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Pubblicità & azzardo legale, la partita si gioca a Bruxelles

Il dibattito sul divieto o meno della pubblicità dell'azzardo legale si sposta a Bruxelles dove in un convegno si sono confrontate le posizione del Governo, quelle di Sistema Gioco Italia e della Commissione

di Lorenzo Maria Alvaro

Una volta era solo l’anima del commercio. Oggi sembra più che mai l’anima dell’azzardo: una sorta di arma cui il mondo del gioco legale non vuol rinunciare neppure di fronte alla necessità sociale di regole ben più stringenti e rispettose delle fasce sociali più a rischio dipendenza, che è stato dimostrato vengono spinte e “trattenute” nelle proprie abitudini di gioco compulsivo proprio dalla pubblicità che dilaga ovunque e su ogni mezzo, su tv pubbliche e private, sui media, su Internet.

Le posizioni sono ormai arcinote: da un lato tutto il terzo settore impegnato nel contrasto al G.A.P.  che chiede, con l’appoggio di tutta la Commissione Affari Sociali della Camera, un provvedimento che vieti la pubblicità dell’azzardo legale (qui una petizione lanciata settimana scorsa); dall’altro le lobby del gioco che vogliono, parafrasando un loro noto slogan, continuare a “vincere facile” promuovendo il proliferare dell'offerta di giochi con vinvite in denaro.

Ma la battaglia è a tutto campo e passa inevitabilmente anche per la Delega Fiscale: da più parti da quando sono circolate le prime bozze del provvedimento il fronte anti pubblicità ha continuato la sua opera fino all’annuncio-apertura di lunedì scorso del sottosegretario con delega ai giochi Pier Paolo Baretta, padre estensore del provvedimento, sui tecnici del MEF inviati a Bruxelles per aprire la strada al modello tedesco anche in Italia sulla materia. La preoccupazione che lo stesso Baretta non ha mai celato è che lo sport al di fuori delle fasce orarie protette ipotizzate dal decreto a garanzia dai minori sia un enorme veicolo di pubblicità per l’azzardo e un pericolo per tutte le categorie a rischio e in particolare per i minori, vanificando di fatto quanto di buone presente in materia nelle bozze.
 
Ma la partita, proseguendo nella metafora, è volata a proprio a Bruxelles dove in un convegno che ha affrontato il tema della pubblicità da un lato Harrie Temmink, Vice presidente dell’unità online e postale e direttore generale mercato e servizi interni della Commissione Europea, ha spiegato come “la pubblicità  dei giochi con vincite in denaro non sia sbagliata”, perché  “il divieto totale della pubblicità  impedirebbe di distinguere fra offerta legale e quella illegale”. Posizione ripresa anche dal  Vicepresidente di Confindustria Sistema Gioco Italia, Giovanni Emilio Maggi che chiedendo una regolazione della pubblicità per il comparto si è detto disponibile al confronto “per migliorare le regole attuali e lo stato delle cose”.

Sempre allo stesso convegno di Bruxelles a rappresentare il giusto controcanto è stata Ornella Porchia, Legal Advisor della Rappresentanza permanente dell’Italia presso l’Ue, ha ricordato come la materia sia tutt’ora lasciata alla normativa statale “considerata la sua natura peculiare e con specifico riferimento alla necessità  di salvaguardia dell’ordine pubblico, la prevenzione delle frodi e la tutela del consumatore”.
 
In chi crede che il dilagare dell’offerta di azzardo legale sia un problema sociale e pubblico, posizione che molta parte della filiera addirittura condivide, c’è la convinzione che una seria tutela del consumatore non può prescindere da un divieto assoluto e dall'assimilare il gioco al fumo, perché rappresenta un vero e proprio paradosso che la pubblicità connoti gli operatori legali, che con questa posizione dimostrano anche quanto sia aleatorio il concetto di gioco responsabile. Qualunque scomettitore, ad esempio, sa esattamente a quanto Stanleybet (che non ha una concessione statale e ha scelto di non aderire alla sanatoria, muovendosi quindi al fuori del terreno della legalità e della normazione italiana) quoti il prossimo scudetto della Juve o il nome dell'erede di casa Windsor, perché il gioco pubblicizza se stesso in moltissimi modi. E tutti non fanno che incrementare e rendere più visibile l'offerta e moltiplicare i rischi di dipendenza


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