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Cooperazione & Relazioni internazionali

Nordest, il passaggio per la terra promessa

Da quest'estate migliaia di profughi stanno risalendo i Balcani per raggiungere la Germania e il Nord Europa. In Slovenia tra metà ottobre e l'inizio di novembre sono passate 140mila persone, secondo i dati dell’UNHCR. Solo ieri erano più di cinquemila

di Elisa Cozzarini

C'è un esodo silenzioso a pochi chilometri dal confine Nordest d'Italia. Da quest'estate migliaia di profughi stanno risalendo i Balcani per raggiungere la Germania e il Nord Europa. In Slovenia tra metà ottobre e l'inizio di novembre sono passate 140mila persone, secondo i dati dell'Alto commissariato dell'Onu per i rifugiati (UNHCR). Solo ieri erano più di cinquemila.

Fuori dal campo profughi sloveno di Dobova, subito oltre il confine con la Croazia, tutto appare calmo e organizzato. Dentro però non si può entrare, se non autorizzati. Succede che siano state qui in un giorno quattromila persone. Da lontano si vedono i profughi raccogliere pacchi di vestiti e cibo e prepararsi per salire sui pullman schierati lungo la strada che corre parallela alla ferrovia. Salgono disciplinati sugli autobus, scortati da esercito e polizia slovena, e volontari con le casacche fluorescenti. A bordo, attendono di partire per Sentilj, alla frontiera con l'Austria. Quando ti passano davanti, i bambini sorridono, salutano, come se fosse tutto un gioco, gli adulti invece non hanno voglia di sguardi, molti si nascondono dietro alla tenda del pullman o abbassano la testa.

Nel 2015, secondo l'UNHCR, sono arrivati in Europa 800mila richiedenti asilo, che sempre più scelgono la rotta balcanica. Molti passano senza essere registrati, per questo l'agenzia Onu sottolinea che i numeri sono sicuramente sottostimati. Per circa il 50% sono siriani, ma ci sono anche afgani, irakeni e pakistani. Partono dalla Turchia, attraversano il mare per raggiungere la Grecia, passare in Macedonia, Serbia, Croazia, Slovenia, finalmente in Austria e da lì sognano di proseguire per la Germania. Ma chi non è siriano ha poche possibilità.

Dal 16 settembre, quando l'Ungheria ha chiuso le frontiere con la Serbia e ha annunciato che avrebbe arrestato chiunque fosse passato illegalmente, il numero dei profughi in Croazia è esploso, con 6.500 arrivi al giorno, che dalla metà di ottobre hanno cominciato a dirigersi in Slovenia. Le immagini di fiumi di persone a piedi, scortate dai poliziotti a cavallo, hanno fatto il giro del mondo sul web, per scomparire grazie agli accordi tra Croazia e Slovenia: adesso gli spostamenti sono in treno o in autobus.

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Ma cosa accadrà se la Slovenia deciderà di alzare un muro come ha fatto l'Ungheria? Dall'11 novembre l'esercito ha iniziato a disporre filo spinato lungo il confine con la Croazia. La stessa cosa aveva fatto l'Austria qualche giorno prima. Lubiana si prepara a chiudere le porte, nel timore che lo stiano per fare anche l'Austria e soprattutto la Germania. Tra i profughi ci sono molti soggetti deboli: minori non accompagnati, anziani, donne incinte, disabili, vittime di tortura. Donne e bambini sono tra il 30 e il 40% del totale. Molte famiglie vengono separate, perché durante l'attraversamento dei confini si dà priorità al passaggio di donne e bambini che, da soli, sono ancora più vulnerabili.

Intanto nella società civile, oltre alla Croce Rossa, alla Caritas, all'UNHCR, Medici senza frontiere e altre associazioni, cresce un movimento parallelo di volontari e cittadini che superano le barriere tra gli Stati e si incontrano sul web, su pagine e gruppi Facebook come Are you Syrious?, iniziativa nata in Croazia, Refugees, Welcome to Slovenia, Action from Switzerland (actionfromswitzerland.ch), l'olandese VluchtKonvooi. Chiedono un corridoio umanitario, si mobilitano per l'accoglienza e sono aggiornatissimi sulla situazione, da Cipro a Copenhagen, dalla Turchia all'Austria, attraverso la mappa virtuale www.RefugeeMap.com.


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