Cooperazione & Relazioni internazionali

«Pronti ad aprire un esame preliminare sul Burundi se non si fermano le violenze»

A parlare è Fatou Bensouda, procuratore della Corte penale internazionale (CPI). Dal 26 aprile, giorno in cui il Presidente uscente Nkurunziza ha annunciato la sua candidatura per un terzo mandato in violazione della Costituzione, scontri e disordini hanno fatto oltre 40 morti e messo in fuga 100mila persone

di Joshua Massarenti

«Mi appello a tutti coloro che potrebbero commettere gravi crimini. Non commettete nè incitate a commettere atti di violenza. Non ordinate, sollecitate, incoraggiate o contribuite a tali atti. Chiunque commetta crimini corre il rischio di essere processato e condannato a una pena massima di 30 anni di carcere, o addirittura all'ergastolo. Se questo messaggio non viene ascoltato e le violenze continueranno, potrei decidere di aprire un esame preliminare». Un mese dopo le prime dichiarazioni dell'8 maggio, il Procuratore della Corte penale internazionale, Fatou Bensouda, aumenta la pressione sul Burundi e special modo tutti coloro che si sono resi colpevoli di crimini gravi in questo paese dell’Africa centrale. E lo fa in un’intervista esclusiva rilasciata a Vita e all’Agenzia Infos Grands Lacs che associa i principali media indipendenti in Burundi, Rwanda e Repubblica Democratica del Congo.

Il Procuratore della CPI assicura di monitorare «la situazione con grandissima attenzione», sottolineando che «i leader politici devono garantire che i loro sostenitori non commettano alcun genere di violenza, prima, durante e dopo le elezioni. Se verranno commessi crimini, lo Stato [burundese] dovrà indagare e perseguirne i responsabili. In caso contrario, la Corte penale internazionale interverrà. I burundesi possono e devono impedire violenze elettorali».

L’annnuncio della candidatura del Presidente uscente Pierre Nkurunziza alle elezioni presidenziali previste il 15 luglio prossimo ha innescato violente proteste contro il regime burundese. Dal 26 aprile, la società civile e l’opposizione sono scese in strada per opporsi al terzo mandato al quale Nkurunziza ambisce perché in violazione della Costituzione burundese, che limita a due i mandati del presidente della Republica. Le contestazioni iniziate all’indomani della scelta di Nkurunziza di candidarsi sono sfociate in scontri durissimi tra forze di polizia e manifestanti. In oltre un mese di contestazione, il bilancio è di 40 morti e oltre 100mila burundesi rifugiati nei paesi vicini (Tanzania, Repubblica Democratica del Congo e Rwanda). A questi si aggiungono decine fra giornalisti e oppositori minacciati dal regime.

Nell’intervista rilasciata a Vita.it e IGL (che potete ascoltare qui), il procuratore della CPI ha precisato che «allo stato attuale, non vi è alcuna indagine in corso, pertanto non stiamo raccogliendo elementi di prova». Tuttavia, «da aprile abbiamo assistito a una spirale di violenza estremamente preoccupante che ha spinto molte persone a fuggire dalle loro case, provocando un esodo massiccio della popolazione. Alcuni miliziani hanno il compito di intimidire e minacciare la gente. Rimango preoccupata, come un gran numero di burundesi, per tutto ciò che potrebbe far precipitare la situazione attuale nel caos generale." Per Fatou Bensouda, "dobbiamo evitare a tutti i costi che ciò accada».

Infine, il procuratore della Corte penale internazionale ha voluto smentire le indiscrezioni riguardante un ordine da lei emesso a una banca africana per congelare i beni di alti dirigenti del Burundi: «Ciò è totalmente falso».


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