Welfare & Lavoro

Scandalo Kirghizistan, cinque persone iscritte nel registro degli indagati

Il sostituto procuratore della Repubblica Daniela Pischetola, a Savona, ha chiuso l’inchiesta sull'associazione Airone. Cinque persone sono accusate di associazione a delinquere finalizzata alla truffa. Sono 21 le famiglie coinvolte, che ora chiedono anche risposte istituzionali

di Sara De Carli

Il sostituto procuratore della Repubblica Daniela Pischetola ha chiuso l’inchiesta che ha coinvolto l’associazione Airone di Albenga. Cinque nomi sono stati iscritti nel registro degli indagati: la presidente dell’associazione, Silvia La Scala, la vicepresidente Orietta Maini; la collaboratrice Inna Troukhan e i kirzighi Alexander Angelidi e Venera Zakirova. L’accusa è di associazione a delinquere finalizzata a truffa. «Siamo in attesa di conoscere la data della prima udienza, parteciperemo come parte offesa», spiega Pierfrancesco Torrisi, avvocato esperto in adozioni internazionali, che rappresenta una della coppie truffate, la prima a sporgere denuncia. «Queste persone risponderanno personalmente delle accuse, il sostituto procuratore non ha indagato solo il presidente in qualità di rappresentante legale», sottolinea Torrisi. «Ci sono troppe cose che non tornano e tutti sapevano. Non si tratta solo di essersi fidati della persona sbagliata».

Era il dicembre 2012 quando lo scandalo Kirghizistan arrivò sulle pagine dei giornali. L’Italia non aveva mai adottato in quel Paese, era una prima volta. Gli enti però sono lì con regolare autorizzazione ad operare. La coppia seguita da Torrisi è stata la prima in assoluto a partire. Vanno a Biskek, incontrano le due bambine abbinate a loro, si presentano davanti a un giudice per fare l’adozione. Pagano in contanti il mediatore, con un po’ di sorpresa e dopo aver chiesto all'ente se lo dovevano/potevano fare. Ovvio che non si può, ma accade, con il benestare dell’Ente. Passa il tempo, la famiglia resta in attesa della sentenza che non arriva mai. Iniziano i primi sospetti. «Alla fine abbiamo scoperto che le due bambine che dovevano essere adottate dai miei clienti non erano adottabili ma ciononostante erano state abbinate addirittura a tre diverse famiglie, che il giudice davanti a cui erano andati era falso e che non esisteva traccia di alcun atto adottivo che li riguardasse», riassume Torrisi. E scatta la denuncia.

Il 19 marzo 2013 la CAI revoca tutte le autorizzazioni ad operare in Kirghizistan e a luglio 2013 cancella Airone dall’elenco degli enti autorizzati. Le coppie di Airone vengono prese in carico dalla Commissione, alcune si appoggiano ad altri enti, ma – tutelando le coppie in fase avanzata di adozione – la CAI lascia tempo ad Airone fino al 30 settembre 2013 per chiudere le procedure più avanti (autorizzazione che viene poi posticipata anche a dopo il 1 ottobre 2013, tant’è che il centro adozione dell’Asl di Brescia nel report sulle adozioni 2014 conta ancora 1 bambino adottato tramite Airone).

Sul caso Kirghizistan cala il silenzio, ma 21 coppie italiane sono già vittime: alcune sono state a Biskek e hanno conosciuto i bambini, altre hanno comunque pagato all’ente diverse somme di denaro, perse. Come tutto ciò è stato possibile? Nessuno si è assunto responsabilità: «C'è una causa civile contro Airone e CAI, la prossima udienza è a febbraio, si sono opposti entrambi alla nostra richiesta di risarcimento», spiega l’avvocato Torrisi. Alle 21 famiglie vittime di questa dolorosa vicenda nessuno fino ad oggi ha detto nemmeno come saranno considerati ai fini dei rimborsi delle spese adottive i soldi che loro hanno versato ad Airone nel 2012. Sul caso ci sono alcune interrogazioni parlamentari – una del Pd e una del M5S – che non hanno avuto risposta.

E un altro papà, Fabio Selini, che in Kirghizistan ha incontrato e lasciato un bimbo mai più incontrato, dice che «spetterà alla Magistratura decidere se e in che misura vi sono dei responsabili di questo terribile scandalo. La Magistratura si occuperà degli eventuali "colpevoli". Non spetta a me giudicare e nemmeno mi sentirete mai commentare la sentenza (qualunque essa sia). Credo, però, anche alla luce di questa inchiesta che ora tocchi alla politica e alle Istituzioni di questo Paese, occuparsi finalmente e seriamente delle vittime di questa orribile storia, ovvero i bambini kirghisi coinvolti e le famiglie adottive che hanno perso pezzi di cuore, brandelli di anima, anni di vita e migliaia di euro».

Foto VYACHESLAV OSELEDKO/AFP/Getty Images


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