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Bologna: con la lista nozze apre una mensa per i poveri

L’idea è venuta al vicepresidente dell’associazione Piazza Grande per i senza dimora, Roberto Morgantini, che è riuscito a coinvolgere la città e una rete di amici per raccogliere 50mila euro da destinare alle “Cucine Popolari”. E il suo progetto non si ferma qui…

di Marina Moioli

Ci pensava da anni e finalmente il suo sogno di realizzare una mensa per sfamare i poveri è diventato realtà grazie a un’idea originale: destinare al progetto le offerte dei regali di nozze. A Bologna Roberto Morgantini lo conoscono tutti. Nato 68 anni fa in Piemonte, ma trasferitosi giovanissimo nel capoluogo emiliano, ha lavorato per quarant’anni all’ufficio stranieri della Cgil ed è vicepresidente dell’associazione Piazza Grande che dal 1993 si occupa dei senza fissa dimora.

Attento ai bisogni crescenti delle persone in difficoltà Morgantini lo è sempre stato e da anni progettava di realizzare un mensa per i poveri della città. «Avevamo trovato i cuochi e i camerieri volontari, le aziende che si offrivano di aiutarci, ma poi il progetto si era bloccato perché occorrevano i finanziamenti per le spese vive (gas, luce, affitto), necessari a garantire un anno di funzionamento».

Per superare l’impasse ci voleva qualcosa che colpisse l’attenzione, e Morgantini l’ha trovata: portare all’altare Elvira Segreto, sua compagna da 38 anni, e approfittare delle nozze per organizzare un grandioso gesto di solidarietà. «Ci voleva un gesto che colpisse, che andasse a toccare il cuore delle persone. Così abbiamo deciso di destinare tutti i proventi dei regali alla realizzazione del progetto mensa: servivano almeno 20mila euro per attrezzare le cucine, ma alla fine ne abbiamo raccolti 50mila, grazie al tam tam dei tantissimi amici e al coinvolgimento di tutta la città. Una vera mobilitazione sociale, con offerte da 5 a 500mila euro. All’appello hanno aderito in tantissimi, da Stefano Benni a Gianni Morandi, da Alessandro Bergonzoni a Romano Prodi. E sono arrivate perfino offerte da Reggio Calabria o da Palermo, dalla Palestina o dalla Germania. Ma il gesto che mi ha colpito di più è stato quello dei ragazzi del Centro di salute mentale di Gemona, in Friuli, che hanno realizzato a mano le “bomboniere” a mattoncino e si sono talmente entusiasmati al progetto che hanno organizzato una cena per raccogliere fondi e hanno donato mille euro. Poi dieci di loro si sono comprati un abito nuovo e hanno anche partecipato alle nostre nozze», racconta Morgantini.

La cerimonia (annunciata da uno spiritoso biglietto con cui gli sposi “dopo 38 anni di unione clandestina” invitavano tutti al loro “matrimonio di interesse”) si è svolta a Palazzo Accursio il 27 giugno scorso, con Moni Ovadia (amico degli sposi) come officiante ed è stata: «una festa di colori e di persone, senza distinzioni. Con una gioia doppia per il grande obiettivo raggiunto e superato», commenta lo sposo. Mentre il ricevimento si è trasformato in un trionfo di canti e balli da ogni angolo del mondo ma anche di cucina tradizionale bolognese e di cibo etnico perché tutte le comunità straniere di Bologna si sono mobilitate per festeggiare gli sposi. La comunità filippina ha preparato i noodles, quella marocchina il cous cous, quella palestinese la maqluba. E poi torte colombiane, specialità greche e piatti eritrei. Una festa dai tanti sapori, tanti saperi e tanti significati.

«Meno di un mese dopo le nozze siamo finalmente riusciti a inaugurare le Cucine Popolari in via del Battiferro, frequentate da circa 60 persone bisognose segnalate dai Servizi sociali del Comune e dalla chiesa di San Cristoforo, dove è nato un bel connubio con il parroco, don Isidoro», spiega ancora Morgantini. La mensa per i poveri sta funzionando bene, ma lui non è tipo da dormire sugli allori e pensa già al futuro: «Adesso che è stata accesa», dice, «questa fiammella bisogna continuare a tenerla viva. Non basta l’orgoglio di esserci riusciti, occorre dare seguito alla cosa con nuove iniziative perché di questi tempi il bisogno continua ad aumentare. Pensiamo di chiedere sostegno per dare continuità alla mensa, che in questa fase è aperta tre giorni alla settimana solo a mezzogiorno. L’idea è di fornire cibo anche la sera e di fare servizio a domicilio per tutti quelli che non escono di casa. La nostra è un’osservazione ravvicinata e abbiamo scoperto che essere legati al territorio vuol dire avere un’antenna sempre accesa per captare quello che succede. Ormai il bisogno aumenta in modo esponenziale, è trasversale, non è più questione di colore: riguarda tutti. La precarietà e l’incertezza sono sempre in agguato. Per questo a ogni tavolo della nostra mensa è seduto anche un “facilitatore” che sta insieme agli altri, parla con loro e fa emergere i problemi. E poi, attraverso i contatti con la rete di solidarietà bolognese, si cerca di aiutare anche in altri ambiti, in primis il lavoro. Perché Cucine Popolari non si limita al cibo, vuol essere anche qualcos’altro».

Chi vuol sostenere l’iniziativa di Cucine Popolari trova le modalità per le donazioni sul sito www.civibo.it dove c'è anche uno spazio aperto a tutti, “Cosa proponi?” ,in cui ciascuno può dare il proprio contributo per aiutare a rendere realizzabili le idee tramite la rete delle associazioni, delle imprese e delle persone fisiche.

I progetti sono promesse che la fantasia fa al cuore; e il cuore non rifiuta mai questi pericolosi regali.

Jean-Louis Vaudoyer

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