Sostenibilità sociale e ambientale

Napoli, il traffico zero non basta

L’allarme smog non rientra. L’emergenza Pm10 è ormai cronica. Un nuovo blocco auto attivo fino al 6 febbraio. Dice Anna Savarese, vicepresidente di Legambiente Campania: «Temo che i dati a nostra disposizione siano tutti arrotondati per difetto»

di Anna Spena

A Napoli non piove da due settimane e oggi ci sono 15 gradi. Che sia la città del sole è un fatto noto. Ma il sole, a volte non aiuta a “ripulire l’aria”. Così in città è ancora emergenza Pm10: nel solo mese di gennaio si sono verificati 14 sforamenti che complessivamente valgono il 40% dei superamenti consentiti dalla legge del limite dei 35 giorni di sforamento del valore giornaliero di 50 milligrammi per metro cubo di Pm10 consentiti in un anno. L’amministrazione comunale ha annunciato il blocco totale delle auto: partito ieri primo febbraio, resterà in vigore fino a sabato sei. Il divieto di circolazione va dalle 9.30 alle 12.30 del mattino e poi riparte alle 14.30 del pomeriggio fino alle 19.30. Le autovetture a basso impatto ambientale continueranno a circolare. «Ma non basta», dice Anna Savarese vicepresidente di Legambiente Campania. «Questi sono sempre provvedimenti di tipo estemporaneo che si assumono dopo lo sforamento dei limiti massimi consentiti dalla legge». C’è sempre difficoltà a stabilire se effettivamente le vetture circolino o meno. «Con queste misure “tampone” le istituzioni si mettano a riparo da eventuali omissioni d’atto d’ufficio. È fondamentale iniziare a pensare ad un discorso pianificato».

La vicepresidente di Legambiente invita a riflettere su due azioni necessarie per ovviare al problema. «Aumentare la mobilità sul trasporto pubblico. Sia in termini di corse che in termine di mezzi. Provare a favorirla anche garantendo un numero di corse gratuite per i cittadini. Ma incrementarla soprattutto nelle aree più periferiche, appena fuori il centro storico, per non creare disagi». Del secondo passaggio devono diventare promotori i cittadini stessi. «Ci vuole più sensibilizzazione e autocoscienza», spiega Anna Savarese. «Abbassare almeno di due gradi i riscaldamenti domestici, o nel caso non accenderli per niente se non sono necessari. Questo è un inverno caldo». L’aspetto più preoccupante di tutta la questione, però, rimane la chiarezza sui dati. «Sono veramente attendibili?», si chiede la vicepresidente. «Su tutto il territorio sono solo sei centraline Arpac. È necessaria una mappatura più diffusa e una lettura dei risultati costante. Temo che i dati già molto preoccupanti che abbiamo a diposizione oggi, siano arrotondati – di non poco – per difetto».

Foto GettyImages/ Alberto Pizzoli


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