura e dà i numeri nel sommario: “Il socialista al 28,5%. Il presidente al 27. Successo di Marine Le Pen con il 18”. Quattro pagine dedicate a cronaca e analisi, più due editoriali che partono dalla prima. Massimo Nava: “n teoria, lo scarto non è irrecuperabile nelle due settimane che precedono la sfida finale: «contatori» azzerati, tempo di parola diviso in parti uguali, confronto fra programmi sono elementi su cui fa leva un uomo abituato al combattimento e mai rassegnato, quale è Sarkozy. Ma è l’aritmetica dei rapporti di forza a rendere probabile il tramonto della sua stagione controversa, piena di errori, speranze mancate e risultati oscurati dalla crisi. Il giovane leader che voleva rinnovare il gollismo e trasformare il modello francese rischia di essere ricordato per aver consegnato la Francia intera alla «gauche» (dai Comuni all’Eliseo) e risvegliato in modo esponenziale la galassia dell’estremismo, dell’antipolitica, del rifiuto di tutto: delle riforme avviate e di quelle necessarie al risanamento dello Stato”. Michele Salvati: “Quali le conseguenze sul nostro Paese della vittoria dell’uno o dell’altro candidato? Per chi è soprattutto preoccupato delle condizioni soffocanti cui è costretta la nostra economia, del fatto che il rigore si pone oggi in contrasto con la crescita invece di aiutarla, una vittoria di Hollande sarebbe una buona notizia. È vero, potrebbero esserci turbamenti sui mercati, ma la cancelliera tedesca si renderebbe conto, di fronte a un deciso mutamento di politica del suo principale alleato, che concessioni fiscali e monetarie assai più forti sono indispensabili per stimolare la crescita dell’Europa e salvare il suo sistema monetario”. Aldo Cazzullo inviato a Parigi, analizza la situazione di Sarkozy a pagina 3: “Ma oggi paradossalmente la crisi può dargli una mano. Sarkozy giocherà la carta della paura e della protezione. Finora ha cercato soprattutto di impietosire i francesi: «Capitemi», «aiutatemi». Ora tenterà di spaventarli — la caduta dei mercati, il timore della sinistra — e di rassicurarli. Giocandosi il duello tv (Hollande gliene concederà uno solo, probabilmente il 2 maggio) sulla linea della «scelta di personalità»: sicurezza contro mitezza, forza contro sorriso. Oggi Sarkozy ricomincia da Tours, la città di Philippe Briand, il potente tesoriere, e di Guillaume Peltier, il capo dei giovani. «Non avremo mai più un leader così», commentava all’uscita dalla Mutualité uno di loro, e probabilmente ha ragione. Tra due settimane sapremo se per la destra e per la Francia è una condanna, o un sollievo”. Stefano Montefiori ha invece seguito il socialista Hollande, a pagina 4: “Per i socialisti, arrivare in testa al primo turno non era affatto scontato. Solo negli ultimi due giorni i sondaggi avevano indicato questo esito, ma per settimane Nicolas Sarkozy era sembrato sicuro di arrivare in testa al primo turno, condizione fondamentale per sperare di continuare la rimonta anche il 6 maggio. Hollande è da ormai un anno favorito al secondo turno, ma non si pensava potesse vincere anche la prima votazione. L’entusiasmo per la vittoria è però stemperato dalla grande affermazione di Marine Le Pen: anche di questo Hollande incolpa Sarkozy. «Con la sua campagna elettorale irresponsabile il presidente uscente ha cavalcato le paura dei francesi — ha detto Hollande — io invece voglio rassicurarli, tranquillizzarli. Dobbiamo comprendere i bisogni, la rabbia, la fatica di chi ha votato per l’estrema destra. Sono francesi in difficoltà che abbiamo il dovere di aiutare, ai quali dobbiamo rivolgerci»”. 

“Hollande avanti, uragano Le Pen”: LA REPUBBLICA ignora il presidente uscente richiamato solo nel sommario: “Schiaffo a Sarkozy nella corsa all’Eliseo: vincerò al ballottaggio. Estrema destra al 18%”. «Il sorpasso pronosticato è avvenuto» scrive Bernardo Valli da Parigi, Sarkozy è stato non solo «frustrato ma umiliato… ma soprattutto ha perduto lo slancio, il controllo della dinamica elettorale… Ha perduto il primato». Colpisce l’affermazione di Marine Le Pen che si gusta il trionfo e intervistata spiega «non dirò ai miei elettori come devono votare. I francesi sono grandi abbastanza per scegliere da soli», Sarkozy «non ha più alcuna chance». Mentre Hollande dice «il cambiamento è in cammino. Niente potrà fermarci», il presidente dice «i giochi non sono fatti». Sarà ma è la prima volta che un presidente uscente è secondo al primo turno. In Italia le reazioni sono un po’ provinciali. Gasparri che dice «la sinistra che otterrà l’Eliseo è in realtà minoritaria» e Bersani che gongola, auspicando un cambiamento di equilibri e assicurando che nel Pd non scatterà la voglia di elezioni. Monti non si schiera invece, mentre secondo Storace «con lo straordinario risultato di Marine Le Pen rinasce il sogno della destra europea». Secondo Marc Lazar il socialismo stile Hollande sopravvive perché fedele a uguaglianza e laicità. Cioè non ha tentato di allearsi con il centro per dar vita a un grande centro-sinistra, ma è rimasto coerente e riformista aggiornando alcune questioni centrali come l’analisi della globalizzazione, dell’insicurezza, del capitalismo finanziario.

«Sberla all’Europa di Monti». IL GIORNALE guarda al risultato francese sottolineando i riflessi italiani. Scrive il vicedirettore Giuseppe De Bellis nel suo editoriale: «Parigi scrive a Bruxelles e ai suoi tecnocrati che spadroneggiano». All’interno il ritratto di Hollande a cura di Gaia Cesare: “Il grigio burocrate”, viene definito. «Molle, ossia moderato rispetto a una sinistra francese combattiva – figlia del secondo partito comunista più importante d’Europa e ancora un po’ nostalgica della rivoluzione (vedi il quarto posto del “Front de gauche”di Jean-Luc Mélenchon). Ma anche “molle” per i toni mai particolarmente agguerriti, per un passato più da uomo d’apparato che da leader e per una storia fatta di tante sconfitte e nessun trionfo. Così lo ha definito la sua compagna di partito e probabile futuro primo ministro Martine Aubry, da lui battuta alle ultime primarie socialiste: “Non si combatte una destra dura con una sinistra molle”, tuonò la segretaria del partito appena un anno fa. Un affondo rincarato dall’ex compagna di vita e madre dei suoi quattro figli, Ségolène Royal, che con grande lucidità e perfidia ne indicò il tallone d’Achille: “l’inazione”. Eppure, all’età di 57 anni, “l’uomo qualunque” che fu il tecnico ombra alla corte dei Grandi, da François Mitterrand a Jacques Delors fino a Lionel Jospin, l’ex segretario di partito che nei suoi 11 anni al vertice (1997-2008) ha collezionato alcune delle peggiori batoste per i socialisti francesi (l’esclusione di Lionel Jospin, superato da Jean-Marie Le Pen, nel ballottaggio del 2002) e la sconfitta personale e di carriera più dura (battuto alle primarie del 2007 dalla compagna Ségolène, poi sconfitta da Sarkozy), il leader senza nessun esperienza ministeriale pregressa, si è imposto agli occhi degli elettori francesi, proprio per queste sue caratteristiche, come l’anti-Sarkò».

“Hollande avanti, Sarkò la sfida”, è il titolo di apertura de LA STAMPA. Nel sommario i numeri: «il presidente al 26,1: voto di crisi. Il socialista a 28,8: si volta pagina. Le Pen boom: 18,5». L’editoriale “Tutto può ancora succedere”, è a cura di Cesare Martinetti, «Marine Le Pen è la sola a cantare vittoria e lo fa usando uno slogan del ’68: “Ce n’est qu’un debut, continuons le combat”, è solo l’inizio, la battaglia continua. Il padre, Jean-Marie, vecchio combattente della Francia nera di Vichy non avrebbe mai nemmeno pensato di citare gli studenti del Maggio parigino: è il cambio di generazione, da quella post-bellica a quella post-ideologica. E quasi un francese su cinque ha votato per questa signora bionda che promette di far “esplodere i due partiti della finanza e delle banche”. I due partiti, o meglio i due capi di quei partiti, sono Nicolas Sarkozy e François Hollande, presidente e sfidante socialista, che ieri hanno avuto il primo verdetto dopo quasi un anno di campagna elettorale: ha vinto Hollande (28,50%), ma meno di quanto si pensava. Sarkozy (27,09%) è l’unico presidente della Quinta repubblica a uscire battuto al primo turno. Ma nel caso di sconfitta tra quindici giorni non sarebbe il primo a non venire riconfermato: è capitato a Giscard d’Estaing nell’81 di fronte a Mitterrand. Anche Hollande, in caso di sconfitta, non sarebbe il primo: Lionel Jospin era in testa al primo turno del ’95 ma fu poi battuto da Chirac. Tutto questo per dire che nella corsa presidenziale secondo la liturgia della République niente è giocato e tutto è ancora possibile».  All’interno Marco Castelnuovo firma “La speranza di Hollande: il cambiamento è in atto e nessuno lo fermerà”. “L’estrema destra anti-Sarkozy batte ogni record” è il focus di Marco Bresolin su Marine LE Pen che «supera anche i risultati del padre». In taglio basso l’intervista “Lo storico Max Gallo: Hollande non andrà troppo a sinistra”. Marco Zattarin invece firma il retroscena “Bruxelles non teme Hollande: tutti meglio di Sarkozy”.  

E inoltre sui giornali di oggi:

RICCARDI
LA REPUBBLICA – “Non serve il partito dei cattolici ma tutti devono rinnovarsi o l’antipolitica avrà la meglio”. Andrea Riccardi, ministro per l’integrazione e fondatore di Sant’Egidio, spiega che non si deve pensare a un partito dei cattolici, che è preoccupato per l’antipolitica e che «i cattolici sono un patrimonio di idee e di energie con cui interagire. Di certo non un partito ma sono una rete radicata tra la gente».

LAVORO
ITALIA OGGI – Tempi duri anche per le classi più agiate. Secondo il pezzo pubblicato a pag 49 dal quotidiano dei professionisti “Il figlio di papà trova impiego più tardi”,  i neolaureati provenienti da famiglie a basso reddito riescono a trovare un lavoro nel giro di qualche mese. «Man mano che migliorano le condizioni economiche della famiglia di origine, si allungano i tempi di ricerca dell’occupazione che possono arrivare a tre anni».

CRISI
IL SOLE 24 ORE – “Dai soldi alla casa la mappa del disagio”. Un approfondimento sulla vita degli italiani al tempo della crisi: «Cinema meno pieni, ma anche più spesa al discount, aumento vendite di auto a Gpl e con meno optional, crescita dei «compro oro» e dei dentisti low cost, fino ad arrivare al forte aumento dei casi di pignoramenti immobiliari. Cause ed effetti finiscono talvolta per mischiarsi, ma alla fine quello tratteggiato in questa inchiesta del Sole 24 Ore è l’affresco di un’Italia che fra alti e bassi sta cercando di prendere le contromisure a una crisi che va avanti ormai da cinque anni. (….)Anche salute e tempo libero non sono rimaste immuni alle difficoltà. Sul primo fronte un indice è rappresentato dalla crescita delle prestazioni a “basso costo”: sempre secondo Assolowcost il valore della sanità a prezzi “solidali” è arrivato a 10 miliardi di euro, con un tasso di incremento annuo previsto superiore al 20 per cento. Del resto il risparmio promesso da questi professionisti parte dal 30%, ma può arrivare anche al 60 per cento. A soffrire di più sono i dentisti: per i ricavi 2011 si prevede un calo del 46% (in base a stime Andi, l’associazione di categoria), ma già nel 2010 le visite erano diminuite  (di circa 2,5 milioni, ossia il 4%), così come la domanda di ortodonzia (-55%) e di protesi (-81%)».

CASALINGHE
CORRIERE DELLA SERA – A pagina 23 Maria Luisa Agnese analizza i dati Istat: “Casalinghe, non si sa se disperate o no, le donne d’Italia secondo i dati Istat 2011. Sono quasi cinque milioni, considerando solo la popolazione in grado di lavorare, dai 15 ai 64 anni, con una concentrazione non degna di un Paese maturo nella classe d’età più giovane: 800 mila le under 35 che lavorano solo in casa. Morale, nonostante l’impegno e le battaglie delle donne per le quote, dal 2004 a oggi, cioè da quando si possono prendere in considerazione cifre omogenee, la casalinghitudine è diminuita solo del 5,9 per cento in tutto il Paese, mentre in alcune zone è addirittura aumentata, per esempio al Sud dove le massaie superano in numero le donne che lavorano. E non basta a rendere consolante il quadro quel piccolo aumento di uomini che si dichiarano casalinghi (63 mila), probabilmente in riposo forzato per l’effetto della lunghissima crisi”. 


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