Cooperazione & Relazioni internazionali

Sharehaus Refugio, così i profughi diventano una fortuna

A tutti un lavoro per pagare l’affitto: il modello che farà scuola e che ha conquistato in pochi mesi il cuore della popolazione del quartiere, una comunità vivace e multiculturale, ottimista e sorridente, che dimostra come l’integrazione non sia un’utopia impossibile

di Mauro Mondello

Nel cortile del Lageso, di fronte ai container montati in fretta e furia nelle prime settimane di novembre per esaminare più rapidamente i fascicoli individuali dei richiedenti asilo, si affolla un’infinita coda di persone.

Sono alcuni dei rifugiati arrivati a Berlino nel corso del 2015, circa 75mila, secondo i dati ufficiali diffusi dall’amministrazione del Senato della capitale tedesca. Un numero importante, che ha messo a dura prova gli organi istituzionali delegati alla ricezione delle richieste di asilo, soprattutto da metà settembre ad oggi, quando la Germania ha deciso di accogliere, in soli 30 giorni, quasi 200mila persone provenienti dalla cosiddetta rotta balcanica della migrazione. Il Lageso, (Landesamt für Gesundheit und Soziales Berlin, l’ufficio per la Salute e gli Affari Sociali della città di Berlino) è così diventato il punto di riferimento per tutti gli esseri umani giunti nella capitale tedesca nella speranza di ricevere un permesso di soggiorno stabile e definitivo. Per sopperire all’enorme richiesta, l’amministrazione cittadina ha aumentato il numero di impiegati dell’ufficio da 150 a 280 durante gli ultimi tre mesi. Ma non è bastato. Di fronte agli uffici, nel quartiere di Moabit, Berlino Ovest, decine di uomini e donne aspettano per giorni di poter parlare con un funzionario, attese che si protraggono anche per la notte e che hanno dato vita ad una maratona di solidarietà spontanea, portata avanti dalle tante associazioni di volontariato nate a Berlino dal 2014 ad oggi.

«Ci si aspetta sempre che le istituzioni diano una mano, che il sistema di welfare faccia tutto da solo, mentre noi siamo convinti che la comunità possa sviluppare dei progetti autonomi e virtuosi, che si sostengano anche economicamente e che non debbano pesare sulle spalle dell’amministrazione cittadina. Da questo è nata l’idea della Sharehaus Refugio, una casa condivisa nella quale si sta costruendo, tutti insieme, un progetto di sostenibilità sociale, partendo dalle fondamenta. Ognuno dei residenti deve essere coinvolto, facendo ciò che gli riesce meglio: il nostro obiettivo è di riuscire ad autofinanziarci entro un anno».

A parlare è Sven Lager, scrittore e giornalista che insieme alla moglie, Elke Naters, ha ideato il progetto, una delle iniziative di accoglienza più interessanti in tutta la Germania partorita dalla straordinaria mobilitazione di solidarietà messa in atto dai cittadini berlinesi negli ultimi mesi, un laboratorio di condivisione comunitaria nel quale vivono e lavorano 34 persone, fra cui anche Lager e Naters.

L’iniziativa è nata grazie alla disponibilità dell’associazione cristiana Berliner Stadt Mission, che ha messo a disposizione un edificio di cinque piani nel quartiere di Neukölln, in una delle zone più alla moda di Berlino. In tutto, 33 stanze singole, nelle quali vivono 16 rifugiati e 16 tedeschi, oltre alla coppia di fondatori. Gli ospiti della struttura pagano un regolare affitto, che riescono a mettere insieme grazie al loro diretto coinvolgimento nelle decine di attività portate avanti dalla Sharehaus Refugio.

Fra le iniziative più importanti, quella del café Refugio, un bar allestito nella grande sala al piano terra della casa e gestito direttamente dai rifugiati, soprattutto un luogo divenuto negli ultimi mesi un punto di incontro fondamentale per decine di persone provenienti da ogni parte del mondo, uomini e donne che al Refugio condividono le loro esperienze insieme alla popolazione del quartiere, che ha accolto con entusiasmo il progetto.

«Abbiamo un programma di lavoro molto intenso. Oltre ad impegnarsi con il bar, i ragazzi del Refugio studiano tedesco ogni giorno e prendono parte a corsi di formazione pratica che li porteranno, si spera, ad ottenere nel giro di alcuni anni dei lavori stabili qui a Berlino. Inoltre», spiega ancora Sven Lager, «organizziamo eventi culturali, serate di cucina interetnica, tutte iniziative comunitarie che hanno come unico obiettivo quello di annullare la distanza fra culture e storie diverse. Per Natale abbiamo messo insieme un piccolo mercato di quartiere, gli abitanti della zona potevano venire qui e vendere i loro piccoli oggetti. Il clima era fantastico, la sera si finiva a cantare insieme e quando gli ultimi clienti erano andati via rimaneva nell’aria un senso di condivisione straordinario». La Sharehaus Refugio di Berlino ha conquistato in pochi mesi il cuore della popolazione del quartiere, una comunità vivace e multiculturale, ottimista e sorridente, che dimostra come l’integrazione non sia un’utopia impossibile, soprattutto quando passa attraverso progetti concreti e futuribili.


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