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Tram inaccessibile? Condannati Comune di Milano e Atm

Il Tribunale ha accolto il ricorso presentato da un cittadino con disabilità. Marco Rasconi (Ledha Milano): «Si intervenga al più presto per garantire alle persone con disabilità il diritto a muoversi in autonomia»

di Redazione

Un tram inaccessibile è discriminatorio. E su questa discriminazione è intervenuto il Tribunale di Milano che ha condannato Comune e Atm (l’azienda trasporti milanese). I giudici milanesi hanno accolto il ricorso presentato da Antonio (nome di fantasia), una persona con disabilità motoria che per raggiungere il centro di Milano deve usare mezzi di trasporto privati dal momento che il tram 24 non è accessibile. Ledha Milano sottolinea come Antonio, invece di utilizzare due sole linee di trasporto pubblico come tutti gli altri utenti, per raggiungere il centro città con i mezzi pubblici dovrebbe invece utilizzare «ben quattro mezzi (tre linee di superficie e la linea tre della metropolitana) per compiere lo stesso itinerario. Ed è per questo motivo che Antonio ha presentato un ricorso contro Atm e contro il Comune di Milano».

Accogliendo il ricorso, il giudice (con una sentenza del 18 giugno scorso) ha ordinato che Atm e il Comune di Milano intervengano per sanare questa situazione di discriminazione entro il 31 dicembre 2015. All'azienda di trasporti, il giudice impone di inserire nel parco mezzi della linea 24 “un numero di vetture (tali da assicurarne l'utilizzo da parte del disabile nelle diverse ore della giornata) accessibili al disabile motorio”. Mentre il Comune di Milano deve intervenire entro la fine dell’anno per adeguare banchine o marciapiedi in corrispondenza delle fermate della linea 24, in modo da renderle accessibili

«Non è mai un positivo che, per vedere rispettato un proprio diritto, si debba ricorrere a un tribunale», afferma Marco Rasconi presidente di Ledha Milano. «Ma vogliamo intendere questa sentenza come un memento per il Comune e per Atm affinché si attivino per consentire la libera circolazione delle persona con disabilità». L’auspicio di Rasconi è che «il Comune si attivi in tempi brevi», mentre Ledha Milano «come di consueto offre la sua disponibilità a collaborare sul tema dei trasporti e dell’accessibilità»

Per Ledha Milano, infatti, questa è una sentenza importante, che mette in evidenza «come il diritto di muoversi autonomamente costituisca un elemento essenziale per il rispetto della dignità degli individui e deve essere garantito alle persone con disabilità al pari degli altri».

Il diritto alla mobilità rappresenta del resto uno degli aspetti centrali dell'attività di Ledha Milano, che nei mesi scorsi ha sollevato più volte il tema durante un tavolo tecnico con il Comune di Milano. «Purtroppo, dopo pochi incontri, il tavolo non è stato più convocato. Ripartirà a settembre, dopo diversi mesi di pausa» ricorda Roberto Morali, direttore di Ledha Milano. «I problemi però restano. E le persone con disabilità faticano a muoversi in città senza avvalersi delle cooperative di trasporto: un servizio che deve essere pagato, che rappresenta un costo non indifferente per chi ne usufruisce e che viene coperto solo in parte dal Comune attraverso il riconoscimento dei contributi legati alla soglia Isee».
Per Ledha Milano inoltre, è importante intervenire in tempi certi: occorrono soluzioni non solo economiche ma anche strutturali. Che garantiscano un maggior numero di opzioni per chi si vuole muovere in città.

Gli effetti di questa sentenza del Tribunale di Milano non si esauriscono al perimetro cittadino. La decisione dei giudici dovrebbe rappresentare un monito a tutti i Comuni e a tutti i gestori di servizi di trasporto pubblico: «Dovranno avere sempre più la consapevolezza che non garantire un adeguato sistema di trasporti davvero inclusivo li potrà esporre in futuro ad altre simili azioni legali», commenta l’avvocato Gaetano De Luca del Centro Antidiscriminazione “Franco Bomprezzi”.


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