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Cooperazione & Relazioni internazionali

Un litro di luce dalle Filippine al Senegal, passando dalla Toscana

Prendi una bottiglia di plastica, dell’acqua filtrata, candeggina e voilà: luce in un milione di case. Nel 2011 l’imprenditore sociale Illac Diaz decide che con le bottiglie di plastica che invadono le discariche di Manila si può fare di più: ovvero portare luce nelle periferie delle metropoli. Così inizia una bella storia

di Donata Columbro

Prendi una bottiglia di plastica, dell’acqua filtrata, candeggina e voilà: luce in un milione di case. Nel 2011 l’imprenditore sociale Illac Diaz, fondatore della MyShelter Foundation, organizzazione con cui nel 2006 si è occupato di ricostruire le case distrutte dai tifoni che si abbattono sovente nel suo paese d’origine, le Filippine, decide che con le bottiglie di plastica che invadono le discariche di Manila si può fare di più: ovvero portare luce nelle periferie delle metropoli.

Ora dei giovani entusiasti della cooperazione – Lorenzo e Giorgio Giorgi di Prato, insieme al milanese Giacomo Battaini, stanno replicando il progetto in Senegal, con il sostegno economico della fondazione A2A, e quello tecnico della Wame (World Access to Modern Energy). Lorenzo e Giorgio hanno quindi fondato Un litro di Luce Italia e cominciato le attività con dodici scuole toscane nel febbraio del 2015, per far sperimentare ai ragazzi la tecnologia promossa da Illac Diaz, anche se “i professori erano quasi più entusiasti degli studenti”, spiega Giorgio dal Senegal, dove si trova per seguire la prima fase internazionale del progetto.

120 bottiglie di luce per il Senegal

Giorgio sta mappando la pianta di Sinè Mbarick, un villaggio di 500 abitanti vicino a Mékhé, nella regione di Thiès. In Senegal la popolazione con accesso all’energia elettrica è il 56,5 per cento, mentre nelle zone rurali si stima che solo il 4 per cento dei villaggi siano allacciati alla rete nazionale, secondo i dati della Banca Mondiale.

“Abbiamo conosciuto Illac in Toscana, grazie alla sorella che vive a Firenze. Dallo scorso giugno abbiamo cominciato a lavorare per aprire una sezione di A Liter of Light in Italia e diventare il punto di riferimento per l’organizzazione in Europa”, spiega Giorgio.

La scelta del villaggio di Sinè Mbarick si deve a Moustapha Diagne, rappresentante della comunità senegalese di Prato, e ora project manager locale dell’intervento.

I prossimi step del progetto prevedono un workshop a ottobre e novembre in cui i giovani della squadra di calcio locale e le donne del villaggio saranno protagonisti: impareranno a usare la tecnologia delle bottle bulbs e saranno i diretti riferimenti della propria comunità in caso di bisogno, per esempio per la riparazione o la sostituzione dei pezzi.

Una tecnologia che arriva da lontano

Il progetto nasce dall’idea di usare la tecnologia progettata nel 2002 da Alfredo Moser, un meccanico brasiliano, per fornire illuminazione alla propria officina. Il prototipo si diffonde durante le lezioni di Amy Smith all’MIT di Boston, dove studia Illac Diaz, e arriva nelle periferie delle Filippine.

Da qui il nome “Un litro di luce”, che diventa “Un litro di luce di notte”, nato dalla collaborazione tra My Shelter Foundation e il dipartimento di Ingegneria Elettronica dell’università di Santo Tomas nelle Filippine: è l’evoluzione della “lampadina” grazie all’uso di un pannello solare collegato a un led (con potenza da 1 a 2 watt) e una batteria per ricaricare la bottiglia (bottle bulb) anche per l’uso nelle ore notturne.

Lo stesso meccanismo si applica alle nuove “Street Light” da 3 watt, che permettono di illuminare aree pubbliche di città e villaggi, la stessa che ora Giorgio in Senegal sta studiando di implementare mappando le esigenze del territorio.

“C’è sempre una connessione con l’Italia però, perché i primi circuiti verranno realizzati dagli studenti di un istituto di Milano e poi portati in Senegal”, spiega Giorgio. Saranno 120 i punti luce sparsi nel villaggio di Sinè Mbarick, di cui tre anche vicino all’area del cimitero, un’esigenza emersa dalle interviste per la mappatura che sta svolgendo in loco.

Come il primo gruppo nato nelle Filippine con Illac – ora ce ne sono 18 in altrettanti paesi del mondo – anche quello italiano vuole avere una struttura snella: “l’idea è quella di rendere indipendenti le comunità locali e dare avvio a una microimpresa sul territorio che si occupi dei circuiti”, dice Giorgio.

La lampadina di Un Litro di Luce è anche ecosostenibile: i pannelli solari e i led aiutano la riduzione di emissioni di co2 (una lampadina da 60 watt ne produce 39 grammi all’ora), con una durata di almeno due anni. Salvaguardia dell’ambiente e accesso all’energia: una bella combinazione.


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