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Cooperazione & Relazioni internazionali

Welcome in Europe… Ma non tutta la Finlandia dice “sì”

"Tervetuloa Suomeen", benvenuti in Finlandia. E' proprio così? Crescono nel Paese le manifestazioni contro i richiedenti asilo. Quella di ieri ha segnato il passo e rivelato che il conflitto sta per esplodere, drammaticamente, sul piano sociale.

di Marco Dotti

Da un lato ci sono quelli che vorrebbero l'apertura delle frontiere e un'accoglienza senza "se" e senza "ma". Dall'altro, c'è invece chi parla apertamente di invasione e di irresponsabilità delle istituzioni. I finlandesi non si scorderanno tanto facilmente la data del 3 ottobre 2015.

Eldorato sotto assedio

Vedere militari e polizia in assetto antisommossa per le strade di Helsinki non è avvenimento comune. Almeno da queste parti. Sebbene limitata a qualche migliaio di manifestanti nella capitale (comunque molti, in un Paese che di abitanti ne ha quanti la Sicilia: 5milioni), la protesta si è svolta in contemporanea con altre, analoghe, manifestazioni anti-immigrazione in numerose città (Tampere, Tornio, Lahti e via discorrendo).

Non ultima quella di Lahti che ospita un campo profughi e, nei giorni scorsi, come vi abbiamo dato conto, era già stata al centro dell'aggressione alla Croce Rossa e al pulmann che trasportava richiedenti asilo da parte del Ku Klux Klan finlandese.

I manifestanti hanno sfilato al grido "La Finlandia ai finlandesi".

Europei che rifiutano questa Europa

"Tutto sotto controllo", hanno affermato le autorità di governo, sempre più intente a minimizzare ma sembre più al centro di un'instabilità che non promette bene. Il capo del governo Juha Sipilä, ex imprenditore e politico di centro, balzato al governo a sorpresa dopo le elezioni del 19 aprile scorso, non ha una solida maggioranza parlamentare e, soprattutto, dopo gli annunciati tagli alla spesa sociale e agli stipendi è caduto in disgrazia nei sondaggi.

Alle scorse elezioni l'unica, vera indicazione uscita dalle urne di un Paese che molti in Italia descrivono come un Eldorado del welfare, ma è al suo quinto anno di recessione, è stato l'euroscetticismo.

Non solo la bocciatura dell'ex premier conservatore e filoeuropeista Alexander Stubb, che da mesi era dato in caduta libera a causa delle promesse a vuoto fatte a un elettorato stanco e sfiduciato, ma anche la crescita esponenziale del Partito dei Veri Finlandesi (Perussuomalaiset) di Timo Soini, balzato al 17,6% con 38 seggi in Parlamento, hanno dati indicazioni incontrovertibili in tal senso.

L'Europa trasgredisce le sue regole

Attorno a quella su profughi e richiedenti asilo (soprattutto irakeni), quindi, si giocano molte partite. Partite di minor conto, ovviamente, ma che forniscono di volta in volta alibi o aggravanti per chiunque voglia sottovalutate o sopravvalutare una questione che, in ogni caso, calata in un contesto critico, assume una propria, inevitabile gravità.

Accogliere o non accogliere? L'opinione pubblica finlandese sembra schiacciata da questa alternativa che elude la vera questione: come e con quali risorse accogliere? Reggerà un sistema di welfare messo già a dura prova da tagli e recessione?

Nel frattempo,

Timo Soini, il rassicurante signore che vedete nella fotografia, è diventato Ministro degli Esteri. L'8 settembre scorso, al Parlamento, Soini ha dichiarato testualmente che, stando alle sue informazioni, "il commercio di persone e il business attorno ai profughi" ammonta a 8-10miliardi di euro e "vede coinvolta gente di tutti i tipi".

Se l'Europa rispettasse i patti, ha dichiarato Soini,

"tutti questi problemi si risolverebbero, soprattutto in Ungheria, Italia e Grecia. L'Europa si è data delle regole, ma quando i giochi diventano duri, l'Europa pretende di cambiarle e farle rispettare a tutti. Senza il consenso di tutti.

Per il Ministro degli Esteri finlandese, la soluzione è quella di "andare a prendere i profughi nei campi, selezionarli e scegliere chi può e chi non può essere accolto".

Nel frattempo, Soini ha avviato consultazioni ufficiali con il Ministro degli Esteri dell'Irak, Ibrahim al-Jaafari. A causa della mancanza di un accordo con l'Irak – Paese da cui provengono molti dei richiedenti asilo – la Finlandia non può rimandandare a casa coloro i quali non si vedano accolte le richieste di accedere allo status di rifugiato. Un accordo del genere esiste già con la Svezia e sarebbe la chiave, dice Soini, per evitare di consegnare a un limbo tutti quei migranti che, pur rientrando nella categoria dei "migranti economici", non possono essere trattati come rifugiati politici.

In pochissimo tempo, in assenza di un accordo con l'Irak, la Finlandia è diventata la meta di gran parte della migrazione proveniente dall'Irak e dalla Somalia.

In data 30 settembre, l'ufficio immigrazione ha sospeso tutte le richieste di asilo provenienti dall'Irak e dalla Somalia.

Secondo il Ministero degli Interni, nell'anno 2015 sono state inoltrate in Finlandia 50mila richieste di asilo.

Non mancano le voci critiche, anche all'interno del Partito dei Veri Finlandesi. Quella di Sampo Terho, ad esempio. Secondo Terho si è innescata una bomba a orologeria: con l'arrivo dell'inverno e l'esponenziale aumento delle richieste si rischia il collasso. Meglio, secondo Terho, creare centri di accoglienza a livello regionale. Ma il Partito, ovviamente, si è detto contrario, considerato anche il fatto che la maggior parte dei richiedenti asilo – proveniente da Somalia o Iraq – viene fatta rientrare nella categoria dei "migranti economici" e si vede, regolarmente, respinta la richiesta.

Non mancano le critiche alla burocrazia: quanto costerà valutare tutte le richieste d'asilo che stanno arrivando?

Per rispondere alle domande fino a oggi, 4 ottobre 2015, inoltrate, servirebbe 5 volte il numero di impiegati che, a oggi, sono addetti agli uffici dell'immigrazione.

Fino a qui, tutto bene?

Tutto sotto controllo, allora, nonostante 6 arresti, un fitto lancio di uova contro la polizia e parole molto dure pronunciate su entrambi i fronti?

"Minimizzare" è la parola d'ordine delle autorità finlandesi. "Ignorare", quella delle autorità europee.

La tattica "minimizzaza & ignora", per ora, "funziona", ma rivela una assoluta, drammatica assenza di strategia. Anche perché i fronti del "sì" e del "no" all'accoglienza si mantengono in qualche modo in equilibrio, attorno a un punto critico che però, presto o tardi – è chiaro a tutti – esploderà.

Quando esploderà, il conflitto non esploderà in un dibattito o in un talk show, ma nel corpo sociale. Un corpo sociale già diviso e isterizzato, da una parte e dall'altra. Questo, al di là della cronaca, è il tratto rivelatore di una manifestazione da non sottovalutare.

La grande muraglia-Europa, per ora, regge. Ma tra i suoi mattoni già si intravvedono le prime fessure.


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