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Adozioni: nasce un’ organizzazione per chi decide di interromperle

Fondata da una madre adottiva in Gran Bretagna, Adoption Disruption offre supporto ai genitori che decidono di interrompere l’adozione e restituire il minore ai servizi sociali, casi fortunatamente rarissimi. Secondo le ricerche in realtà il tasso di fallimento non supera il 3%

di Ottavia Spaggiari

Si chiama Adoption Disruption, letteralmente Adozione Interrotta, l’organizzazione fondata da Claire Patterson in Gran Bretagna che affronta ciò che non si vorrebbe mai affrontare quando si parla di adozione: il fallimento.

L’organizzazione è il risultato della storia personale di Patterson che, nel 2011 aveva adottato, Tom, un bambino di 18 mesi. Secondo Patterson, al momento dell’adozione, a Tom non erano stati ancora diagnosticati i gravissimi danni celebrali che, col tempo, avrebbero richiesto un’assistenza 24 ore su 24, che lei, da sola, non sarebbe stata in grado di assicurargli, fino a portarla, due anni dopo, alla decisione devastante, sia per lei che per il bambino, di interrompere l’adozione e restituire Tom ai servizi sociali.

“Sentivo di non avere altra scelta”, spiega Patterson al giornale britannico Independent, specificando che adesso Tom si trova in una struttura in cui può contare sull’assistenza continua di personale medico qualificato. “Molti mi hanno detto che non avrei mai fatto la stessa cosa se si fosse trattato di mio figlio biologico, ma credo che invece mi sarei comportata nello stesso modo e vorrei chiarire che non ho abbandonato mio figlio, ho cercato di assicurargli le migliori cure possibili.”

In realtà fortunatamente il tasso di fallimento nelle adozioni è estremamente basso, in Gran Bretagna si aggira intorno al 3% e, in Italia, nel 2003, la Commissione per le adozioni internazionali aveva svolto un’indagine approfondita che stimava il numero dei bambini “restituiti” attorno al 2,5 per cento degli adottati.

Il caso di Patterson sarebbe quindi rarissimo. La maggior parte delle interruzioni avvengono durante il periodo dell’adolescenza e, secondo la professoressa Julia Selwyn, a capo dell’Hadley Center dell’Università di Bristol, un centro specializzato in adozioni e affidi, in realtà, l’allontanamento della famiglia non indica in realtà la fine della relazione.

“In molti casi si continua ad essere genitori da lontano, spesso i genitori adottivi continuano ad offrire un supporto economico ai figli adolescenti, invitandoli a cena la domenica, lavandogli i vestiti e la relazione, tende, col tempo, a migliorare. Anche quando questo non accade, abbiamo notato che i ragazzi tornano dalla famiglia adottiva, dopo un po’ di tempo,” spiega Selwyn che ha condotto una ricerca su 37,335 adozioni, nel corso di dodici anni. Secondo questo studio nel 91% dei casi in cui l’adozione è fallita, il minore era stato testimone nei primi anni di vita di violenza domestica e nel 34% dei casi vittima di abusi sessuali.

Adoption Disruption dovrebbe servire come piattaforma di condivisione di informazioni e aiuto per chi si trova ad affrontare il fallimento di un’adozione. “Ci si sente di aver abbandonato un bambino a cui si era promesso tutto, estremamente colpevoli e disperatamente tristi davanti al crollo di tutti i propri sogni e le proprie speranze.” Spiega Patterson, “Spero che l’organizzazione offra ai genitori il supporto di cui hanno bisogno e che aiuti a rompere il tabù che c'è su questo argomento.”


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