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Cooperazione & Relazioni internazionali

Open Society: Bruxelles non manderà in scena il solito film

La nuova agenda migranti alla prova della politica europea. Secondo Costanza Hermanin, senior policy analyst del Open Society European Institute, non ci sono altre soluzioni che adottare le nuove proposte che riguardano l'aumento delle quote e l'obbligo di accoglienza da parte dei paesi membri.

di Martino Pillitteri

L’apertura dei leader dei paesi europei c’è; quelli a Bruxelles (Jean- Claude Juncker, Donald Tusk e Martin Shultz) sono allineati; le proposte sul tavolo superano anche l’immaginazione; l’urgenza di passare dalla parole ai fatti è sotto gli occhi di tutti; l’opinione pubblica è sconvolta dalla foto di Aylan e i partiti populisti e di estrema destra sono (per ora) sulla difensiva. Se non ora quando, verrebbe da dire. Il timing è perfetto per tradurre in realtà le proposte a cui sta lavorando la Commissione Europea, ovvero l’obbligo di accoglienza e l’innalzamento delle quote, passando da 40 mila a 160 mila.

Siamo alla vigilia di decisioni di portata storiche oppure la politica europea se la caverà con il solito accordo al ribasso?
Premesso che è difficile fare previsioni. Il fatto che la Francia sembra aver raggiunto la Germania nel sostenere che ci sia bisogno di un cambiamento radicale fa ben sperare. Anche il presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk è meno scettico rispetto al passato sul fatto che si possa arrivare alle quote obbligatorie.

Ogni volta però assistiamo alla stesso film. Avviene una tragedia umanitaria come un naufragio, i media diffondono le immagini, l’opinione pubblica si scandalizza, i politici vanno in tv a dire che sarà l’ultima volta, organizzano summit in fretta e furia poi gli esiti delle proposte sul tavolo non corrispondono alle aspettative. Non è che anche oggi stiamo assistendo allo stesso film?
Rispetto ad altre volte, oggi la mobilitazione mediatica mi sembra molto più forte e mi auguro che ci sia anche una mobilitazione cittadina altrettanto forte. Dal punto di vista politico, io mi aspetto che sia la volta buona. Sinceramente non vedo altre soluzioni.

Cosa c’è di diverso rispetto ad aprile quando sono morte decine di persone a Lampeduesa, tragedia che ha innescato l’agenda migranti della Commissione Junker: è l'impatto generato dalla foto di Aylan che sta facendo la differenza?

No. A fare la differenza è il susseguirsi di queste tragedie, come i morti nel camion in Austria, nel tunnel della Manica, la scena dei migranti nel tir frigo, le scene alla stazione di Budapest; immagini e situazioni cha hanno fatto capire come il fenomeno non sia più limitato alla questione degli sbarchi, ma arriva al cuore dell’Europa; una sequenza iniziata dai naufragi a Lampedusa che poi si è estesa alla Grecia, ai Balcani, in Ungheria, in Austria e in Germania.
Penso che sia questa la dinamica che abbia generato un attenzione mediatica molto forte e un coinvolgimento della società civile che fa pressione nei confronti della politica.
Ciò detto, è assurdo che bisogna piangere centinaia e migliaia di morti per rendersi conto che bisogna prendere una decisione.

Poi, che le regole di Dublino non fossero adatte era chiaro a tutte le persone che si occupano di immigrazione già dagli eventi del 2011, da quando è scoppiata la primavera araba, quando è cresciuto il flusso di tunisini e di altre persone che sono arrivate in Italia in quel periodo.

Il trattato di Dublino ha i mesi contati?
Ci sono già diversi governi che sono in sintonia sul fatto che bisogna ripensare il sistema comune europeo di asilo e si è passati dal fatto che solo l’Italia e la Grecia erano gli unici stati che rivendicavano il cambiamento ad avere oggi l’appoggio anche della Germania. Non è ancora chiaro se la Francia sia a favore alla revisione del trattato oppure no. Comunque c’è una progressione da parte della volontà politica sulla questione che più forte del passato.
Ma non si tratta solo della modifica del trattato di Dublino. C’è anche la questione importante del safe legal ways to access Europe ( I modi legali e non pericolosi per entrare in Europa) nel senso che bisogna andare oltre la distribuzione e che ci dovrebbe essere un ripensamento sulla concessione dei visti d’entrata. Non è che i viaggi nel Mediterraneo e nei Balcani verranno interrotti perché viene cambiato il trattato di Dublino.
Mi auguro anche che la settimana prossima, quando a Bruxelles verranno adottate le proposte relative alle normative sull’asilo, ci sia anche una forte presa di coscenza politica sul tema che riguarda il rimpatrio dei migranti economici. Gli stati europei tendono a sottostimare il loro bisogno di immigrazione lavorativa per questioni chiaramente politiche. Si continua a dire che i migranti economici rubano il nostro lavoro ma lo si fa per placare l’opinione pubblica e i partiti xenofobi nonostante in molti stati europei ci sia una grande domanda di lavoro migrante per mansioni che non vengono più svolte dagli europei.


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