Politica & Istituzioni

Bocciare per il voto in condotta? Significa creare i delinquenti di domani

Milena Santerini nei giorni scorsi ha lanciato l'idea di eliminare la possibilità di bocciare per il solo voto in condotta. La proposta ha suscitato molte polemiche. Qui ne spiega le ragioni: educare i ragazzi senza scaricare il problema su una nuova classe e arginare la dispersione scolastica legata a queste bocciature

di Sara De Carli

L’hanno attaccata chiamandola “Monti's girl” («ma per favore, ho 63 anni») e bollando la sua proposta come «tossica». L’idea di Milena Santerini – ordinario di Pedagogia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e Direttrice del Master “Competenze interculturali. Formazione per l’inclusione sociale”, deputato alla Camera nel gruppo Per l’Italia-Centro Democratico – ha suscitato immediatamente un mare di interesse e un vespaio di polemiche. L’idea è quella di eliminare la possibilità di bocciare un alunno per il solo voto negativo in condotta.

Ha depositato davvero questa proposta di legge?
Non ancora, ma non perché abbia cambiato idea. Intanto perché è un discorso che in parte si collega alla discussione in atto sulla valutazione, all’interno della delega legata alla Buona Scuola. E poi perché quello che ho in mente non è solo un intervento tecnico sulla valutazione ma un ripensamento complessivo dell’educazione civica, che oggi si chiama alla cittadinanza. Ci sto ancora lavorando, ho diverse idee.

Perché questa proposta?
È una proposta legata a due aspetti fondamentali della scuola di oggi, da affrontare. Il primo è la dispersione scolastica, che come tutti sappiamo in Italia è a livelli inaccettabili. È un fatto che dei 12mila alunni che in Italia negli anni 2011/2012, dalla prima alla quinta superiore, sono stati bocciati per motivi di condotta, la metà è stata fermata al termine del primo anno. Questo è un anno particolarmente delicato per gli abbandoni, molti di quei ragazzi bocciati sicuramente hanno lasciato la scuola. La realtà dei fatti quindi qual è? Che invece di educarlo, la scuola espelle il ragazzino difficile, bullo, ribelle, complicato o come vogliamo chiamarlo.

La seconda ragione?
È collegata alla valutazione. Bocciare un alunno che va bene nelle altre materie per il suo comportamento è incongruente. A un problema di comportamento si risponde con sanzioni anche gravi a livello di comportamento, non di studio, come ad esempio un anno di volontariato o ridipingere tutta la scuola… E comunque le sembra utile, se un ragazzino si comporta male, scaricare il problema su un altro gruppo classe? Con la bocciatura si fa questo. Eludo il problema invece di impegnarmi a rieducare quel ragazzo.

Siamo reduci dalla terribile vicenda del tentato suicidio della ragazzina 12enne di Pordenone: togliere il voto in condotta non è un segnale opposto alla necessità di condannare senza mezzi termini i comportamenti di bullismo dei ragazzi?
Il bullo, a maggior ragione, va affrontato con misure riparative ed educative, non con la bocciatura che di per sé non ottiene nulla. C’è bisogno di mettere a confronto il bullo con la vittima ma anche di prendersi cura dei suoi problemi, perché un ragazzo sereno non ha bisogno di maltrattare gli altri. Se dinanzi a un 12enne con enormi problemi ci limitiamo a “sanzionare il criminale”, ci limitiamo – per dirla con il linguaggio di chi ha più criticato la mia proposta – solo a creare il delinquente di domani, rimandiamo il problema. E allo stesso tempo non abbiamo aiutato la vittima, che ha bisogno di una riparazione non della punizione.

Foto PEDRO ARMESTRE/AFP/Getty Images


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