Cooperazione & Relazioni internazionali

Mediterrano ritorni a essere un ponte grazie alle microimprese

Oggi a Roma, il Comitato per una Civiltà dell'Amore ha lanciato un progetto di cooperazione che si concretizzerebbe in un intervento a favore di 5mila capifamiglia in Africa creando opportunità occupazionali creando sinergie con le Pmi

di Redazione

Come fare perché il Mediterraneo torni a essere un ponte tra i continenti che vi si affacciano? Come far sì che esso torni a essere un mare di civiltà, di pace, di lavoro? Sono questi gli interrogativi al centro della tavola rotonda promossa dal Comitato per una Civiltà dell’Amore che, oggi pomeriggio a Roma, ha lanciato una proposta che nasce da un assunto: occorre puntare su uno sviluppo locale nei Pvs che sia basato su piccole esperienze imprenditoriali diffuse di microprogetti e microimprese; un sistema capace di consegnare alle popolazioni il protagonismo necessario, per creare una nuova civiltà, di cui tutti – sottolineano gli organizzatori – abbiamo bisogno.

Il progetto è significativamente intitolato: “dall’Italia ponte tra Europa e Africa/M.O. di lavoro e di pace senza emigrare”. La premessa è la necessità di trovare soluzioni che «non siano solo di natura contenitiva, ma anche di sviluppo e sostegno ad opportunità di lavoro dignitoso da creare sul posto», di fronte alla crescente ondata di immigrazioni. Un’iniziativa in tal senso – si ricorda – è stata intrapresa dal Comitato di Collegamento di Cattolici per una Civiltà dell’Amore che punta alla creazione e/o consolidamento di posti di lavoro in Paesi africani. Diverse le campagne in cui si è concretizzata questa azione tra cui “Adotta un Papà nel Sud del Mondo” che ha consentito finora di aiutare oltre 1.300 capifamiglia nei Paesi poveri

La proposta lanciata oggi pomeriggio a Roma si pone in continuità con quest’ultima campagna, tuttora attiva da parte del Comitato, e di cui intende rappresentare una evoluzione ed un perfezionamento.
 Proprio a seguito di continue e pressanti richieste pervenute al Comitato e alla Focsiv da missioni e ong dislocate sul territorio africano, con le quali il Comitato è costantemente in contatto, si è sentita la necessità di una riflessione sulla natura di tali istanze e sulle possibili prospettive da scorgere.

L’obiettivo dell’iniziativa è quello di poter permettere a circa 5mila capifamiglia di migliorare il proprio lavoro o creare nuovo lavoro in quei paesi dell’Africa (principalmente del Sahel) nei quali l’emigrazione verso l’Europa è più forte e nei quali la creazione o il consolidamento del lavoro potrebbe essere un forte deterrente all’abbandono di quelle terre.

Alla richiesta di informazioni per la redazione di schede in cui sono descritti i Paesi e i villaggi cui destinare questa iniziativa hanno risposto 22 Istituti Missionari e ong, distribuiti in 60 villaggi in vari Paesi africani, con un coinvolgimento di popolazione di oltre 1 milione di abitanti, individuando circa 5.000 capifamiglia destinatari diretti degli aiuti.

L’iniziativa si potrebbe realizzare tramite la concessione di sussidi, valutati intorno a 1.000 euro per ogni capofamiglia per un anno, con i quali, oltre a remunerare il lavoro dei singoli capifamiglia, si cercherebbe di sviluppare un insieme di settori strategici, quali:
 agricoltura e agro-zootecnia; acqua; artigianato; ambiente e foreste; imprenditorialità femminile
; trasformazione prodotti e commercio; educazione e istruzione; sanitario; sicurezza alimentare

L’impegno economico per l’iniziativa è di 5 milioni di euro per un anno, cui aggiungere gli oneri di gestione stimati in circa 1 milione di euro.
 Tale impegno potrebbe aumentare in relazione a un eventuale ampliamento del numero dei capifamiglia da coinvolgere, che potrebbe essere addirittura raddoppiato. L’impegno a creare lavoro con microimprese locali e contrastare il fenomeno dell’immigrazione comporta un onere economico che dovrebbe essere sostenuto proprio nell’ambito di appositi piani di finanziamento istituzionali.

I beneficiari dell’iniziativa sarebbero, non solo i 5.000 capifamiglia, ma tutti i familiari e le rispettive comunità (villaggi, quartieri etc..).
 La stima attuale dei beneficiari totali dell’iniziativa potrebbe ammontare a circa 1.000.000 di persone.

La concessione di aiuti economici ai capifamiglia va visto come uno strumento per l’avvio di una politica di collaborazione pubblico-privato come quella recentemente auspicata dall’Unione europea e sostenuta anche dal nostro ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale con recenti provvedimenti legislativi.

Il Ponte Europa- Africa si avvierebbe con le microimprese e piccole cooperative create dai 5.000 capi famiglia in vari Paesi dell’Africa e costituirebbero una testa di ponte per le prime Pmi italiane ed europee, in settori produttivi affini, che intendono cooperare sistematicamente per uno sviluppo reciproco, aiutati dai contributi finanziari anche europei del Piano 2014-2020, sviluppando nuova occupazione che sarà soprattutto giovanile anche in Italia e Europa.
La proposte è ora sul tappeto.


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