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Sostenibilità sociale e ambientale

La Leonessa tra i rifiuti: Brescia, discarica d’Italia

La provincia di Brescia smaltisce 57 milioni di metri cubi di rifiuti tossici, quella di Caserta 10 milioni. Nella provincia di Brescia finisce il 70% dei rifiuti speciali della Lombardia, a cui si aggiungono quattro discariche di scorie radioattive e tonnellate di rifiuti provenienti dall'estero. Persino dall'Australia e dal Mar Caspio. Se in Campania è "terra dei fuochi", questa che cos'è?

di Marco Dotti

"Brescia la forte, Brescia la ferrea, Brescia leonessa d'Italia beverata nel sangue nemico". Così scriveva Giosuè Carducci, nelle sue Odi Barbare. Era il maggio del 1877 e la memoria dell'insurrezione antiaustriaca delle Dieci Giornate era ancora viva. Da allora, "Leonessa d'Italia" è l'appellativo di Brescia. Povera Brescia, che più che abbeverarsi col sangue nemico, oggi si ritrova soffocata e sommersa tra i rifiuti.

Nella provincia di Brescia finisce il 70% dei rifiuti speciali della Lombardia. A questi si aggiungono 4 discariche di scorie radioattive e tonnellate di "derivati tossici" provenienti dall'estero. Persino dall'Australia. Se il Campania si collocano realtà e crudeltà della "terra dei fuochi", questa che cos'è?

Dalla Monsanto, con amore

Amianto, materiali ferrosi e i policlorobifenili comunemente detti "pcb". Proprio questi ultimi, molecole sintetizzate prodotte commercialmente dagli anni 1930, quanto la Monsanto né acquistò i diritti di brevetto, cedendo immediatamente quelli di sfruttamento per l'Italia alla bresciana Caffaro, sono stati la "madre di tutte le scorie". Per più di cinquant'anni, in pieno centro città, l'azienda Caffaro ha prodotto migliaia di tonnellate di pcb. Oggi, la tossicità del pcb è un fatto assodato, ma per decenni si è deriso chi cercava di portare all'evidenza ciò che era sotto gli occhi – e il naso – di tutti.

Gli stabilimenti della Caffaro sono chiusi dal 1983. Ma al contrario di quanto accaduto negli Stati Uniti e in Giappone, dove la Monsanto ha dovuto risarcire le comunità e bonificare i terreni, la bonifica bresciana – ancora da avviare – è stata completamente scaricata sulle spalle del sistema pubblico. Soldi pubblici, insomma, e interessi privati. Nel frattempo, i fanghi tossici delle lavorazioni hanno alterato la catena alimentare. Chi ha vissuto a Brescia negli anni '70-'80 si ricorda le campagne di promozione del latte bresciano della locale centrale del latte. Il "più controllato e sano", si diceva. Un vanto per la città. Ma le mucche pascolavano su campi "concimati" a pcb, si seppe poi.

Ma che cosa provoca l'inquinamento da pcb? Semplice e crudele verità: devasta il sistema immunitario e l’apparato endocrino, con conseguenze molto gravi per madri in gestazione e bambini. Il latte, insomma.

Secondo Philippe Grandjean, dell'Università di Harvard, principale studioso delle conseguenze nell’uomo della contaminazione da diossine e pcb , più della metà del pcb depositato nel grasso della madre passa al neonato tramite il latte materno. Intervistato per un'inchiesta del 2013 di "Presa diretta" di Riccardo Iacona, il professor Grandjean ricordava che:

il pcb provoca il cancro, in particolare cancro al seno, tumori del sangue e tumore al fegato. Ma fa anche molto di più: è collegato allo sviluppo del diabete e secondo le nostre ricerche impedisce il corretto sviluppo del cervello dei bambini, i bambini esposti al Pcb hanno capacità cognitive ridotte. Ma abbiamo visto anche che attacca il sistema immunitario del nostro corpo indebolendolo, aprendo la strada a diverse malattie.

Quello che emerge dalle parole di Grandjean viene confermato dai dati epidemiologici:

Brescia è la città dove ci si ammala di più di tumori, come confermato da un recente rapporto dell'Istituto Superiore di Sanità e dell'Associazione Italiana Registri Tumori.

Il Rapporto – che potete leggere in allegato pdf in calce a questo articolo – è del 2014 e mette fine a una polemica durata decenni, individuando in maniera evidente e inequivocabile il collegamento tra l’eccesso di tumori in terra bresciana e l’inquinamento causato dalle industrie chimiche Caffaro.

Tre le tipologie in qui questo nesso tra malattia, pcb e diossine appare più evidente, facendo riscontrare livelli record rispetto al resto del Paese: i melanomi cutanei (uomini + 27%, donne + 19%), i linfomi non-Hodgkin (uomini + 14%, donne + 25%) e i tumori della mammella (donne + 25%).

Inizialmente, quei fanghi venivano gettati in una buca all’interno del perimetro aziendale realizzata per escavare la ghiaia necessaria alla costruzione della fabbrica stessa. Poi, l’azienda iniziò a stoccarli i fuori dal perimetro urbano: fanghi delle celle elettrolitiche, inquinati di mercurio, e dei reattori, inquinati di pcb, diossine, ddt, arsenico, piombo, lindano, cloroformio, tetracloruro di carbonio, pentaclorofenolo, cloronaftaline…

Oggi, in prossimità del centro cittadino ci sono scuole elementari dove i bambini non possono uscire nei parchi per la ricreazione. L'erba, veicolo di contagio, è considerata tossica. "Non calpestare i prati", qui, è ben più che un invito alla buona creanza: è questione di vita o di morte.

Figli di una Gomorra minore

Nel capitolo dedicato alla Terra dei Fuochi, in Gomorra, Roberto Saviano scrive: "Se i rifiuti sfuggiti al controllo ufficiale – secondo una stima di Legambiente – fossero accorpati in un'unica soluzione, nel loro complesso diverrebbero una catena montuosa da quattordici milioni di tonnellate: praticamente come una montagna di 14.600 metri con una base di tre ettari. Il Monte Bianco è alto 4.810 metri, l'Everest 8.844. Questa montagna di rifiuti, sfuggiti ai registri ufficiali, sarebbe la più grande montagna esistente sulla terra".

Il professor Marino Ruzzenenti, storico e ambientalista, collaboratore della Fondazione" Luigi Micheletti" di Brescia, nel suo ultimo libro Rifiuti. Il business dei rifiuti a Brescia (Led-Liberedizioni, 2015), si è rimesso a fare i conti. E i conti non tornano.

Nella Terra dei Fuochi del Sud, osserva Ruzzenenti, Legambiente stima in circa 10 milioni di metri cubi i rifiuti dispersi sul territorio tra Caserta e Napoli nel corso degli ultimi 23 anni , da quando cioè è stata attiva la cosiddetta “Rifiuti Spa” descritta in Gomorra da Saviano. Davvero la "più grande montagna esistente sulla terra", composta da rifiuti, si trova nella Terra dei Fuochi tra Caserta e Napoli?

"Ci permettiamo sommessamente di far notare", precisa il professore, che "facendo i conti come accadeva un tempo nella scuola, 'una base di tre ettari' corrisponde a trentamila metri quadrati, (3 x 10.000 m2 ). Quindi, per ricavare l’altezza di un parallelepipedo rettangolo, si insegnava di dividere il volume per la base (10.000.000 m3 : 30.000m2 = m. 333,3…). Dunque una collina di 333 metri, non la 'più grande montagna del mondo di 14.600 metri'. Ovviamente la critica non va diretta a Saviano, che è un letterato e dunque abilitato alle 'licenze poetiche', ma al sistema massmediatico che su quella similitudine ha costruito il 'caso'. Ci piacerebbe, comunque, che analoga indulgenza venisse adottata nei confronti di chi documenta sulla base di dati scientifici, ad oggi non contestati, come la situazione ambientale del Bresciano sia molto più grave. Se poi disturba il termine 'Terra dei fuochi del Nord', potremmo adottare quello più consono di Immondezzaio d’Italia”.

Il "caso"… Ruzzenenti tocca qui un problema chiave, non solo in termini di etica ambientale, ma di "framing". Il racconto è sempre inserito in una cornice. Chi traccia la cornice, determina l'orientamento del racconto e, qualora il tutto funzionasse come deve, orienta l'attenzione.

Sembra venuto il tempo per una domanda, cruciale, a 10 anni esatti dalla pubblicazione di Gomorra: è fondato ciò che sostiene Saviano, ovvero che "il sud è il capolinea di tutti gli scarti tossici, i rimasugli inutili, la feccia della produzione”? Oppure, gran parte di quegli scarti è rimasta – invisibile all'occhio di bue del riflettore teatrale – proprio al Nord, nel bresciano in particolare?

Come è possibile, ad esempio, che la Franciacorta, terra di vigneti e di vini doc sia considerata una discarica a cielo aperto? Semplicemente – rispondono gli esperti – non è possibile. E invece tutto è possibile, come documenta Ruzzenenti nel suo libro. E la Franciacorta, oggi, oltre che terra di vini e vigneti fra la città di Brescia e il Lago d'Iseo, è terra di cave e discariche, di eternit interrato, di amianto e via discorrendo.

La Montagna disincantata

Il 28 aprile 2015, nel corso di un convegno sul tema, Marina Mastrantonio dell’Enea ha presentato uno studio che mostra lo stato delle cose in Franciacorta (anche questo, lo trovate in formato pdf in calce al nostro articolo). Bollicine, certo. Ma anche decessi per tumore. Molti decessi. La Mastrantonio ha analizzato il periodo 1980 – 2011, confrontandolo con la media della Regione Lombardia. Che cosa ne emerge? Emerge che, tra gli uomini, si registra un eccesso dell’8,66% per tutti i tumori, con picchi per i tumori alla laringe (+ 23,7%), per i tumori allo stomaco (+ 27,98%) al pancreas (+ 36,36%) e ancor più al fegato (+ 74,98%).

I rifiuti speciali dispersi o sversati nel territorio bresciano ammontano, aggiornando i dati alla fine del 2015, a circa 58.705.500 m3 (47.805.500 m 3 fino al 2005 cui aggiungere circa 9.700.000 m3 dal 2006 a fine 2014 e ulteriori circa 1.200.000 m 3 per i tre quarti del 2015), rispetto ai 10.000.000 di m3 stimati per la Terra dei fuochi.

Se usassimo la “licenza poetica” di Saviano – osserva Ruzzenenti, che scrittore non è, ma storico, quindi abituato a vagliare le fonti – i rifiuti bresciani sarebbero pari a una montagna alta 85.710 metri, rispetto ai presunti 14.600 metri della Terra dei fuochi campana.

A risultarne compromessa è non solo la salute o la qualità della vita, ma anche l'integrità del suolo, delle falde acquifere e dell'aria, in un provincia che si estende su 4.785 km quadrati e ospita 1milione e 275mila abitanti.

Con il fango straniero sopra il cuore

Abbiamo parlato di montagne, vere e virtuali, ma le valli non fanno eccezione. Non bastasse, l'alta Valle Camonica è stata interessata da una delle più inquietanti vicende di importazione di scorie tossiche, provenienti dalla multinazionale australiana Tomago. Partite da Sidney con un costo di trasporto di 5milioni di euro, arrivate nel 2009 alla Selca S.p.A. di Berzo Demo, paesino di 1600 abitanti, le 23mila scorie della lavorazione dell'alluminio. Nel frattempo, la Selca è fallita, la magistratura ha avviato il suo corso,alcuni dei "protagonisti" dell'amara vicenda hanno patteggiato, e i rifiuti tossici sono in stato di abbandono, in capannoni dove continuano a fuoriuscire scorie che finiscono direttamente nel fiume Oglio.

Altro caso, di questi giorni, è quello delle Acciaierie Venete di Sarezzo, stavolta in Val Trompia. Qui si parla di "stoccare", in un bunker, rottame radioattivo proveniente dal Mar Caspio. Le scorie sono già sul territorio dal 2007 e si troverebbero in 11 contenitori "sotto sicurezza". Nel complesso, si parla di 267 tonnellate di scorie al cesio 137. Il bunker, raccontano, è progettato per durare 300 anni. Basta crederci. Auguri.

Per approfondire

Poiché scripta manent, per saperne di più, consigliamo due libri del professor Marino Ruzzenenti: Rifiuti. Il business dei rifiuiti a Brescia (Led. Liberedizioni, 2015, euro 9) e L'Italia sotto i rifiuti. Brescia: un monito per la penisola (Jaca book, 2008, euro 6,75). A Brescia, ricordiamo, funziona da anni il più grande inceneritore d’Europa, proposto a cadenze regolari come "modello virtuoso" di riciclaggio. Ruzzenenti toglie maschera e velo a marketing e propaganda, mostrando, dati alla mano, il corto circuito nella gestione dei rifiuti innescato dalla megamacchina bresciana. Utile ricordare, anche perché la vicenda descritta è tutt'altro che conclusa, il pionieristico lavoro di Ruzzenti, del 2001: Un secolo di cloro e… PCB. Storia delle industrie Caffaro di Brescia (Jaca Book 2001).
Segnaliamo anche il lavoro di Andreina Baccaro e Antonio Musella, Il paese dei veleni. Biocidio, viaggio nell'Italia contaminata (RoundRobin, 2013, euro 13).


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