Cooperazione & Relazioni internazionali

Matteo Renzi: «L’Africa? Una priorità»

Si è concluso il secondo tour africano di Matteo Renzi dal suo arrivo al Palazzo Chigi nel 2014. Prima in Etiopia, dove ha partecipato alla terza Conferenza internazionale sul finanziamento per lo sviluppo, e poi in Kenya, il Presidente del Consiglio ha confermato la sua volontà di fare dell’Africa una priorità strategica della politica estera italiana. Come? Ecco le risposte che il premier ha dato

di Joshua Massarenti

Addis Abeba, Nairobi – Dopo una notte bianca passata a negoziare sulla crisi greca a Bruxelles, un capo di Stato o di governo europeo avrebbe trovato qualsiasi scusa per cancellare un viaggio in Africa. Matteo Renzi invece no. Al suo secondo tour africano ci teneva. E tanto. Dopo Mozambico, Angola e Congo-Brazzaville nel 2014, quest’anno il Presidente del Consiglio ha privilegiato l’Africa orientale, con due tappe (Etiopia, Kenya) dal 14 al 15 luglio e un motto: “L’Italia è di ritorno in Africa”.

Dalle parole ad effetto, emerge una nuova visione sulle relazioni con il continente africano fondata sugli aiuti allo sviluppo e gli investimenti. “Sono strumenti essenziali per combattere alla radice il terrorismo e l’immigrazione”, ha ribadito a più riprese durante il suo viaggio il Presidente del Consiglio. L’agenda del Premier riassume bene le ambizioni del governo italiano su “un continente che in passato abbiamo troppo oscurato”. Ad Addis Abeba, Matteo Renzi è stato l’unico capo di governo (assieme allo svedese Stefan Löfvén) ad aver partecipato alla terza Conferenza internazionale per il finanziamento allo sviluppo che si è chiusa oggi con l’adozione di un Piano d’Azione. E questo va sottolineato. Giunto nella capitale etiope con 24 ore di ritardo per via del Summit europeo sulla Grecia, il Premier italiano ha dichiarato nel suo speech alle Nazioni Unite di essere venuto ad Addis Abeba “su invito del Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki Moon e per portare una nuova visione dello sviluppo”. E “la vera sfida non è soltanto salvare vite umane” nel Mediterraneo, “ma creare qui posti di lavoro, nuove prospettive di speranza”.

In Africa come in altre aree del Sud del mondo, “dobbiamo fare di più per le persone che fuggono dalla povertà e dalle persecuzioni, è quindi nostro dovere investire di più nella cooperazione allo sviluppo”. Sulla sua pagina Facebook, il Premier precisa: “una strategia di politica estera degna di questo nome non può che mettere al centro dell'interesse italiano l'Africa, le sue potenzialità, le sue contraddizioni, le sue ricchezze. Oggi tra Addis Abeba e Nairobi sui temi della cooperazione, della lotta a terrorismo, del contrasto a immigrazione, dell'impegno comune per il futuro. Inutile dire "Aiutiamoli a casa loro" se poi si tagliano i fondi e non si considera la politica estera una priorità. Dopo anni di immobilismo, finalmente si riparte”.

APS: da fanalino di coda dei paesi del G7 al quarto posto nel 2017

Ma le cifre, impietose, ci dicono che l’Italia riparte da molto lontano. Dallo 0,16% del PIL riservato agli APS, per l’esattezza, il che fa del nostro paese uno dei peggiori donatori dell’OCSE nel 2014. A ricordarlo è sempre il Premier che, in un secondo intervento effettuato durante un evento parallelo alla Conferenza promosso dal dal Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, dal Ministero dell’Economia e delle finanze e da Cassa depositi e prestiti, annuncia la volontà di perseguire “il cambio rotta iniziato due anni fa” per “consentire all’Italia di raggiungere il quarto posto nel ranking dei paesi del G7 nel 2017”, anno in cui il governo italiano assumerà la presidenza del gruppo delle sette nazioni sviluppate con la ricchezza netta più grande al mondo. Un annuncio accolto positivamente dall’Associazione delle Ong italiane (AOI), dal Coordinamento Italiano Networks Internazionali (CINI) e da Link 2007 Cooperazione in Rete, che in un comunicato congiunto esprimono “soddisfazione per l'impegno ad aumentare in modo significativo le risorse destinate all'aiuto allo sviluppo fin dalla prossima legge di stabilità”. Questo nonostante il Premier non abbia indicato nessuna cifra.

“Stando agli ultimi dati OCSE questo vorrebbe dire, passare in due anni dall’attuale 0,16% allo 0,25% in una proiezione che mantenga invariate le risorse messe in campo dagli altri sei Paesi”, afferma il responsabile relazioni istituzionali di Oxfam Italia, Francesco Petrelli . “Un grande impegno che monitoreremo attentamente a partire dalla prossima Legge di Stabilità”. E non sarà di certo l’unico. Con la nuova riforma, anche il settore privato intende dire la sua, auspicando un maggiore accesso alle finanze pubbliche sotto forma di blending.

Visita alla diga di GIBE III

Ma in Etiopia, Matteo Renzi ha voluto ribadire con forza la necessità di accrescere non soltanto gli aiuti, ma anche gli investimenti privati. La sua visita alla diga GIBE III costruita dal Gruppo Salini Impregilo sul fiume Omo, 300 chilometri a sud-ovest di Addis Abeba, ha un valore altamente simbolico. Alta 246 metri, la centrale idroelettrica, operativa dal settembre prossimo, avrà una capacità installata pari 1870 megawatt di energia, “l’equivalente di due centrali nucleari”, ha sottolineato Renzi davanti ad una platea di operai italiani entusiasti della visita del Premier. Per l’amministratore delegato del gruppo Salini-Impregilo, Pietro Salini, “questa visita ci fa onore. Lo sviluppo del continente africano è un' opportunità per le aziende italiane che da anni operano in quest’area. L’attenzione del governo è un importante riconoscimento per l’impegno e il lavoro italiani”. Non tutti hanno aprezzano allo stesso modo il gesto di attenzione del Premier verso il colosso italiano del settore delle costruzioni e dell’ingegneria, ma Matteo Renzi tira dritto. “Sono molto orgoglioso per questa cooperazione tra due Paesi”, ha sottolineato il Presidente del Consiglio. “Troppo spesso l'Italia non è consapevole delle cose straordinarie che tanti di voi e noi fanno in giro per il mondo”.

L'Italia tra lotta contro la povertà e conquista di nuovi mercati

Per Renzi, l’Africa è quindi anche una terra di opportunità per il made in Italy, oltre che un continente in cui combattere la povertà. Anzi, sono due facce della stessa medaglia. E l’obiettivo è vincere su entrambi i fronti. Lo dimostrerà il giorno seguente a Nairobi, in Kenya, paese minacciato dal gruppo terrorista somalo Al Shabaab e al tempo stesso protagonista di una crescita economica impressionante, ma i cui benefici rimangono troppo spesso nelle mani di una minoranza privilegiata. Nella capitale keniota, Il Premier ha incontrato il presidente keniano, Uhuru Kenyatta. Al termine del colloquio, il premier ha presenziato alla firma dell'accordo tra i governi di Kenya e Italia per la costruzione di un’altra diga, quella Itare, nella provincia della Rift Valley, per cui l'appalto da 240 milioni di euro è stato assegnato alla Cooperativa muratori e cementisti di Ravenna (CMC), per conto della Kenyan National Treasury. Il finanziamento, del valore complessivo di 306 milioni di euro messo a disposizione da Intesa Sanpaolo e BNP Paribas, include una tranche garantita da SACE di 270 milioni di euro e una tranche commerciale di 36 milioni di euro.

Scommettere sui giovani per rafforzare le relazioni italo-africani

Nella stessa mattinata di ieri, il Premier si è presentanto all’Università di Nairobi per svolgere una lecture. Anche lì, la scelta della sede non è ovviamente casuale. Secondo le previsioni dei demografi, nel 2050 ci saranno in Africa oltre un miliardi di giovani con un’età inferiore ai 18 anni. Davanti a una platea gremita di ragazzi e ragazze, e al ministro degli Esteri, Amina Mohamed, Renzi ha voluto rendere omaggio alle vittime di Garissa (terrorismo) e al Premio Nobel per la pace Wangari Maathai (che ha studiato in questo campus), ricordare che la cultura e gli scambi universitari saranno una priorità della cooperazione italiana (un concetto ribadito in più di un’occasione durante il suo viaggio), che l’Italia continuerà salvare vite umane ma che i giovani africani, di cui forse alcuni presenti in sala sono candidati all’emigrazione, devono pensare di costruire il loro futuro qui, in Kenya e in Africa, partendo dagli studi per diventare i leader di domani. Leader che Renzi sogna di poter accogliere nelle università italiane, per fare dell’Italia un ponte consolidato tra l’Europa e l’Africa nel XXI secolo. Il secolo del continente africano.

Sul numero del magazine di agosto un'intervista esclusiva a Matteo Renzi sull'Africa

Credito foto: Palazzo Chigi


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