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Cooperazione & Relazioni internazionali

La guerra raccontata nei tappeti

35 anni di storia del Paese rappresentati attraverso manufatti di un’energia sorprendenti. Sono 50 tappeti presentati per la prima volta in Italia, con la mostra “Calpestare la guerra”

di Anna Spena

Con i fili di lana si tessono visioni lontane, difficili da capire perché non ci appartengono. Eppure è questo il potere magnifico dell'arte: “buttarci” in un mondo e sentirne, sulle spalle, forte il peso. È quello che si sperimenta vistando la mostra aperta a Rovereto in cui sono esposti 50 tappeti tutti prodotti in Afghanistan che immortalano gli ultimi 35 anni di storia, fatta di guerra e occupazione, della nazione.

Intrecciati a mano dai bambini afghani e dai maestri annodatori, i tappeti, sono la  memoria del Paese. Nell'incontro tra antiche tradizioni e nuovi simboli, l'arte ci racconta la guerra. Dentro i tappeti  scene di violenza coesistono con motivi ornamentali fino a quando, i tappeti, obbligati dalla storia, diventano lo specchio degli eventi: torri gemelle, kalashnikov, carri armato, bombe a mano. Per i mujaheddin i tappeti sono nuove iconografie che inneggiano alla guerra e alla jihad.
 

 

La mostra, a cura di Nicoletta Boschiero e Edoardo Marino, ha un titolo significativo: Calpestare la guerra e presenta una delle più importanti collezioni europee di questa tipologia di tappeti. «Il progetto è l'evoluzione di una campagna dal nome “Calpesta la guerra” che ho ideato nel 2006 durante un master di Scienze Politiche all'Università di Roma Tre», dice il co-curatore della mostra Edoardo Marino.

“Calpesta la guerra” è una campagna di sensibilizzazione sull'Afghanistan,  promossa da Cooperaction e promuove l'educazione alla pace e alla difesa dei diritti umani con lo scopo di raccogliere fondi per progetti di sviluppo in Afghanistan.

In pochi decenni, quella afgana è diventa la produzione artistica più significativa, pregiata e storicamente estesa di tappeti di guerra. In Europa come negli Stati Uniti vengono venduti e collezionati da veterani dell’esercito e mercanti che danno vita a un vero e proprio business. L’innegabile valore artigianale, sociale e storico li rende oggetto di studio e esposizione in gallerie, manifestazioni e musei.
 

 

«La collezione che conta poco più 100 pezzi», continua Marino, «è il risultato della ricerca di questi manufatti, ricerca svolta sia in Italia che all'estero. Alcuni tappeti li ho riportati io stesso dall'Afghanistan, altri mi sono stati donati per la causa da collezionisti o da mercati. I tappeti sono tutti bellissimi dal punto di vista artistico, ma tra tutti non sono in grado di scegliere quello che preferisco perché non ne condivido l’ideologia. Forse uno dei più significativi è quello che racconta della liberazione dell'Afghanistan dall'Unione Sovietica, un momento di “libertà” che il paese ha vissuto prima che arrivassero i talebani. Può essere considerato come un tappeto celebrativo di un momento d'indipendenza dalla occupazioni anche se poi, sappiamo bene, come la storia abbia preso tutta un'altra piega».

L'arte ancora una volta diventa strumento di conoscenza e ci avvicina a realtà particolari «non si può essere indifferente a una comunicazione cosi immediata che si tratti di un tappeto o di un ricamo fatto su tela, parliamo di una forma di sensibilizzazione alla quale do grande valenza artistica che in questa sua forma di comunicazione può dare molto al mondo del non profit» conclude Marino.


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