Cooperazione & Relazioni internazionali

L’ultima notte di guerra a Donetsk

Il nostro inviato nel Donbass, il russista Eliseo Bertolasi, racconta le ultime ore drammatiche prima del cessate il fuoco. «Un bombardamento assurdo senza nessuna logica o tattica militare se non il semplice “far male”, “punire” la città»

di Redazione

Dontesk – Verso il tardo pomeriggio del 14 febbraio è iniziato il bombardamento su Donetsk. Il cessate il fuoco, secondo gli accordi di Minsk, sarebbe scattato alla mezzanotte. Le forze di Kiev hanno pensato bene, quindi di sferrare un ultimo bombardamento prima della scadenza prevista.

È stato terribile, io ero in città. Verso le 18.00 sono iniziati i primi colpi. Alle ore 20.00 nonostante il coprifuoco inizi alle 22.00 (di ogni giorno), la città appariva già deserta, pochissime le auto in giro. L’atmosfera era surreale: l’illuminazione al minimo, i palazzi con le finestre chiuse e con le luci spente, e in sottofondo il fragore delle esplosioni sempre più frequenti, sempre più forti e ravvicinate.

È stato un incubo! Chi poteva si rifugiava nelle cantine. Qualcuno, ormai abituato e rassegnato a vivere in questo inferno, con fatalismo si fumava una sigaretta sul balcone. Verso la mezzanotte, ora di Donetsk (che da qualche mese ha adottato l’ora di Mosca), il bombardamento si è fatto ancora più violento, fino verso le due di notte, poi un po’ alla volta si è spento.

Un bombardamento assurdo senza nessuna logica o tattica militare se non il semplice “far male”, “punire” la città di Donetsk. Senza indirizzare i colpi su specifici obiettivi, ma colpendo alla cieca.

E poi i bambini. Quali e quanto dolorose potranno essere le conseguenze di questi traumi vissuti? Il frastuono, le bombe, la paura, i pianti, il rifugio nei sotterranei.

Per avere un’idea delle proporzioni di questo dramma basti pensare che Donetsk è una città grande come Milano. Immaginate Milano sotto i bombardamenti.

Nella giornata del 15 la situazione appariva calma. Si vive una sorta di strana tranquillità. Un silenzio strano, non interrotto dai soliti boati delle esplosioni. Sembra sia iniziata la tregua. Tutti sperano che non sia però come tutte le tregue precedenti. Ho parlato sia con i miliziani che con i civili, la gente comune, per strada. Tutti sperano nella pace, senza però farsi troppe illusioni. Sanno che Kiev con insistenza sta chiedendo aiuti militari agli Stati Uniti e alla Nato. Non è un buon segno. Chi vuole la pace non cerca le armi. Tutti sono fermi sulle proprie posizioni e indietro non si torna. Tutti vogliono la pace ma anche l’indipendenza da Kiev. Il popolo del Donbass vuole poter decidere autonomamente del proprio destino e del proprio futuro.

La foto in copertina è a cura di Eliseo Bertolasi


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