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Giacomo Poretti: «Il dono è il motore della relazione»

Il comico milanese saluta così la prima Giornata del Dono: «Forse un appiglio per la salvezza, in questi tempi di confusa follia, di disperate solitudini, di nozionismo wikipedistico, di tenebrosa violenza e di disorientamento vertiginoso, ce lo possono fornire la discontinuità di certe bizzarrie come questa legge»

di Giacomo Poretti

Oggi 4 ottobre 2015, san Francesco, debutta “ La giornata del dono”, una legge voluta dal Parlamento, un obiettivo “buono”, senza oneri per le finanze dello stato. E’ una legge importante che corre il rischio di essere travisata nelle sue più nobili intenzioni.

Sono certo che inizialmente l’entrata in vigore della legge porterà a degli sconquassi fin nel profondo del tessuto sociale e famigliare del nostro paese.

La prima conseguenza sarà un’impennata della litigiosità all’interno delle coppie: le mogli infatti esulteranno per l’entrata in vigore della legge perché, dal loro punto di vista, il provvedimento del governo restituirà giustizia per le gravi dimenticanze subite dai mariti in occasione degli anniversari e compleanni: questa data sarà vissuta come una specie di sanatoria, una specie di rientro dei capitali: tu fammi un regalo, anzi un regolare, e io ti lascio in pace fino a San Valentino; le amanti invece richiederanno un cadeaux aggiuntivo visto che “lo dice pure la legge”. Per non parlare dei concussi e dei concussori i quali pretenderanno che vengano depenalizzati gli scambi di mazzette avvenuti nella giornata del 4 di ottobre, ma che invece vengano considerate dei “doni“, come appunto prescrive la legge.

A questo proposito consiglierei di tenere nascosta la notizia a tutti i cittadini italiani, e anche a quelli senza permesso di soggiorno, compresi tra i 2 e i 13 anni: se solo lo venissero a sapere i nostri pargoli pretenderebbero dei giochi in regalo che si aggiungerebbero a quelli di: compleanno, Natale, Pasqua, primo giorno di scuola, ultimo giorno di scuola, primo giorno con la febbre, ultimo giorno con la febbre, primo 10 in matematica, promessa di ultima nota, primo dentino caduto, primo dentino fisso, prima otturazione, primo punto di sutura; i genitori correranno il serio pericolo di ricevere due letterine con allegate lista di regali all’anno, una per Babbo Natale e una per San Francesco.

Ma una volta superata la fase iniziale, e se taluni mariti non cadranno in bancarotta per aver elargito arretrati di regali alla moglie, parure di perle all’amante, tutta la collezione dei Lego Star Wars ai figli, e lingotti d’oro al funzionario di turno, ecco allora si potranno creare le condizioni per un più approfondito approccio allo spirito che ha istituito la giornata del dono.

Dico subito che proporre di celebrare il dono in un contesto sociale dove il rapporto con l’altro è vissuto per lo più in un ottica utilitaristica e le scelte vengono spesso indirizzate dalla convenienza sia economica che affettiva, ha un che di utopistico da parte del legislatore.

Ma forse la salvezza, in questi tempi di confusa follia, di disperate solitudini sempre connesse, di nozionismo wikipedistico, di tenebrosa violenza e di disorientamento vertiginoso, forse un appiglio ce lo possono fornire la discontinuità di certe bizzarrie come questa legge sul dono.

Se solo non fossimo confusi dai nostri devices, dalle notifiche delle mail, degli sms, dal suono a mitraglia dei nostri Wattsapp, potremmo soffermarci sul significato della parola dono e di tutto quello che evoca.

La prima cosa che si scopre è che regalando qualcosa non si regala solo un anello, una forma di formaggio, o un pallone da calcio, ma si regala all’altro anche una parte di noi: con un regalo alla fin fine ci si propone, ci si mette in gioco, si da l’avvio ad una relazione, una storia; e l’altro può ricambiare, non solo con un prosciutto, ma con il prosieguo della storia. La logica del dono gratuito, infatti, è basata sulla circostanza che il legame sostituisce il bene donato o comunque che il primo è più importante del secondo.

Volendo fare uno sforzo ulteriore potremmo imbatterci in pensieri inauditi tipo che: chi dona sa a sua volta di essere in debito. Pensiero arduo, che sorge solamente se si riesce percepire che non ci siamo fatti da soli, che da soli otterremo tutto tranne che la serenità, che da soli ci si annoia e alla fine ci si manda pure a quel paese da soli! appunto.

Il passo successivo è quello più difficile, quello appunto che rasenta l’utopia. Lo hanno detto in molti ma io citerò solo quello che è più di moda in questo momento: Il Papa.

Francesco ha detto: “Servire l’altro non servirsene”.

Tanta robbaa ! come diceva qualcuno.

Non mi rimane che fare gli auguri alla Giornata del dono!

Ma prima di lasciarvi vi voglio regalare una perla, che a mia volta è stato un regalo che mi ha fatto il mio amico Riccardo: Kahlin Gibran scriveva che “È bene dare quanto si è richiesti, ma è meglio dare quando, pur non essendo richiesti, si comprendono i bisogni degli altri”.

Ps: Premettendo la mia debolezza e appellandomi alla comprensione del legislatore, il quale converrà con me, e con tutti i cittadini italiani, che sarà necessaria qualche settimana di rodaggio per assimilare completamente l’intento della legge, devo confessarvi che ho promesso un dono, consistente in tre bustine della serie “Lo Hobbit”, nel caso in cui oggi l’Inter dovesse vincere a Marassi (il mio senso di colpa si attenua non appena penso alla difficoltà, quasi insormontabile, dell’impresa richiesta alla mia squadra ).


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