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Exit slot: il nodo critico dei luoghi di prossimità

Esistono due tipologie di locali in cui è possibile vendere "gioco pubblico": quelli generalisti, che assurdamente vanno dalla tabaccheria alla lavanderia, dal bar alla panetteria fino allo stabilimento balneare e locali che la legge chiama "dedicati". Per questi ultimi vale il divieto di accesso,non solo di gioco, ai minorenni ed è fatto obbligo di avere un guardiano. Che sia venuto il momento di stabilire questa regola per tutti i locali, bonificando i territori e in vista dell'uscita finale da questo sistema orientarsi verso una forma di tutela rafforzata?

di Marco Dotti

Bar, tabaccherie, lavanderie a gettoni, panetterie, parafarmacie, erboristerie, sale d’attesa, autogrill e persino gli stabilimenti balneari. Ecco la terra di nessuno dell’azzardo di massa.

Il nodo irresponsabile

Qui, non altrove, è cresciuto il delirio tutto italiano del machine gambling, il gioco d’azzardo tramite “macchinette”. Qui è possibile "giocare", senza troppi controlli e senza troppe barriere, abbassando lo sguardo e perdendo la cognizione del tempo, del mondo, dell'altro e di sé. Chi parla di "gioco responsabile" dovrebbe forse interrogarsi – e interrogarsi a fondo – sulla responsabilità di chi quel gioco lo offre e, probabilmente, aiuterebbe a far compiere un bel salto in avanti alla riflessione. Per inciso,

uno studio statunitense del 2008 ricorda che se tutti i giocatori di slot applicassero con scrupolo i dettami del "gioco responsabile" il loro numero si ridurrebbe del 96%. Cosa che, ovviamente, l'industria di settore non vuole in alcun modo. Quindi, delle due l'una: o stiamo scherzando quando parliamo di gioco responsabile o non ce ne accorgiamo e allora siamo semplicemente ridicoli.

Chi, invece, anche tra gli operatori quella responsabilità vuole iniziare a prendersela davvero, si faccia avanti e proponga un piano concreto di "contingentamento" o di estensione di limiti di accesso. Basta farlo, non servono convegni o proclami. E forse cominceremo a distingure i buoni propositi dalle pessime pratiche e le buone pratiche dalle cattive intezioni.

La responsabilità dei luoghi

Davanti all'irresponsabile miopia dello Stato e di un settore che, molto tardi, si sta accorgendo che "così non si può continuare", Comuni e Regioni hanno giustamente fatto da sé e stabilito distanze dai luoghi sensibili, oltre che limiti di orario e di esercizio. E questo è un punto da cui non si può né si dovrà mai prescindere: l'autonomia dei territori. Ora, dall'autonomia bisogna passare non alla sindacale "concertazione" o alla ridicola "armonizzazione", bensì al rigido controllo e all'estenzione di barriere.

Perché da questo punto fisso e da questa autonomia si diramano altre questioni. Questioni "generative", che hanno portato oltre la stagnazione imposta da molti, oramai esautorati decisori centrali.

Infatti, ciò che avviene dentro i locali di gioco e le forme di accesso a quei locali continua a fare problema. E come tale urge trovare una soluzione: tutti possono accedere e tutti possono essere "indotti in tentazione", come diceva il buon, vecchio settimo Comandamento. E questo, piaccia o no, è una parte rilevantissima del problema. Lo è ancor di più a fronte di una "domanda" che non smette di crescere.

Se le previsioni si confermeranno corrette, avremo quest'anno una raccolta di gioco tra gli 87 e gli 89 miliardi di euro. Metà di questo "volume di gioco" è generato da macchinette, la gran parte delle quali installate in luoghi pubblici "non dedicati", come li chiama la legge.

Contenere l'offerta, estendere le barriere

Su questo lato del problema ci si è soffermati a lungo nel dibattito pubblico. Progetti su progetti, numeri su numeri, ma il consumo, alla faccia dei protocolli e a dispetto dei progetti, sembra non decrescere.

Poiché il consumo di azzardo non sembra decrescere tentando interventi più o meno concreti sul lato della domanda, pur non limitando questi interventi bisogna comiciare a agire più energicamente su quello dell'offerta.

Per definire ciò di cui parliamo, negli Stati Uniti hanno coniato un termine: convenience gambling. Potremmo tradurrlo pressappoco così: azzardo di prossimità. E la prossimità ci porta proprio a interrogarci proprio sulla questione dell'offerta. Il lupo di morde la coda, ma lupo rimane.

Limitare l'offerta di giochi, ridurre le macchine presenti sul terrorio, stabilire per tutti quei divieti di accesso ai locali che, a oggi, sono stabiliti solo per le "sale dedicate", imporre agli imprenditori una licenza ad hoc o una responsabilità maggiorata ("vuoi aprire una sala gioco?", non puoi comprarti una lavanderia, lasciare l'insegna e riempirla di slot!): che sia questa una via praticabile?

Sensibile non è infatti solo quel luogo dal quale il locale di gioco deve o dovrebbe distanziarsi. Sensibile, per altre ragioni non meno cruciali, è il locale di gioco in sé. Ecco perchè dovrebbero essere trovata non una mediazione, ma una vera estensione a tutti i locali di gioco dei divieti già presenti in quelli che la legge definisce "dedicati". Vediamo di che cosa si tratta.

Verso la tutela rafforzata

In Italia esistono due tipologie di "locali" da gioco. E questo inizia a differenziare non tanto l'offerta in sé, quanto la soglia di impatto di questa offerta su territori e persone. Un punto critico e di snervamento importante, tanto più che una lettura evolutiva della Legge di Stabilità 2016 potrebbe condurre a una interpretazione determinante in tal senso: bisogna intervenire sui luoghi e contrarre l'offerta.

Contrarla radicalmente. Non "legando" le mani ai comuni. Piuttosto bonificando i territori dalle offerte di prossimità e generaliste e – magari a partire da qualche regolamento pilota o da un intervento diretto dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli – imponendo a tutti i locali che vendono prodotti di gioco pubblico una "tutela rafforzata" e un innalzamento di soglie nell'accesso, oltre che stabilendo regole interne semplici ma efficaci per il controllo e la prevenzione degli effetti distorsivi, non solo dell'azzardo, ma di fenomeni connessi, come il "troppo facile" accesso al credito (pos, etc.) in certi locali, forme di strana contiguità tra locali con slot, compro oro o attività – chiamiamole così – di "banco pegni"…

Che cosa accadrebbe se il divieto di accesso ai minori di 18 anni venisse esteso a tutti i locali che intendano "offrire gioco", con soglie ancora più alte per il machine gambling, così come avviene negli USA, Paese dove la libertà è dogma? Nelle sale slot dei casinò americani vige infatti una tutela rafforzata per i minori di 21 anni che non possono nemmeno sostare, pena segnalazione alla pubblica autorità che può comportare anche la decadenza della potestà genitoriale. In Italia, questo non avviene nei locali generalisti.

Quante volte abbiamo visto minori accompagnare madri, padri, nonne giocatrici e starsene sofferenti e tristi davanti a una slot, in un bar? E negli altri? Se stiamo alle regole – che non sempre vengono fatte rispettare, soprattutto nelle sale gioco, ma questo è un altro problema e attiene l'effettività sanzionatoria del sistema – vige il divieto di ingresso ai minori di 18 anni e la sala deve essere presidiata da un guardiano, preposto al controllo dell'identità.

In Italia, il machine gambling ha trovato un terreno di coltura senza eguali. Per aprire una sala giochi informale installando macchinette a go go, mantenendo bassa la soglia di accesso (nessuna separazione, nessun controllo se non qualche foglio appiccicato alla carlona su una parete), oggi si può acquisire la licenza di un negozio in crisi e, pur mantenendo la denominazione e la destinazione commerciale, installare "congegni e apparecchi atti al gioco lecito", come eufemisticamente li chiama il Testo Unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS), emendato ad hoc nel 2003. Tutto facile. Troppo facile.

A oggi, il numero degli "apparecchi" presenti sul territorio italiano ammonta a 374.862, la maggior parte dei quali istallati proprio nei luoghi di prossimità.

Per capire a fondo il peso specifico e il conseguente impatto di queste 374.862 macchinette sul tessuto sociale, micro e e macro economico, oltre che sul capitale sociale nel suo complesso, bisogna tener conto di un fattore non solo quantitativo, ma qualitativo: la proliferazione incontrollata del machine gambling nei luoghi di prossimità.

Ma che cos'è un luogo di prossimità? Ecco una domanda cruciale. Semplificando, diremo che un luogo è uno spazio vissuto. Un luogo di prossimità è uno spazio vissuto con fiducia. Uno spazio dove si presuppone di non incontrare pericoli e al quale ci si affida senza troppe difese. Un luogo di prossimità non è, dunque, solo un luogo fisicamente vicino, ma un luogo di vicinanza affettiva, di relazione e di scambio. Corrompere un luogo di prossimità, equivale a intaccare alla radice i presupposti del legame sociale.

I luoghi di prossimità sono tali solo se oppongono resistenza alla deriva dell'automazione e dell'impersonale. Il bar, nonostante crisi e mutazioni genetiche di settore, sembra incarnare ancora il tipo ideale (molto ideale, in verità) di questa "vicinanza". Un luogo dove si vendono caffè, bibite, prodotti di cartoleria è ancora un luogo di prossimità, in senso forte, se al suo interno, senza barriere di accesso e senza soglia alcuna sono presenti macchine da gioco? Direi proprio di no. La licenza, qui, vale quasi come un alibi.

Intervenire con un processo che porti all'espulsione graduale delle macchine e di ogni offerta di gioco da questi luoghi di prossimità è diventata un'opzione prioritaria. Per tanti è anche una necessità. Speriamo diventi presto l'urgenza di tutti. E forse, dopo tanti anni a passo di gambero, avremo fatto un bel passo avanti.

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