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Cooperazione & Relazioni internazionali

Crestani (Ciai): cari enti, basta scontri e collaboriamo

Dopo l'interrogazione di Carlo Giovanardi che mette in dubbio la guida stessa del sistema adozioni, la presidente del Ciai Paola Crestani si schiera con Silvia Della Monica ("la sua visione è anche la nostra, i numeri nelle adozioni non sono tutto") e fa un appello agli altri enti: "Abbassiamo i toni, o le famiglie perderanno ogni fiducia"

di Gabriella Meroni

Che succede nel mondo delle adozioni internazionali? Tra interrogazioni parlamentari, dubbi di legittimità sulla presidente della Cai, chiusure da parte degli enti, tempi lunghi e costi lievitati, mai come in questo momento questo delicato settore vive momenti turbolenti e incerti. Per aiutarci a capire la situazione abbiamo interpellato Paola Crestani, presidente del Ciai-Centro Italiano Aiuti all'Infanzia, un ente autorizzato tra i più antichi (nasce 46 anni fa) e autorevoli.
Signora Crestani, non perdiamo tempo: che ne dice dell'iniziativa del senatore Giovanardi contro la presidente Silvia Della Monica?
Non condivido questa mossa né nel merito, né perché ritengo non sia opportuno né utile alzare i toni e innescare una guerra nel mondo delle adozioni, ma che al contrario serva dialogo e collaborazione. Ma soprattutto alla base di questa interrogazione sta un'idea di adozione che non è la nostra.
Quale?
Quella che misura il successo dai numeri. Il senatore Giovanardi lo dice all'inizio: la crisi secondo lui è dovuta al dimezzamento delle adozioni, quindi dalla quantità. Noi crediamo invece che la cosa più importante sia la qualità, l'attenzione, la professionalità e il rispetto delle leggi. L'adozione è un ottimo strumento per garantire ai bambini abbandonati il diritto ad avere una famiglia, ma a precise condizioni. I numeri non dicono tutto, anzi.
Nel merito, invece, qual è la sua opinione del lavoro di Silvia Della Monica? E' vero che decide tutto da sola, senza consultare gli enti?
No. Sulle decisioni importanti, come anche sugli incontri con le delegazioni dei paesi stranieri, è sempre stato chiesto agli un contributo scritto, che noi per esempio abbiamo puntualmente inviato. Non nego che esistano momenti di stallo e anche criticità, ma da qui a dire che la presidente non è legittimata ce ne corre. E poi, ripeto, la sua idea di adozione non quantitativa ma qualitativa è anche la nostra.
Eppure è innegabile che negli ultimi anni il numero dei bambini adottati in Italia sia drasticamente calato, e che esistano molte difficoltà da superare da parte delle famiglie.
E chi lo nega? Dico soltanto che è pericoloso instillare un clima di sfiducia nelle famiglie, che sono la nostra più grande risorsa anche come paese, sostenendo che nel mondo ci sono milioni di bambini adottabili, quindi è assurdo che ci vogliano anni per accoglierne uno. 
Non è così?
Primo, i milioni di bambini in stato di disagio nel mondo non è detto siano tutti adottabili. Secondo, anche i bambini senza famiglia non sono sempre adottabili. Terzo, il calo delle adozioni non riguarda solo l'Italia ma tutti i paesi “accoglienti” a livello mondiale, e si deve alla migliore protezione che i paesi meno ricchi garantiscono oggi ai loro minori disagiati, per i quali cercano innanzitutto una soluzione sul territorio nazionale. E meno male che questo accade. Quarto, in questo quadro a essere veramente adottabili sono bambini che spesso hanno bisogni speciali, quindi problemi che non tutte le famiglie sono disposte ad affrontare. Ecco spiegato il calo numerico, che non si deve a chissà quale malagestione o cattiva volontà ma, al contrario, al rispetto assoluto di questi fattori e soprattutto della legalità. E immagino che su quest'ultimo punto siamo tutti d'accordo.
Anche la presidente Della Monica…
Soprattutto lei. Infatti apprezzo molto il suo atteggiamento e il fatto che la Commissione da lei presieduta tenga particolarmente a controllare la correttezza di tutte le procedure. Secondo me noi enti dovremmo collaborare e non metterci a remare contro, soprattutto perché nel nostro mondo lo scontro è deleterio. Che fiducia possono avere le famiglie in un sistema diviso e litigioso? Me lo sto chiedendo spesso in questi giorni. E le risposte che mi do non sono certo confortanti.


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