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Cooperazione & Relazioni internazionali

Il Memoriale della Shoah si trasforma in casa per i profughi

Non più solo luogo della Memoria, ma testimone dell’accoglienza quotidiana, a Milano il Binario 21, da cui, nella Seconda Guerra Mondiale sono partiti i convogli della deportazione ebraica, aprirà le porte ai migranti, mettendo a disposizione 30 posti letto per chi è costretto a fuggire dal proprio Paese

di Ottavia Spaggiari

Dormiranno a pochi metri dalla gigantesca incisione sul muro che ricalca la parola indifferenza, i migranti che saranno ospitati all’interno del Memoriale della Shoah, costruito su quel Binario 21 per molti anni rimasto nascosto alla città, dove tra il 1943 e il 1945 migliaia di ebrei vennero caricati nei treni merce per essere caricati, nella notte, su vagoni merci e agganciati poi ai convogli diretti ad Auschwitz- Birkenau, Bergen Belsen e ai campi di smistamento italiani di Fossoli e Bolzano. Una decisione, quella di aprire le porte al memoriale della Shoah a chi ha bisogno che è arrivata naturale e doverosa, in questa estate caldissima, in cui i numeri dei migranti che arrivano e cercano di ripartire per il nord Europa, continuano a rincorrersi, ma che sembrano essere stabili sui 1300 profughi a Milano. “Abbiamo dovuto considerare diversi aspetti, relativi alla sicurezza delle persone e del luogo, ma alla fine siamo riusciti a trovare un modo,” spiega Roberto Jarach, vice-presidente della fondazione Memoriale della Shoah. “Si tratta di una volontà e di un dovere a cui non possiamo sottrarci, anche nel nome e nel segno del valore simbolico di questo luogo, che è emblema della necessità di accoglienza. Lunedì dovremmo avere l’ispezione della protezione civile e poi dovremmo riuscire ad aprire le porte.” Un progetto che riuscirà anche grazie alla sinergia con la Comunità di Sant’Egidio, tra i fondatori della fondazione. “Aiuteremo il Memoriale a tenere aperta la struttura con l’aiuto di un mediatore e dei nostri volontari,” spiega Ulderico Maggi, Direttore della Comunità. “Ci è sembrato doveroso, e il modo migliore per restituire il senso del Memoriale. Il rifiuto dell’accoglienza e la chiusura dei confini ricorda troppo spesso i respingimenti degli ebrei ai confini con la Svizzera, durante la Seconda Guerra Mondiale.”

Un modo per scattare e far rivivere a queste enormi stanze dal passato indicibile, una seconda possibilità, di giorno e di notte.

Con i suoi trenta letti, infatti le porte del Memoriale saranno aperte a chi ha bisogno dalle 20.30 alle 8.30 del mattino e, di giorno, il Memoriale continuerà la normale attività di visite. “Solitamente le persone che arrivano non si fermano più di due notti, di giorno ritornano i stazione per cercare di ripartire e raggiungere le mete sognate per cui hanno lasciato i propri paesi,” spiega Jarach. “Ci aspettiamo nel primo mese un passaggio di circa 450 persone. Crediamo che dare una mano, in un momento come questo, sia il modo migliore per proteggerci dall’indifferenza, quella parola che Liliana Segre, una delle ultime testimoni della Shoah, ha voluto così fortemente impressa all’ingresso del Memoriale. Perché non dobbiamo scordare che è stata proprio l’indifferenza la complice silenziosa dell’Olocausto.”

OLIVIER MORIN/AFP/Getty Images


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