Attivismo civico & Terzo settore

Orlandoni, il portiere-papà che ha parato la paura della disabilità

di Franco Bomprezzi

Paolo, Martina, i bambini. Una coppia normale, che si vuole bene. Una famiglia normale, in un mondo speciale. Quello del calcio, dei campioni strapagati, dei divi che piangono e si commuovono ? giustamente ? quando finisce la carriera e appendono gli scarpini al chiodo. Paolo fa parte di questo mondo da sempre. Martina lo ha conosciuto fuori dal suo ambiente. Le hanno detto che giocava al calcio, come se questo per lei dovesse essere un motivo di attrazione in più, e invece a lei non importava niente. Si sono innamorati, però. E così anche lei, una giovane e bella donna, colta, piena di vita e di progetti, ha cominciato a seguire Paolo, squadra dopo squadra, per anni.
Sono nati i figli, tre, e tra questi una bella bambina con la sindrome di Down. Paolo non è scappato, Martina non è cambiata. La loro vita, “dopo il ciclone”, ha continuato a intrecciarsi con quella di tanti grandi nomi del calcio al massimo livello. E adesso che Paolo lascia, dopo tanti anni da “campione silenzioso”, lei, Martina, scioglie il silenzio in un appassionato e dolcissimo omaggio pubblico, nella sua pagina di Facebook, facendo commuovere amici e tifosi, e scrivendo una pagina di dignità e di vero amore. Lei si chiama Martina Fuga, lui è Paolo Orlandoni. Un mito per i tifosi interisti, anche per me, che ogni volta a San Siro l’ho applaudito quando entrava in campo per il riscaldamento, assieme ai due portieri titolari, Julio Cesar e Castellazzi, e prima di lui Toldo. Orlandoni è un buono, un vero atleta, una persona schiva e per bene. Ho conosciuto entrambi in un’occasione speciale, quando ho presentato il libro di Massimiliano Verga, Zigulì, a Milano. Uniti tutti e quattro, a questo punto, da due passioni, così diverse, così simili: il tifo per l’Inter e l’impegno per i diritti delle persone con disabilità. Paolo si è messo in fondo alla sala.
Scrive Martina, sua moglie: «Ricordo un Inter-Genoa in cui hai giocato davanti ai tuoi bambini emozionati ed entusiasti di vederti finalmente in campo, quegli stessi bambini a cui hai sempre spiegato il valore del tuo ruolo con serenità, pazienza e equilibrio anche quando le loro domande erano incalzanti e crudeli, anche quando protestavano perché nell’album Panini di quest’anno la tua foto non c’era. Ricordo l’emozione di vederti con la fascia di capitano anche se in un’amichevole estiva con il Galatasaray, ricordo il debutto in Champions League contro il Werder Brema. Ricordo la finale di Madrid e i nostri figli e i figli dei nostri amici che correvano avanti e indietro da una porta all’altra felici, li ricordo in viaggio, li ricordo nell’hotel prima della partita, li ricordo lì nello stadio Bernabeu che si rotolavano a centro campo fra le stelle filanti dorate, la tua faccia incredula e il bacio a centro campo con Emma sulle spalle». C’ero anch’io al Santiago Bernabeu, quella sera, e non la dimenticherò mai. Ma non avevo ancora pensato a quante storie, anche belle, il calcio ci può regalare. Perché questa è la storia di una famiglia vera, di una famiglia possibile. Nella quale anche la disabilità trova un posto in prima fila, senza ostentazione, ma senza nasconderla. Anzi. Martina si impegna con l’associazione Pianeta Down a diffondere cultura positiva, di inclusione, nelle scuole, nelle famiglie, negli operatori. Paolo è sempre con lei. I figli possono contare su due splendidi genitori.


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