Attivismo civico & Terzo settore

Ti regalo un sogno

«Butta i sogni fuori dalla testa» dice la copertina del nuovo numero di VITA. Fra le storie che abbiamo raccolto, ci sono quelle di chi ha scelto di realizzare il sogno di un bambino malato. Perché un sogno non è solo una cosa da inseguire da soli, si può anche regalare e condividere.

di Sara De Carli

«Butta i sogni fuori dalla testa» dice la copertina del nuovo numero di VITA. Fra le storie che abbiamo raccolto, ci sono quelle di chi ha scelto di realizzare il sogno di un bambino malato. Un desiderio esaudito non regala soltanto un momento di gioia e spensieratezza a un bambino malato, ma gli restituisce una scheggia di fiducia nel futuro. È una magia che in qualche modo gli dice che nulla è impossibile, forse nemmeno guarire. Il sogno smette di essere soltanto qualcosa di individuale e personale, da inseguire e realizzare: un sogno si può anche regalare e condividere. Persino adottare.

La "macchina dei sogni" più famosa in questo senso è Make-A-Wish®, presente in 50 Paesi, con 38 organizzazioni affiliate, 32mila volontari e 334mila desideri esauditi, uno ogni 37 minuti, sbarcata anche in Italia nel 2004 grazie a Sune e Fabio Frontani. Ma in Italia altre due onlus hanno sposato la mission: Missione Sogni, nata nel 2003, che a giugno ha addirittura sospeso la ricezione di nuovi sogni per le troppe richieste e Le stelle di Lorenzo, nata nel 2004 a Magenta. Tiziana Macchi, la vicepresidente, racconta il loro approccio e spiega la "filiera" di un sogno.

Perché le stelle di Lorenzo?

La nostra storia è legata a quella di Lorenzo che nel 2000, a 5 anni di età, grazie a Make a Wish Usa ha realizzato il sogno di visitare Disneyland a Los Angeles. I suoi genitori – il papà oggi è il Presidente – desideravano portare in Italia quell’esperienza, ma allo stesso tempo volevano che ci fosse un ricordo di Lorenzo. Così alla fine è nata Le stelle di Lorenzo, che rimanda a lui e insieme alle stelle cadenti nella notte di san Lorenzo.

Che differenza c’è con la più celebre di queste onlus, Make a Wish?

La principale credo sia il fatto che noi ci rivolgiamo non solo a bambini con una malattia che mette a rischio la loro vita ma più in generale a bambini sottoposti a trattamento medico prolungato, ad esempio cardiopatici, diabetici… Sono comunque bambini che vivono una vita difficile, magari restano per mesi in una camera sterile e il loro sogno è semplicemente un iPad per comunicare con i loro amici e famigliari, fuori.

Quanti sogni avete realizzato?

Sino al 2014, 197. All’inizio non è stato facile farsi conoscere e far comprendere quello che facevamo. È un argomento delicato, se ne parli in maniera sbagliata rischi di mettere un bambino e una famiglia davanti al concetto di “ultimo desiderio”. Ricordo di aver scritto a tutti i pediatri della nostra zona, su 19 medici mi rispose uno solo. Oggi c’è più consapevolezza della valenza scientifica di un desiderio esaudito e con i medici c’è un rapporto di collaborazione.

Cosa dà a un bambino malato il fatto di vedere il proprio sogno realizzato?

Il bambino si rende conto che può essere ancora felice, vede che il mondo – non solo la sua famiglia – si interessa a lui e sente di avere valore.

Cosa sognano i bambini?

Chiedono pochi oggetti e questi tra l’altro sono quasi sempre funzionali a un’esigenza di comunicazione con gli altri, ad esempio l’iPhone, l’iPad, il computer. In genere chiedono viaggi, cioè esperienze che restano e che vivono insieme alla loro famiglia. Tante crociere e tanti viaggi a Eurodisney.

Avete un budget per un desiderio?

No, il costo economico varia moltissimo.

Come si decide di autorizzare la realizzazione di un desiderio?

Per noi è estremamente importante che il sogno in questione sia davvero il sogno del bambino, non dei suoi genitori. Per questo ne parliamo con lui e la sua famiglia, fosse anche solo via skype, insieme alla nostra psicologa. Il primo contatto quando riceviamo una segnalazione tuttavia avviene sempre tra il nostro medico e il medico che ha in cura il bambino.

I sogni spesso coinvolgono VIP: che accoglienza trovate?

In genere buona, anche se ci vuole tanta tenacia e pazienza per raggiungerli. Giovanni Vernia di Zelig per esempio è stato fantastico. Per l’ultimo desiderio realizzato – la maglia di Lionel Messi – invece abbiamo trovato un po’ di resistenza, nonostante la buona fama sociale del Barcellona: ma ce l’abbiamo fatta.

Ha un ricordo particolarmente caro?

Due anni fa ci ha chiamato un medico dell’ospedale di Modena, aveva un ragazzino di 12 anni per cui non c’era più niente da fare. Lui voleva tornare a casa, in Tunisia, e rivedere un’ultima volta suo papà e i suoi fratelli, ma la famiglia non aveva i soldi per il viaggio. Abbiamo speso tutto quello che avevamo in cassa e l’abbiamo portato in Tunisia con un aereo ambulanza. Tre ore dopo essere arrivato a casa è morto. Mi commuovo ancora.

Progetti futuri?

Tante iniziative di raccolta fondi, per “adottare” i desideri, ma soprattutto un progetto con le scuole della zona di Magenta, per mettere in contatto – ovviamente attraverso di noi – i bambini delle 4^ e 5^ elementari con i bambini malati che ci hanno chiesto di realizzare un sogno.

Foto HENDRIK SCHMIDT/AFP/Getty Images


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