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Francesco non ha bisogno di Nobel

Papa Francesco è stato per alcune ore tra i più gettonati per la vittoria del premio norvegese. Il Vescovo di Roma, come ama definirsi, che ha fatto del suo pontificato un cantiere per «gettare piccoli ponti, che uno dopo l’altro fanno il grande ponte della pace» però non ha bisogno di questo riconoscimento. Ecco alcuni dei tanti “ponti” che ha costruito

di Lorenzo Maria Alvaro

«Voi sapete che è la cupidigia che ci fa tanto male. La voglia di avere di più, di più, più denaro. E quando noi crediamo che tutto gira intorno al denaro si sacrifica tanto e si fa la guerra per difendere il denaro. Per questo tanta gente non vuole la pace: si guadagna di più con la guerra». Così Papa Francesco spiegò a 7 mila bambini riuniti nell'Aula Paolo VI l'11 maggio 2015 il perché della guerra. Un tema, quello della pace, che il Papa ha affrontato tante volte. In un’epoca di crescenti conflittualità, il messaggio principale del Pontefice è sempre stato quello di gettare ponti, «piccoli ponti, ma un piccolo ponte dopo l’altro fanno il grande ponte della pace». Si tratta della «capacità di unire», di creare «amicizia sociale» che costruisce il bene comune anche nella diversità. «Il nostro metodo», ha più volte spiegato «è il dialogo, non per astuta strategia, ma per fedeltà a Colui che non si stanca mai» di proporre «il suo invito d’amore» il tesoro del Vangelo con umiltà, evitando «il linguaggio aspro e bellicoso della divisione»: «Solo il fascino durevole della bontà e dell’amore resta veramente convincente». Ricordiamo sempre che l’altro è un «fratello da raggiungere e riscattare».

Come sempre però Francesco preferisce l'esempio alla dottrina, i fatti alle parole. E in questi anni di pontificato ha dimostrato con tanti esempi concreti cosa intenda quando parla di ponti. Eccone alcuni esempi.

Siria

Il primo ponte, forse il più famoso è stato quello con cui ha sfidato il premio Nobel per la Pace Barack Obama sul terreno della guerra in Siria. Gli Stati Uniti infatti erano ormai lanciati verso l'intervento armato contro Bashar al-Asad e la sua repressione sanguinosa del popolo siriano. «Mai più guerra. Il mio cuore è profondamente ferito». Papa Francesco intervenne così durante un Angelus domenicale e annunciando una grande giornata di digiuno e preghiera per la pace che avrà luogo il 7 settembre 2013. «Ho deciso di indire per tutta la Chiesa una giornata di digiuno per la pace in Siria e nel mondo. Dalle 19 alle 24 ci riuniremo in preghiera e in spirito di penitenza per invocare questo dono di Dio. L'umanità ha bisogno di vedere gesti di pace. Chiedo a tutte le comunità di organizzare qualche atto liturgico secondo questa intenzione». L'appello di Francesco fu immediatamente rilanciato da moltissimi uomini religiosi nel mondo. Tra cui il patriarca greco-melchita Gregorio III Laham, il patriarca greco-ortodosso di Antiochia Youhanna X Yazigi, il patriarca Maronita Bechara Rai, l'arcivescovo metropolita di Jazirah e dell'Eufrate della Chiesa siro-ortodossa Eustathius Matta Roham, dagli arabi cristiani dei Paesi del Maghreb e dal Gran mufti di Siria, Ahmad Badreddin Hassou. In tutto il mondo molti fedeli islamici ed ebrei aderirono all'iniziativa, partecipando ai momenti proposti dai cristiani o organizzando propri momenti di preghiera. Obama dovette suo malgrado rinunciare all'operazione militare.

Usa-Cuba

Iniziato nel 1962 l'embargo degli Stati Uniti d'America nei confronti di Cuba è durato per ben 53 anni accompagnato da una rottura totale dei rapporti diplomatici ed economici. Un primo importante disgelo arriva nel il 13 aprile 2009 quando il presidente statunitense Obama ordina la revoca delle restrizioni ai viaggi e alle rimesse per i cubano-americani con parenti nell’isola. Poi nel 2014 i presidenti Barack Obama e Raúl Castro annunciano di voler riallacciare le relazioni diplomatiche tra i due Stati a partire dal 17 dicembre 2014. Per dimostrare la buona volontà delle parti entrambi i Paesi liberano prigionieri di guerra. Nel 2015 si è arrivati al disgelo definitivo con la riapertura dell'ambasciata Usa a L'Avana. Il Vaticano e Papa Francesco, hanno giocato un ruolo decisivo, facendo da garante nelle trattative. «Voglio ringraziare Papa Francesco», ha dichiarato il presidente americano, mentre il presidente cubano, Raul Castro, ha ringraziato il Vaticano sottolineando «in particolare Papa Francesco per la sua mediazione nel dialogo con gli Stati Uniti».

Colombia

Saranno il Presidente colombiano, Manuel Santos, e il presidente Raúl Castro, assieme a esponenti delle Farc (Forze armate rivoluzionarie della Colombia) a leggere un comunicato congiunto con il quale renderanno noto il percorso che intraprenderanno per fare finire una guerra civile che dura da anni, seminando violenze e alimentando incertezze economiche in molte aree del paese. Sarà una dichiarazione formale della fine dei conflitti. La road map colombiana è contenuta in un documento di svariate pagine. La fase finale è stata facilitata dalla Chiesa. Papa Francesco ha incoraggiato subito tutti gli sforzi fatti dietro le quinte, in questi anni, dalla Comunità di Sant’Egidio, una specie di facilitatore del progetto di riconciliazione. Un percorso che fino a pochi anni fa sarebbe apparso impensabile. Nel corso dei primi dialoghi di pace ospitati dal governo di Castro, sull’isola caraibica, si era capito subito che il clima stava mutando e che si registrava una volontà comune tra le parti a trovare finalmente un modo nuovo per affrontare la transizione e il grande problema della giustizia. Nel corso degli ultimi colloqui prese parte, in qualità di osservatore, anche il nunzio apostolico all’Avana, monsignor Giorgio Lingua.

Venezuela

Papa Francesco, il 27 febbraio 2014 , interviene con una lettera nel dialogo di pace in Venezuela tra il presidente Maduro e l’opposizione dopo mesi di proteste violente costate la vita a quaranta persone. Lo fa in chiusura della settimana internazionale della Pace, organizzata dalla Chiesa Venezuelana, tenutasi dal 21 al 26 settembre. Scrive il Pontefice: «Non bisogna avere paura della pace e della convivenza; la riconciliazione e l’unità non sono una sconfitta o una perdita, ma una vittoria, perché chi ne esce vincente è l’essere umano, creato da Dio per vivere in concordia ed armonia. Incoraggio tutti a raddoppiare gli sforzi perché la fiamma della pace presente nel cuore degli uomini e delle donne di buona volontà illumini con la sua luce tutta la società. Che l’esempio di Cristo, che con la sua morte ha abbattuto il muro dell’odio e della divisione, vi aiuti nell’impegno per una società sempre più giusta e pacifica». In Venezuela la situazione non è ancora stata risolta, ma la Chiesa e Papa Francesco sono in prima linea per la ricerca di una soluzione.

Il muro israeliano

Nel maggio del 2014 il Papa è andato in viaggio in Israele e Palestina. Il 25 maggio, prima della Messa a Betlemme sulla piazza della Mangiatoia, ha chiesto di essere portato in auto davanti a un punto della barriera di cemento che Israele sta costruendo dal 2002 e che corre in buona parte sui Territori Occupati. Lì ha sostato per pochi minuti in totale silenzio, circondato da un gruppo di giovani palestinesi, pregando per la pace appoggiato al muro con una mano come a toccare con mano le ferite dei conflitti di oggi. Un'immagine che ha fatto il giro del mondo.


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