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Famiglia & Minori

A novembre la Conferenza sulla famiglia

Quasi quattro mesi dopo la nomina, ieri si è riunito per la prima volta l'Osservatorio per la Famiglia. Stefano Zamagni ce lo racconta. Anticipandoci la svolta scelta per la Conferenza nazionale: «basta studi, bisogna produrre progetti»

di Sara De Carli

La Conferenza Nazionale della Famiglia sarà nella seconda metà del mese di novembre e dal 2014 l’Italia festeggerà la Giornata Nazionale della Famiglia, il 15 maggio.  Sono queste le due prime decisioni prese dal nuovo Osservatorio nazionale sulla famiglia, che si è riunito ieri per la prima volta a Palazzo Chigi.  Stefano Zamagni, presidente del Comitato Tecnico Scientifico, racconta come è andata.


Ce lo chiarisca una volta per tutte, chi ha la delega alla famiglia?
L’assemblea di ieri è stata convocata da Patroni Griffi su mandato del presidente Letta. Ho chiesto la stessa cosa, la risposta è stata che il presidente è intenzionato a tenere per sé la delega, demandando di volta in volta al suo sottosegretario alla presidenza di presenziare e intervenire.

Cosa è stato deciso ieri?
Innanzitutto abbiamo ottenuto lo spostamento in avanti di un mese della prossima Conferenza Nazionale sulla Famiglia, che quindi sarà nella seconda metà di novembre. Questo per consentire una migliore organizzazione. L’approccio per questa Conferenza sarà bottom-up invece del solito top-down: ho proposto – e l’idea è stata accolta – di portare alla conferenza un inventario di progetti per poi orientare le politiche.

Cosa intende?
In Italia c’è una sproporzione enorme fra la produzione di pensiero scientifico sulla famiglia e la produzione di progetti. Della famiglia sappiamo tutto, abbiamo moltissime ricerche, ma pochissimi progetti. È tempo di produrre. Al massimo invece abbiamo proposte, come anche nel Piano Nazionale della Famiglia.

Che è senza finanziamenti…
Già. Ho dovuto spiegare la differenza tra proposta e progetto, perché non l’abbiamo ancora chiara. Una proposta diventa progetto solo nel momento in cui è accompagnata da un piano finanziario e da indicazioni di sostenibilità. Prima è una proposta. Il Piano Famiglia in questo senso non è un piano, ma un elenco di proposte – lì chiamate azioni.

Quali sono le priorità che lei vede per i progetti da presentare?
Intanto anche io rispetto la logica bottom-up e ho chiesto alle associazioni, che sono a contatto con le famiglie, di individuare progetti secondo ciò che vedono. Il comitato tecnico scientifico poi valuterà e stabilirà le priorità in base a un criterio che oggi non può essere altro che quello dell’urgenza, non dell’importanza.  Anche questo non è chiaro: un progetto può essere importantissimo ma non urgente, quello che deve andare avanti è un progetto magari meno importante, ma più urgente. Senza dividerci fra noi e combatterci l’un l’altro. Le faccio un esempio che spero chiarisca ciò che intendo: al Pronto Soccorso non ci va chi ha un tumore ma chi ha un taglio di quindici centimetri, è chiaro che il tumore è più grave, ma il taglio è più urgente.

Chiarissimo.  Qualche urgenza però l’avrà individuata…
A mio giudizio le aree in cui intervenire sono tre: quella del fisco, sia nella tassazione diretta sia in quella indiretta, passando da una logica basata sull’individuo a una basata sulla famiglia; il nuovo welfare, che non può essere solo quello aziendale, perché così restano fuori tutti quelli che un lavoro non ce l’hanno, ci vuol la sussidiarietà circolare, l’unica in grado di garantire l’universalismo; infine l’armonizzazione tra famiglia e lavoro, dove si può lavorare subito e senza particolari costi. Confindustria ha fatto un’osservazione che condivido molto: è tempo che anche la Pubblica amministrazione riveda i suoi orari e la sua organizzazione, che sono pensati per una famiglia che non esiste più. È tempo di finirla con questa dicotomia.  
 


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